Ero sospeso a metà tra sonno e veglia, quando avvertii un respiro sul collo. Subito dopo, un tocco leggero mi accarezzò la schiena.
«Da' la colpa agl'Incubi.»
«S... Sabino?»
«Parla piano: gli altri dormono.»
Fu allora che ripresi piena coscienza. Eravamo nella scuola di Sirone, coi nostri compagni sdraiati ciascuno nel proprio giaciglio, mentre la luce delle stelle penetrava dall'unica finestra.
«Gli Dei rifiutano di concedermi il riposo» sussurrò Sabino, intrufolandosi sotto le mie coperte «La quarta notte in poche settimane! Devono essere incredibilmente ostili...» ricominciò ad accarezzarmi «...O incredibilmente benevoli.»
«Non...» le parole vennero cancellate dalle sue labbra e io non opposi resistenza. Dovevo provare ad accontentarlo. Lui aveva bisogni diversi dai miei, come il nonno aveva un modo diverso per esprimere i sentimenti, e, in fondo, a me piaceva che Sabino fosse lì. Nonostante le insicurezze, nel suo abbraccio ero... completo. "Hanno ragione: la persona amata trattiene parte della nostra anima" non osavo dirglielo, ma lo baciai con passione nella speranza che lui capisse "Soltanto quando siamo insieme, ogni cosa è al posto giusto".
Entrambi non indossavamo il subligaculum e bastava sollevare la tunica per accedere l'uno al corpo dell'altro. In breve, i nostri respiri divennero più corti e irregolari.
«Facciamolo adesso» ansimò Sabino, voltandomi all'improvviso «Sento che lo vuoi.»
«E i nostri compagni?»
«Navigano nel secondo sonno.»
«Potremmo svegliarli... o sbagliare qualcosa... o farci male...»
«Tutte scuse» mi fermò lui deluso «Non ti fidi di me.»
«Cosa non si fida?» il mugolio provenne dal letto accanto al nostro e, subito dopo, ci trovammo gli occhi di Marco Catone puntati addosso. «È estate» sibilò gelido «Andate fuori.»
Avvertii il mio cuore mancare un battito. «Intervieni» bisbigliai all'orecchio di Sabino «Digli che ha frainteso.»
Lui, però, fece spallucce. «Non temere, Marco: stavamo per dormire. Scusa se ti abbiamo svegliato». Prima che io o Catone potessimo ribattere, sgusciò fuori dalle coperte e raggiunse il suo giaciglio; poi, si avvolse nella lana dandoci le spalle.
«Hai mal interpretato...» balbettai «Sabino era... noi...»
«Non ho chiesto spiegazioni, mantovano» l'espressione altera trasudava tutto il suo disprezzo. Di basso rango, goffo, lento di parola e per nulla virile; ecco come mi considerava, ed era così evidente da mortificarmi.
Rimasi fermo a immaginare i peggiori risvolti per quella situazione, ma, al mattino, non notai il benché minimo cambiamento nei miei compagni.
«Torneremo tra sette giorni» dichiarò Marco Catone, assumendo l'abituale ruolo di capogruppo «Sirone ci permette di lasciare gli effetti personali nella scuola e Volumnio Eutrapelo verrà incontro a qualsiasi nostra esigenza.»
Mentre lui dava indicazioni, io mi avvicinai a Sabino. «Ci ha visti!» mormorai sottovoce.
«Non stavamo facendo niente.»
«Però, ora sa...»
«Lo sa da sempre» dichiarò, con una naturalezza che mi sorprese. Io non avevo detto nulla a Cornelio – evitavo persino di nominare Sabino – e non sapevo come considerare quella scelta.
"In che termini avrà parlato di me?" mi chiesi durante l'intero tragitto "Sono importante, o uno svago passeggero?". Ero talmente assorto, da non badare agli arredi che impreziosivano la dimora di Volumnio Eutrapelo. Passai per corridoi e porticati senza accorgermi di ciò che avevo attorno e soltanto il vociare proveniente dai giardini mi riportò al presente.
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Acheronta Movebo
Historical Fiction"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consumato la vita per cercare parole con cui glorificare Roma. Però, mentre varco la soglia dell'Ade, non è all'Eneide che penso. Sono altre le dom...