CAPITOLO 1 - SANGUE DEL TUO SANGUE

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Gennaio, 710 AVC
Posillipo

*sei anni dopo la parte II*

Mi gettai sul letto e chiusi gli occhi. Nella mano destra stringevo la lettera di mia madre, nel petto erano racchiusi mille dubbi. "Sarà la scelta giusta?" continuavo a ripetermi, mentre i primi raggi dell'alba entravano dalla finestra.

«Dunque, hai deciso» la voce penetrante del maestro Sirone mi fece sobbalzare «Vedo che è tutto pronto.»

«Vorrei restare» sussurrai. «Posillipo... la tua scuola...» per oltre tre anni erano stati il rifugio che mai avrei immaginato di meritare «E Vario? Tucca? Tu?»

«Saremo qui, se tornerai.»

«Certo che tornerò» spostai lo sguardo sulla lettera «Piuttosto, pensi che sarò abbastanza forte per affrontare Roma? Non ce l'ho fatta neppure il giorno...» mi fermai. Il tempo passava, ma ancora non riuscivo a dirlo. "Il giorno del funerale del nonno" contrassi i muscoli e i miei occhi si riempirono di lacrime "Quante cose avrei voluto raccontargli! Quante ne avrei volute chiedere!". Invece, l'avevo salutato quel lontano mattino di fine estate, ignaro che sarebbe stato un addio. «Non sei costretto a dirmi che lo riabbraccerò nell'Oltretomba: so che non ci credi.»

Sirone si sedette accanto a me. «Posso accompagnarti per un tratto di strada» propose, asciugandomi una lacrima «Partire è la scelta giusta. L'hai promesso a tua madre, inoltre...»

«Se le accadesse qualcosa, non me lo perdonerei» completai io, riponendo la lettera nella bisaccia «Lo so.»

Indossai la laena, il mantello e comode scarpe da viaggio; riempii il marsupium di monete e, preparato il mulo, osservai la scuola. Poi il mare. E l'orizzonte sconfinato che mi rapiva il cuore ogni volta. «Posillipo è stato la mia salvezza» bisbigliai, stringendo le mani di Sirone «Tu sei stato la mia salvezza». Avevo perso il conto delle notti consumate a piangere tra le braccia del maestro. "Ho pianto per la guerra civile in cui è precipitata la Repubblica, per i miei fallimenti, per la vergogna che mi tiene distante da Andes, per la scomparsa del nonno e..." incrociai i suoi occhi, neri e luminosi come un cielo stellato «Mia madre non è vecchia, però... sostenere il peso dei suoi anni più quello di un nuovo bambino è una follia.»

«È il mistero della Vita» sorrise Sirone «Un figlio alla sua età può essere un prodigio. Un dono immenso.»

«O un azzardo per colmare un vuoto! Se il mio fratello più piccolo fosse ancora qui, niente di... questo sarebbe accaduto» mi accorsi di aver alzato la voce e cercai di riacquistare la calma «Scusa». Il maestro non aveva colpe per le scelte della mia famiglia, né per le angosce che mi tormentavano. Era lì per aiutarmi. Tuttavia, preferii viaggiare da solo.

"Desidero che il parto avvenga subito" pregai durante il tragitto "Che il bambino sia sano e io possa tornare a Posillipo in primavera". A essere sincero, la parte più gelida del mio animo sperava di non vedere affatto quel maledetto bambino. Era un gigantesco errore. E mi costringeva a rientrare nell'Urbe.

Quando raggiunsi la domus del nonno, mi fermai a studiarla. Fuggi! soffiò la mia coscienza, Tua madre starà bene. Tu sei inutile. Non potrai assisterla nel travaglio... «Taci» mi massaggiai le tempie e bussai con decisione.

«Publio Virgilio Marone, il figlio della domina» dichiarai al domestico che venne ad aprire.

«La padrona riposa nel peristylium» m'informò lui, aggiungendo che era in compagnia del dominus. Poi, chiamò un secondo servitore a occuparsi dei miei effetti e mi condusse dentro.

"Nuovi affreschi, nuove stoffe, nuovi mosaici..." più mi guardavo intorno, più stentavo a riconoscere la casa della mia giovinezza e, appena passammo accanto al tablinum, rallentai. «Eri sempre lì, seduto sulla scrivania a lavorare» sussurrai, come se il nonno potesse sentire.

Acheronta MoveboDove le storie prendono vita. Scoprilo ora