CAPITOLO 13 - LA PRIMA VOLTA

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[trigger warning: leggete il titolo e intendetene tutti... però, non immaginate nulla di troppo sconvolgente! È pur sempre una storia senza rating]


Aspettai a lungo che la villa scivolasse nel silenzio, ma fu inutile: l'abitazione di Volumnio Eutrapelo pareva conservare una scintilla di vita anche a notte inoltrata. Avvertivo lo scalpiccio dei passi, le risate soffocate a stento, il rumore di stoviglie, decine di frasi e qualche gemito. Persino i giardini non erano deserti come avevo ipotizzato e, per quanto mi sforzassi, non trovavo un luogo abbastanza sicuro.

"Dovremmo rimandare" in fondo, Sabino non immaginava niente. Non si era nemmeno chiesto dove fossi stato per tutto il giorno, né perché avessi saltato la cena. Magari, era già addormentato e l'avrei infastidito. "Sì, rimandiamo".

Codardo, la voce nella mia testa cominciò a ripetere quell'unica parola ancora e ancora, Hai programmato ogni cosa, eppure ti tiri indietro. Se non lo fai adesso, troverai sempre una scusa.

Iniziai a tremare. Ne avevo paura – terrore, oserei dire – e, più ci riflettevo, più mi venivano in mente risvolti negativi. Dal dolore, al rischio di essere scoperti, fino a un senso di umiliazione che non riuscivo a ignorare. Tenere fede al piano significava dare ragione ai miei ex-compagni di Cremona. Tuo fratello rifugge le donne: sembra proprio che non le apprezzi, la loro sentenza mi tormentava dalla sera in cui l'avevano pronunciata, Il maestro Ballista sostiene che t'immedesimi troppo nelle ragazze[1]. Ora, come mai, quelle parole apparivano profetiche e io stesso me lo chiedevo: "Dopo averlo fatto, mi sentirò meno... uomo?".

Scossi il capo. «Andrà bene» lo dissi a voce alta, sperando di convincermene, mentre rientravo nella villa. Percorsi il porticato, superai i giochi d'acqua, l'atrio e le biblioteche ed entrai in punta di piedi nel nostro cubiculum.

Quinto, sfinito dalla notte insonne, dormiva profondamente. E così gli altri. Qualcuno russava, qualcuno si muoveva di continuo, qualcuno masticava sillabe confuse. Riposava anche Sabino, avvolto nelle stesse coperte di Marco Catone. Si sfioravano appena, ma le loro anime sembravano talmente vicine che fui sul punto di andare via. Poi, presi un respiro e picchiettai sulla sua spalla.

Sabino sollevò piano le palpebre, soffocando uno sbadiglio. «V...»

«Seguimi» gli feci segno di alzarsi e, insieme, ci dirigemmo verso il peristylium.

"Chissà se ha capito" mi domandavo, senza guardarlo in faccia "Chissà se accetterà il compromesso che intendo proporgli". Camminavo in fretta, studiando le stanze e i colonnati con la diffidenza di un ladro, impaurito da ogni refolo di vento. Forse, avrei vagato in eterno, se Sabino non si fosse bloccato di colpo.

«Virgilio, fermati» ordinò, afferrandomi per un polso «Si può sapere dove stai andando?»

«Ecco io...» non ne avevo idea.

«Per quanto apprezzi gli animi tormentati, tu sei...»

Incrociai i suoi occhi color nocciola e le parole mi scivolarono dalle labbra «Innamorato di te.»

«Cosa?»

«Almeno credo... però, ne vale la pena. Sono pronto.»

Sabino assunse un'aria confusa. Pensavo che non mi avrebbe neppure fatto terminare la frase e, invece, rimase immobile, lasciò il mio polso e arretrò di un passo.

«L'hai detto tu: non c'è Amore senza sesso» deglutii, nel vano tentativo di riacquistare un po' di saliva «Ebbene, che sia Amore, con tutti i risvolti che ne conseguono». Io cercavo il suo sguardo e lui rifuggiva il mio. Era irrequieto, ma non capivo cosa stessi sbagliando. «Vuoi... tornare a dormire?» mi sembrava impossibile, eppure avevo la netta sensazione che Sabino non desiderasse essere lì «Ti ho offeso in qualche modo?»

Acheronta MoveboDove le storie prendono vita. Scoprilo ora