Che c'è da dire?
In situazioni come questa in precedenza
Mi ero sempre abituato al girarmi e fuggire
Lo faccio con stile
Come se avessi sempre avuto più paura di avere successo
E quindi in casi come questo quasi preferissi fallire
O meglio, morire
Al suo terzo anno di università, Manuel aveva realizzato tantissime cose: la prima tra tutte, che lo aveva sconvolto dopo aver smosso mari e monti per andarsene da Roma ed essere indipendente per una questione di orgoglio personale, era che si sentiva infelice nonostante gli piacessero i corsi e la facoltà, la rete di amicizie che era riuscito a crearsi in quegli anni, le esperienze che aveva vissuto, brutte o belle che fossero; voleva occuparsi di tutt'altro nella vita, non continuare con la filosofia e l'insegnamento, che comunque rimanevano un piano abbastanza decente, ma che voleva far emozionare la gente; l'amore non faceva per lui: dopo aver passato praticamente 4 anni dietro alla sua ex che dopo vari tira e molla lo aveva malamente scaricato, nonostante promesse e sacrifici, accuse ingiuste che si era attaccato sulla pelle come dei tatuaggi, aveva deciso di tagliare qualsiasi ponte con qualcuno che provasse nei suoi confronti un sentimento più impegnativo e dispendioso di un'amicizia. Era arrivato alla conclusione che non ci fosse nessuno per lui, che fosse lui il problema e che alla fin fine, bene da solo ci stava davvero, senza rendere conto a nessuno, senza preoccuparsi, senza opprimere e opprimersi, senza sensi di colpa.
Tutto era crollato durante una sera di metà ottobre: nella sua cerchia di amici si era unito un nuovo ragazzo del secondo anno di fisica, veniva anche lui da Roma ed era bello, bello e delicato come nessuno: i ricci scuri gli ricadevano poco sotto la nuca, sfiorandogli la linea tra collo e spalle, e un leggero strato di capelli si posava sulla fronte, delicato e morbido, poco sopra le sopracciglia. Aveva un orecchino, gli zigomi affilati ma non troppo, due occhi enormi e di un colore scuro che sconfinava tra nero e marrone, le labbra sottili e rosee. Manuel gli aveva fatto uno scanner vergognoso (e di questo fece mea culpa), facendo arrossire il ragazzo davanti a lui che, timoroso ma sempre sorridente, gli tendeva una mano. <Sono Simone, sono imbucato per stasera> provò a scherzare. <Manuel> borbottò, ricambiando la stretta e il sorriso. Chiacchierarono per un quantitativo di tempo indefinito, tanto che in men che non si dica erano le tre e tutti si dividevano per tornare ognuno a casa propria. Manuel decise di scambiare il suo numero con quello di Simone e il giorno dopo fecero colazione (colazione alle 14) in un bar in piazza. Parlarono ancora e ancora, per poi salutarsi e passare a sentirsi ad ogni ora e secondo del giorno, a vedersi appena fosse fattibile e confidarsi. Manuel sentiva accendersi quella sensazione dentro di sé, quel sentimento inconfondibile di attrazione misto ad ansia di piacere e capì che ci era cascato di nuovo con tutte le scarpe. Simone era dello stesso avviso. Si accorsero del mutare del loro rapporto quegli stessi amici che li avevano presentato ormai mesi prima, li spronarono e dopo altri mesi di conoscenza, decisero di buttarsi in una relazione. Manuel e la sua sindrome dell'impostore (cosa che si era autodiagnosticato senza alcuna base scientifica, ma che lo rassicurava in qualche modo) avevano iniziato a sabotare tutto fin da subito con comportamenti meschini e contraddittori, Simone invece aveva avuto le spalle larghe e aveva deciso di stargli accanto nonostante il suo carattere. E Manuel allora aveva vuotato
il sacco, acquietandosi e iniziando veramente a godersi delle sensazioni positive che provava Simone.E ho dubbi su vari aspetti
Di quelle cose che progetti
Io penso ad altro, non lo accetti
Sarò io ad avere dei limiti
Non andrebbe se fossimo simili
Tanto poi do ragione a te
E penso che
Rimasero degli screzi tra loro, quegli screzi che riguardavano il loro futuro prossimo: Simone aveva in testa un progetto enorme, laurearsi e trovare lavoro, magari cercare di ottenere una borsa di studio per fare il dottorato, mentre Manuel era una nave alla deriva, non sapeva dove andare e si sentiva senza una bussola. <Io non ci penso mai a sta roba, io un po' mi sto lasciando trasportare> aveva sbottato una sera mentre Simone cercava altri atenei dove potersi iscrivere una volta finito un pezzo del suo percorso. Tra loro era calato il silenzio, poi Simone aveva sbottato: <Manco ci provi ad uscire fuori dai tuoi schemi, vuoi sempre avere tu la ragione>. Manuel si era drizzato contro lo schienale del divano: <Oh ma ognuno avrà i suoi obiettivi no? Eh io ancora non li ho. Non mi va di pensare al futuro, mi angoscio, mi sento l'ansia, che ti devo dì?> aveva urlato. Simone aveva ribattuto con la solita solfa del "non ti impegni a cercare qualcosa, ti fa comodo stare così perché non hai responsabilità" e alla fine Manuel, per quieto vivere, aveva chiesto scusa e dato ragione, anche perché, in fondo in fondo, pensava davvero le stesse cose di Simone e credeva davvero di potersi alzare e prendere tutto in mano e mallearlo come gli pareva e piaceva. Mentre lo guardava dormire, si sentiva fortunato ad avere qualcuno di così simile ma opposto a lui, perché equilibrava non solo loro due quanto coppia, ma anche lui quanto individuo.Io penso cose che tu non t'aspetti
Perché ho ancora più sogni che cassetti
Ma se da gli occhi tu apri i rubinetti
Fanno contrasto con la pelle scura
E non so non aver cura di te
Manuel, fin da bambino, era stato un sognatore nato: ancora Anita gli raccontava quando alle elementari passasse le ore a disegnare fumetti, a cantare le canzoni dei cartoni che guardava a casa per pranzare, agli occhi puntati sui libri pomeriggi interi, ai pensieri strampalati che condivideva con tutti, alle canzoni che si inventava. Sognava ancora di poter cambiare il mondo con le parole, di mostrare alla gente quanto le parole scritte sui libri di Leopardi, Foscolo, Dante e persino di qualche autore greco e latino che gli aveva sempre dato filo da torcere, fossero ancora attuali e praticabili nel presente. Si perdeva a fantasticare su un futuro prossimo come scrittore, come giornalista, come editore, come insegnante, persino come sceneggiature. Ma la realtà dell'università, dove la sua carriera accademica era in stallo da tre mesi sullo stesso esame che non riusciva a passare, lo faceva tornare bruscamente alla realtà. Simone non conosceva questi suoi pensieri, e non li avrebbe mai conosciuti, pensava Manuel. Si teneva tutto dentro, continuava a chiudersi alla minima inconvenienza senza lasciare spazio a Simone che in silenzio, stringeva i denti e sopportava. Ma una sera era scoppiato in un pianto incontrollabile, in contrasto con le sue espressioni e parole sempre solari, che a Manuel si era stretto il cuore a tale punto che aveva ceduto e si era un po' confidato con lui (pur rimanendo in confini ben precisi) e da quel momento in poi, si era preso cura di lui, non trascurandolo e non facendogli mancare nulla.Non so più come spiegare che un po' mi fa paura
Quando mi siedi accanto e parli solamente in prospettiva futura
Ma quest'amore è dittatura
Sei la mia bella fregatura
Manuel era un sottone: lo aveva appurato quando Simone, quella sera, si era seduto accanto a lui sul divano mentre guardava una serie TV su Netflix dopo un'estenuante giornata passata a scrivere la tesi, con una finestra aperta su degli appartamenti in affitto a Milano: i costi, aveva notato da subito, erano molto più elevati di Bologna, l'università, da alcuni appartamenti, era raggiungibile con più mezzi, il costo della vita sembrava più caro. Simone poi aveva aperto due finestre: una su una magistrale in editoria e l'altra su una in fisica quantistica. Manuel aveva sentito il cuore saltargli in gola mentre Simone progettava, mattoncino dopo mattoncino, la loro vita per l'anno successivo. Ma osservandolo gesticolare, osservandolo sorridere a tutte le sue fantasticherie, si era limitato ad annuire ed attirarlo a sé in un lungo bacio per poi abbracciarlo. <Simò, me sa che m'hai fregato>.Mi guardi mentre piangi, sembra che tu voglia infierire
Che son tre anni, mi conosci, non ti voglio ferire
Sappiamo entrambi 'sti litigi come vanno a finire
Che inchiodo nel primo parcheggio e poi abbassiamo il sedile
Anche quella sera, avevano litigato. Pur stando insieme da tre anni e qualche mese, pur conoscendosi a menadito, pur tutto, erano riusciti a toccare i soliti nervi scoperti e a far ripartire le solite dinamiche e cantilene. <Manuel io mi voglio sistemare, ho trovato un lavoro, ci sarebbe anche una casa grande da comprare, perché continui a rimandare l'inevitabile? Cosa ti manca? Cosa ti frena?> aveva urlato Simone con il volto stravolto dalle lacrime che scendevano copiose. Manuel lo accarezzava cercando di asciugarle ed arrestarle, ma riusciva solo a scuotere la testa nel frattempo e ripetere le stesse cose: che non voleva un lavoro che non gli piacesse, che voleva essere felice, che aveva paura di prendere una casa insieme con i soldi di entrambi guadagnati con sudore ed impegno perché "metti che poi ci lasciamo, come si fa? Metti che poi ci odiamo, che fai?", ma Simone non lo ascoltava e piangeva. Entrambi si urlavano addosso le peggiori cose, sempre le stesse dinamiche finché uno dei due non mormorava a mezza voce un "ti amo" e si baciavano fino a strattonarsi nel luogo più appartato più vicino e togliersi i vestiti in tempi record.Vorrei che un po' di te capisse
Che un po' di me sarà per sempre triste
Che non c'è mia canzone in cui l'amore non finisce
Non so fare programmi nel presente, né per sempre
E a far coincider tutto non è facile per niente
Dopo aver fatto l'amore, Manuel aveva deciso di parlare in maniera pienamente sincera: <Simò io ti amo, dico davvero, ci tengo da morì a te, ma devi capire che ci sarà una parte di me che sarà sempre frenata, che avrà sempre paura dell'amore, che sempre penserà che un giorno tutto questo possa finire, nonostante mi faccia male e mi renda triste. Non riesco a pensare al domani, non riesco a fare piani, e mi dispiace perché so quanto tu adori i programmi. Ma ti prego, ti prego, cerca di capire che sto cercando da tre anni di fare il mio meglio per te che mi hai fregato, per bene, e voglio che tu sia felice. Sarà difficile far coincidere queste parti di noi così in contrasto, ma son sicuro, giuro, che troveremo un punto di incontro>. Simone lo aveva stretto a sé, per poi baciarlo: <Passo a passo son sicuro che andremo lontano>.
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Playlist/Simone e Manuel
FanficOne shots che si intrecciano con canzoni che urlano Simuel