CAPITOLO 12 - LE EROINE NON ESISTONO

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«Stai componendo un'opera su quella maga greca!?» la voce furiosa del nonno risuonò fin nel corridoio.

«Sì» bisbigliai, distogliendo lo sguardo «Pensavo che, forse...»

«Cosa, Virgilio? Cosa!?»

«Avresti potuto leggerla.»

Incrociò le braccia e rimase immobile a osservarmi. Per alcuni istanti non sbatté neppure le palpebre, poi mi diede uno schiaffo così forte che rischiai di perdere l'equilibrio. «Sono stato troppo paziente, troppo comprensivo! E questo è il risultato» mi studiò ancora, scuotendo la testa «Me lo merito. È colpa mia.»

«Non è una storia di magia» tentai di giustificarmi «La discesa nell'Ade è soltanto una tappa del percorso, come per Ulisse.»

«Ulisse è un eroe dei nostri miti.»

«Lo è anche Manto. Lei ha...»

«No!» m'interruppe bruscamente «Sono stanco delle tue alzate di capo e ti avevo già detto di non scrivere quella vicenda. Le eroine non esistono, Virgilio.»

«Certo che esistono.»

«Allora vanno consegnate all'Oblio. Nessuno desidera ascoltare le avventure di una donna. La nostra società ha dei ruoli ben precisi che tu continui a voler sovvertire.»

«Ho solo scritto una storia!» non capivo il senso della rabbia del nonno «Che male può fare?»

«Le storie rendono grandi i popoli tanto quanto la spada. Talvolta li forgiano.»

«Se lo credi davvero...» proseguii, deciso, per una volta, a mantenere il punto «...Se ogni storia ha questo potere, non vorresti che i nostri concittadini ne ascoltassero una in cui una donna è uguale a un uomo?»

«No.»

«Per te, la mamma vale meno di un figlio maschio?»

Il nonno sgranò gli occhi e mi tirò un altro schiaffo, ancora più violento. Dopo mi spinse di lato, chiamò a sé due domestici e si diresse con loro verso la mia stanza.

Io impiegai un momento prima di tornare vigile. «Cosa intendi fare?» lo rincorsi.

«Il tuo Bene» entrò nella camera e si mise a frugare tra i papiri, le pergamene e le tavolette d'argilla.

«Non toccare!»

«Sequestrate tutto» ordinò lui ai servi «Non voglio più vedere un singolo verso su questa maledetta donna». Poi si rivolse a me: «Sei sotto il mio tetto e soggetto alle mie regole. Devi fare ciò che scelgo, altrimenti non sei il benvenuto.»

«Mi stai invitando ad andare via?» lo provocai.

Il nonno corrugò la fronte sorpreso. In cinque anni, non avevamo mai discusso.

«È così?» cercavo di sostenere il suo sguardo e di apparire deciso, ma avevo lo stomaco stretto in una morsa «Io posso stare qui soltanto se divento il figlio ideale che non hai avuto?»

Non rispose.

Intanto, i domestici radunavano in pochi istanti mesi e mesi del mio lavoro.

«Devo per forza cambiare, perché tu mi voglia bene?»

«Sì.»

La morsa si strinse ancora di più e sentii il cuore andare in mille pezzi. «Bene» ansimai col filo di voce che mi restava «Allora non ho motivo di restare». Afferrai il borsello da viaggio e mi precipitai fuori di casa. Non saprei dire se il nonno provò a trattenermi: nella mia mente risuonava unicamente il suo sì.

Acheronta MoveboDove le storie prendono vita. Scoprilo ora