Fiori d'orgoglio-Marco Mengoni ft Ernia.

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Vorrei non chiedermi mai che cosa resta
Non scivolare via in questo mal di testa
Ma come un filo rosso stretto al dito
Tira quando mi allontano
Così la mia ansia quando vivo bene
Perché ci siamo buttati così? Non l'ho mai chiesto
Sai da quanto tempo non ero così me stesso?
Simone aveva cambiato casa da ormai cinque mesi e Manuel da cinque mesi, continuava a ripercorrere i momenti salienti della loro amicizia, meglio dire, più genericamente: del loro rapporto. Dal primo momento in cui Simone si era presentato (nel bel mezzo della pandemia, nel bel mezzo della sala comune, con una mascherina, la mano protesa e una richiesta al tempo gentile: ti dà fastidio se ci stringiamo la mano?), alle serate dove facevano i giochi di società e lui gli capitava nella sedia di fronte e lo stuzzicava tutta la sera, ai festini distruttivi che si concludevano con discorsi filosofici in balcone, alla tensione, al prendersi e lasciarsi, al condividere la musica e tanto altro che Manuel riviveva in un loop infinito. Non capiva come mai i due non avessero mai parlato seriamente di tutto ciò, come mai non si fossero mai seduti a tavolino, faccia a faccia, per discutere di ciò che succedeva tra loro due da ormai due anni.
Tra le tue gambe, i miei pensieri
E le mie felpe e i tuoi Amiri
Le mie certezze, faccio un impero
Poi crolla tutto quando ti giri
Mi manca ma non te lo dico mai
Quando chiedevi tutto senza dare mai
Ed altre cento cosе che non capirai
Vorrei tornare indiеtro a quando me ne andai
Il loro rapporto prendeva pieghe inaspettate quando c'era di mezzo l'alcol: allora Simone diventava ancora più appiccicoso e affettuoso, faceva più battute, non lo mollava un secondo. E quella era la certezza di Manuel, così come il fatto che una volta sobrio, Simone avrebbe fatto finta di nulla ancora e ancora, facendogli di nuovo dubitare di tutto, dal loro rapporto fino alle verità più profonde e recondite di Manuel.
Mentre fissava lo schermo del suo cellulare, Manuel pensava ai loro amici in comune che lo aggiornavano sulla vita nuova del suo ormai ex coinquilino. La tentazione di scrivergli era forte, la tentazione di aggiornarlo e dirgli cosa sentiva. Ma il suo orgoglio era molto più forte. Quello mica pensa a te, si ripeteva. E con una faccia da cucciolo bastonato continuava imperterrito la sua vita, veloce e impegnato. Ma tutto crollava appena aveva un secondo libero: e allora la testa riavvolgeva il nastro, fermandolo a volte a metà, o alla fine, quando aveva visto Simone piangere nel portone della casa e voltarsi con suo fratello senza tornare più dentro casa, la loro casa.
Ti porterò fiori d'orgoglio
Quando ritornerò
Sopra di me cielo d'asfalto
E tutte le verità che mi porterò di te
Che non dirò mai, dirò mai, dirò mai
Che non dirò mai, dirò mai, dirò mai
Che non dirò mai, dirò mai, dirò mai
Per ogni ricordo un fiore d'orgoglio
Manuel ripercorse poi tutte le volte che avrebbe potuto dire qualcosa a Simone: la volta che era tornato prima dalla lezione, la volta che aveva paccato la palestra in mattinata ed era andato di pomeriggio, la volta che era rimasto solo a pranzo all'ultimo secondo perché Matteo si era dimenticato all'ultimo di avere un altro impegno. E si ricordò anche del perché poi a Simone non glielo avesse mai detto, tutto quello che sentiva: perché aveva paura di un rifiuto. E preferiva stare così, con quella bile velenosa in gola piuttosto che confessare tutto.
E se ne accorse anche in quel momento, alla festa della promozione al lavoro del suo ex coinquilino: poteva prenderlo un secondo da parte e pronunciare quelle tre parole, ma no: si limitava ad osservarlo ridere dall'altra parte del tavolo con tutti tranne che con lui, mentre parlava con tutti tranne che con lui. Pensava: "come fai ad andare avanti dopo tutto quello che abbiamo condiviso?" e poi si ricordò della promessa di quella notte, di lasciare tutto uguale e di condividere quel segreto (che lui conservò come un giuramento, grazie tante Taylor Swift) tra loro. E mentre di nuovo lo fissava conversare tranquillo, pensava a quella verità che rimaneva tra loro come un vetro: invisibile eppure esistente.
Ora alle mie spalle quando te ne vai
Non dirò lo stesso quello che non sai
Ti giuro di cambiare, ma non cambio mai
Ma se accetterai il mio orgoglio mi ritroverai
Sembrava che durante quell'ultima notte, con la casa circondata da amici vari, Simone volesse dirgli qualcosa: lo fissava tutto il tempo dal secondo divano mentre Manuel parlava con Giorgio, uno dei loro amici in comune. Sentiva il suo sguardo addosso quando si alzava o si allontanava. Ma nessuno osò pronunciare verbo o parlare seriamente, se non con battutine taglienti.
E mentre butti giù il telefono, mi pregano
Lascia andare i pensieri, fanne un esodo
Parole che non dico, che non dedico
So amare senza schemi e senza metodo
Non so dare forma alla mia verità
A volte soltanto parole, dire dignità
Coi grattacieli sullo sfondo e il cielo di piombo
Proteggo i fiori del mio orgoglio quando pioverà
Manuel aveva provato a contattare Simone appena era andato via di casa, ma non aveva ricevuto delle risposte soddisfacenti, in quanto Simone sembrava completamente disinteressato a Manuel. I suoi amici (quei pochi non in comune che passo a passo avevano seguito quella relazione) gli dicevano di lasciar stare e smettere di pensarci. E così aveva fatto, riempendosi le giornate, riempendosi di persone che però, in qualche modo, non andavano mai bene. A volte tornava a parlarne, a scriverne, e i mesi correvano lenti. A Simone non aveva più scritto e Simone non aveva più scritto a lui, nonostante a volte captasse delle informazioni su di lui che gli facevano prudere le mani dalla voglia e dall'urgenza di scrivergli. E poi subentrava quel sentimento, che non capiva se fosse egoismo, amor proprio, dignità, o orgoglio, che gli impediva di digitare il suo numero e chiedergli un banale ciao come stai, come procede la tua vita senza di me. E ancora una volta, si trovava ad interrogarsi e a pensarlo. Ma si proteggeva cullato dal suo ricordo idealizzato. Prima o poi, passa, ripeteva.

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