PILOT

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Non avrei mai pensato di tornare nelle Outer Banks.

Soprattutto non insieme a mio fratello maggiore lasciando a Brooklyn entrambi i nostri genitori. La nostra non era mai stata la famiglia perfetta, ma mai mi sarei aspetatta di arrivare a tanto. E con tanto intendo mamma e papà che non facevano altro che litigare perché erano infelici, perché Brooklyn era stato un buco nell'acqua, perché niente era andato come avevano programmato e non prestavano attenzione né a me, né a mio fratello.

Lui però era più grande, col tempo si era abituato, aveva imparato come fare anche senza di loro. Era abbastanza maturo e con la testa sulle spalle da riuscire a capire come muoversi durante i momenti di crisi dei miei e a come finire la scuola senza intoppi.

Mamma era diventata un'alcolista senza ritegno e criterio da quando aveva scoperto che papà l'aveva tradita. Eravamo andati a Brooklyn con tanti sogni e con l'ambizione di una vita migliore per tutti, e invece mio padre si era trovato un'amante e mamma spendeva tutto in gioco d'azzardo e alcolici.

All'inizio non sembrava tanto grave, poi i miei genitori cominciarono ad essere messi sempre peggio. Non prestavano minimamente attenzione a cosa facessi e come, motivo per cui diventai una stronzetta snob che non faceva altro che fumare erba ed andare alle feste con le compagnie sbagliate.

Non tenere minimamente d'occhio un'adolescente in una città come Brooklyn era davvero, davvero un grosso sbaglio.

La goccia che fece traboccare il vaso? Brutale, ma semplice: ero stata stuprata. Da tre ragazzi diversi. Nella stessa notte.

Dovevano avermi messo qualcosa nel bicchiere, perché ero completamente inerme sotto di loro, eppure mi ricordavo ogni singolo fottuto momento. Il guaio? Non avevo idea di chi fossero. Giocatori della squadra di football, questo di sicuro perché ricordavo le loro giacche, ma la squadra era grande ed io essendo capo cheerleader ero abbastanza ambita come ragazza. Non vedevano l'ora di mettermi le mani addosso.

Mi avevano trattata come un pezzo di carne, abusata mentre piangevo e lasciata lì. La prima cosa che feci quando recuperai le facoltà mentali, fu chiamare mio fratello in lacrime. Andò fuori di testa. Urlò così tanto con i nostri genitori che entrambi scoppiarono a piangere. Si rese conto che l'ambiente in cui vivevamo era diventato troppo tossico, quindi una notte, dopo tanti mesi di terapia e sotto consiglio della mia stessa psicologa, ce ne andammo senza dire niente.

Nelle Outer Banks avevamo la casa che ci aveva lasciato nostra nonna paterna. Era intestata a mio fratello e c'era un ordine restrittivo nei confronti dei miei genitori, quindi loro non potevano avanzare alcuna pretesa su di me. Mio fratello aveva 27 anni e prima di trasferici di nuovo, mentre facevo terapia, aveva fatto avanti e indietro nelle Obx per cercarsi un lavoro.

Noi non eravamo né Kooks né Pogues prima di andare via, in pratica eravamo troppo poveri per frequentare i Kooks, ma troppo ricchi per frequentare i Pogues, almeno secondo loro. Secondo me, e secondo i pochi amici che avevo, era una stronzata. Un'enorme stronzata. Ma erano passati tanti anni e non potevo certo pretendere che il tempo si fosse fermato.

Rivedere la costa, la spiaggia, non so dire se fu bellissimo o spaventoso. Da una parte mi sentivo sollevata, avevo un'occasione di ricominciare lontano dai miei genitori. Lì non ero nessuno, non ero la ragazza stuprata, non ero la cheerleader che se l'era meritato, non ero la troietta a cui sotto sotto era piaciuto, perché era questo che dicevano a scuola di me, ma appunto, non ero nessuno.

Non avevo idea di che fine avessero fatto i miei amici, probabilmente non potevo nemmeno più considerarli tali visto che non li vedevo o sentivo da anni. Non sapevo nemmeno se fossero ancora tutti lì.

Mentre stavo sistemando la mia nuova stanza, venni avvolta dai ricordi guardando fuori dalla finestra, quindi decisi di prendere coraggio ed andare a fare una passeggiata in spiaggia.

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