CAPITOLO 13 - INDELEBILE COME IL SANGUE

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Vagai per l'Urbe come un mendicante. Ero solo, infreddolito, esausto, ma i pericoli della notte non mi turbavano: temevo molto più la luce, dove i miei errori sarebbero stati palesi.

In ogni respiro della città addormentata udivo le ultime parole del fanciullo, rintracciavo i suoi occhi smarriti dentro gli sguardi vacui di accattoni e prostitute e ne scorgevo l'ombra tra i riflessi argentei del Tevere.

"Può davvero finire così?" singhiozzavo, scosso da tremiti "Con lui che si pianta un vetro nel braccio e io che smetto di vederlo?".

Non mi davo pace.

Per tre volte raggiunsi la porta di casa. Per altrettante non osai entrare. Rifugiarmi da Volumnia e Cornelio sarebbe stato troppo semplice e troppo vile. C'era, invece, una persona che avevo bisogno d'incontrare. "Ne va della sicurezza di tutti" conclusi, puntando verso la domus di Catone. Una dimora elegante, austera e priva di orpelli, identica al suo proprietario.

"Deve sapere ciò che ho visto durante il mio spettacolo. Deve capire che la magia numitates non è la Soluzione".

Bussai forte, con entrambe le mani nonostante l'ora tarda, finché un domestico non venne ad aprire e, forse mosso a compassione dal mio aspetto, forse intimorito di trovare uno sconosciuto alla porta proprio nella notte dei fantasmi, chiamò il padrone di casa.

«Ero appena scivolato nel secondo sonno, quando ho saputo che un folle chiedeva di me» Marco incrociò le braccia e si fermò sulla soglia «Salve, Virgilio. Hai smarrito il senno, per venire qui in piena notte?»

"Probabile". «Posso parlarti?»

Marco sbatté le palpebre. «È singolare: tutte le volte che mi cerchi, il mondo dei morti si affaccia su quello dei vivi. Tanti anni fa, alla necropoli, sostenevi addirittura che ci fosse un lemure insanguinato pronto a maledirci, mentre in Grecia...» deglutì a vuoto. Aveva le labbra livide e il viso segnato da spettri che governava a fatica. Non voleva rischiare di destarli, specialmente a Mundus Cereris. «Non discuterò della guerra civile o di ciò che ci hai convinto a fare laggiù» sibilò glaciale «Eravamo sciocchi, giovani e disperati. E se sei venuto per rivangare il Passato...»*

«No, Marco.»

«Allora, perché? Prevedi di trascinarmi in un altro rituale necromantico? Non siamo più degli studenti a caccia di emozioni intense.»

«Nessuna magia» mi portai una mano sul cuore «Io desidero...»

«Tu non sai cosa desideri. Non sai neppure chi sei» provai a entrare e lui si parò davanti all'ingresso «Vattene!»

«Tuo cugino Bruto» bisbigliai «Lui e i congiurati hanno ucciso Cesare con l'aiuto dei demoni? A Vicus Tuscus, visitavate stregoni in grado di guidarvi?»

Gli occhi di Marco divennero due fessure cariche d'odio. «Mi hai incrociato una volta, per caso, in quella maledetta strada, e ti permetti di avanzare calunnie simili?! I sortilegi dei tuoi... amici di Vicus Tuscus non c'entrano nulla con le azioni della mia famiglia.»

«Aspetta!» bloccai la porta «Durante l'esibizione di Volumnia, nei Ludi Apollinari, ho... ecco io... ho riconosciuto Bruto tra la folla. So che ha assistito allo spettacolo.»

«Complimenti per lo spirito di osservazione.»

«Emanava un'aura strana» continuai in un rantolo, omettendo che, appena l'avevo guardato in faccia, ero caduto dentro un lago ghiacciato colmo di corpi. Una visione orribile, che da allora mi perseguitava. «Al termine dello spettacolo si è ferito un palmo. L'ha fatto apposta, ne sono sicuro. Ha disegnato col sangue delle specie di croci...»

Acheronta MoveboDove le storie prendono vita. Scoprilo ora