Scrivi, Publio, scrivi.
Il tempo era poco, la fantasia inaridita. E più volte mi ritrovai in piena notte a fissare tavolette vuote, incapace di afferrare le parole giuste. Il bagliore tremolante della lucerna disegnava ombre sinistre sui muri, una brezza tiepida soffiava lungo la mia schiena.
Scrivi.
Quel pensiero non riusciva, tuttavia, ad allontanarmi dagli stregoni né a darmi Pace. Da ragazzino mi piaceva, amavo creare storie da abitare; adesso, era l'ennesima preoccupazione di cui farmi carico.
Scrivi.
Cercai appiglio nella nostalgia per Andes, nel fanciullo, nelle sibille, conscio di non potermi tirare indietro: ci servivano soldi e Volumnia aveva già annunciato il suo ritorno in scena.
Appena conclusi l'ultimo verso, ebbi l'impressione di star sognando. «Ho... finito?» balbettai incredulo «Il nostro spettacolo... è qui?». Lo stringevo tra le mani. Dovevo solo pregare che il pubblico apprezzasse.
Intanto, la manciata di giorni che ci separava dall'esibizione scorreva come granelli di sabbia.
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Svoltai l'angolo e giunsi alla bottega di Palaimon. Tanti anni fa, quando speravo di difendere gli innocenti, lui voleva sentire la mia voce. Domani sarò nel Foro, aveva dichiarato poco prima dell'udienza, Domani ti ascolterò e dimostrerai che un apprendista laborioso può essere anche un ottimo avvocato.
"All'epoca sono rimasto zitto, ma ora è diverso" serrai la mascella, tentando di frenare l'emozione "Volumnia parlerà al posto mio". L'avrei invitato allo spettacolo con la scusa di conoscere l'attrice. "Magari lo vedrò ridere, commuoversi e applaudire. Magari, gli confesserò di aver scritto io quei versi. Magari... corri troppo, Publio. Comincia a invitarlo".
Presi fiato e varcai la soglia. Tuttavia, all'interno trovai un luogo molto diverso dalla bottega che ricordavo. Sporco, trasandato, tanto cupo da apparire deserto. "L'hanno razziato durante le Idi?" avanzai adagio, col fiato sospeso "Palaimon starà bene?" «C'è nessuno? Sono Virg...»
«Non riceviamo clienti» m'interruppe una voce mai udita. Poi, si palesò un uomo tarchiato con grandi casse tra le braccia. «Mi spiace, abbiamo chiuso. Torna terminati i Ludi.»
«Non sono qui per comprare. Io... ecco...» strinsi forte la tavoletta «Dovrei consegnare un invito a Palaimon.»
«Il veterinario?» lo sconosciuto posò le casse e si pulì le mani nella tunica «Se n'è andato due anni fa. Aveva perso parecchi clienti con la guerra civile e il lavoro era diventato un peso.»
"Sta scherzando?!".
«Ragazzo? Tutto bene?» s'informò l'uomo «Pare che tu abbia visto un fantasma.»
Per un istante non seppi reagire; dopo, senza neppure salutare, uscii dalla bottega.
Lo sconosciuto disse qualcosa che non ascoltai, troppo impegnato a fissare con rabbia l'invito. "È ingiusto, ingiusto, ingiusto" continuavo a ripetermi. Il tempo fuggiva veloce, mentre i miei piedi si muovevano lenti, verso strade che conoscevo a memoria. Passai oltre la casa della mamma, superai l'accademia di Epidio – sopravvissuta ai cambiamenti della Repubblica – e adocchiai la domus della famiglia di Ottavio.
"Ottaviano" mi corressi "L'erede di Cesare. Il suo figlio adottivo. Un giovane con un enorme peso sulle spalle. Però..." rallentai "Se invitassi lui? Da bambino mi voleva bene. Amava le storie che gli narravo". Guardai la tavoletta e feci per bussare. Poi avvertii un brivido.
Hai visto che ne è stato della bottega? sospirò una voce dentro di me, Sei un illuso, se speri di trovare il bambino innamorato dei tuoi racconti. Bada al Presente, Publio: hai dei maestri che ti aspettano a Vicus Tuscus.
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Acheronta Movebo
Historical Fiction"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consumato la vita per cercare parole con cui glorificare Roma. Però, mentre varco la soglia dell'Ade, non è all'Eneide che penso. Sono altre le dom...