Ricordavo

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Taemin continuava a baciarmi, senza fermarsi mai, esplorando e toccando con violenza ogni parte del mio corpo.
Non si preoccupava della gente, del caos, di chi guardava, di Yoongi che non gli tolse quello sguardo omicida nemmeno per un secondo; ma non si curò nemmeno di me che, a poco a poco, iniziavo a sentirmi sempre peggio.

"Taemin, no" sussurrai staccandomi velocemente da lui "non mi sento per niente bene" scossi la testa portandomi una mano all'altezza dello stomaco

"Cosa? Che hai?" Alzò un sopracciglio avvicinandosi lentamente

"Uh-" ebbi solo il tempo di guardarlo, prima di correre velocemente verso uno dei vari corridoi presenti in quel locale, uno di quelli mi avrebbe pur sempre portato in un bagno.

Fui abbastanza fortunato a trovarlo subito.

"Uh? Ma che diamine..." Sospirò Taemin venendomi dietro, sotto lo sguardo dittatorio di Yoongi, che aveva stampato anche quest'altra scena nella sua testa

"Yoongie, andiamo più avanti in pista?" Sorrise Hoseok continuando a ballare

"Hoba, inizia ad andare, io credo che andrò in bagno" sospirò annunedo dandogli un bacio a stampo "torno subito" annuí incamminandosi verso lo stesso percorso effettuato dapprima da me e poi da Taemin.

Non riuscii nemmeno a chiedermi con quale forza o lucidità io fossi arrivato in quel bagno ma, appena chiusi la porta dietro di me, le ginocchia mi caddero morte atterra e sentii solo il mio stomaco liberarsi di ogni cosa, i miei occhi inumidirsi con le lacrime e la mia gola bruciare più del fuoco.

"Non mi sento bene" continuavo a ripetermi guardandomi intorno, pulendomi la bocca con la manica della camicia che indossavo, sedendomi atterra appoggiando la schiena.

Chiusi leggermente gli occhi, provando a frenare quel tremolio che sentivo lungo tutto il corpo, ogni volta che dei passi si facevano sempre più vicini.
Non ricordavo sè in quel momento ero effettivamente svenuto, ma davanti a me c'era ben altro che quel sudicio bagno.

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Mi ero appena trasferito dall'altra parte del mondo, avevo scelto una delle città più lontane proprio per potermi dimenticare di tutto quello che avevo lasciato in dietro, convinto di poter ricominciare al meglio la mia vita, convinto di poter essere in grado di avere la maturità giusta per rendermi indipendente.

Ma ero solo uno stupido ragazzino illuso e presuntuoso.

Avevo lasciato tutto e tutti perché non volevo rendermi schiavo di nessuno, non volevo avere una buona relazione, un bravo ragazzo al mio fianco, un buon futuro sù cui puntare. Volevo solo brillare, splendere, piacere, attirare.
Non ero pronto per fare il padre, non volevo prendermi la responsabilità di crescere una bambina già in giovane età e, giustamente, perché parlarne assieme con maturità sé c'è la possibilità di scappare?

Facile, no?

Nessuno, però, mi porse i piedi davanti.
Riuscii a fare tutte le stronzate che avevo programmato prima della partenza e, una volta lì, mi sentii decisamente rinato, più leggero.
Camminando per le strade di New York, pronto ad arrivare nel bilocale che avevo affittato in precedenza, iniziai a dimenticare a mano a mano il mondo a cui realmente appartenevo, la necessità per il quale ero scappato e il senno della ragione, pensando di dover assolutamente dare il meglio di me.

E quindi, cosa poteva mai fare un ragazzino dal cervello poco evuluto, come me, in un posto come quello?

Ovviamente prepararsi per uscire.

Sistemai le valigie il più velocemente possibile, afferrando i vestiti più attilati e provocanti che avevo, dando il meglio di me ad ogni pennellata di ombretto che passavo sui miei occhi, affinché tutti potessero ricordarsi di me o, almeno, voltarsi per guardarmi almeno una volta.

Entrai in uno dei locali più belli, grandi, pieni di gente, ma pericolosi, di tutta la zona, non sapendo affatto in che cosa andavo incontro.

Dal primo cocktail fino al presente che stavo vivendo, riportavo nella mia testa solo ricordi via via sempre più confusi, gradualmente più cupi.

Ricordavo le canzoni che, pompate così forte, mi rimbombavano nel petto lasciandomi pensare che all'interno fossi vuoto e che quello era l'unico modo che avevo per riempirmi.

Ricordavo il volto di un'uomo, sicuramente più grande di me, ma altrettanto bello, affascinante, dai modi fini e delicati, ma dalla tasca piena di soldi, avarizia e malizia.
Sapeva come giocare le carte a suo favore, sapeva come offrire i cocktail ai ragazzini come me, sapeva come fargliene bere così tanti da stupidirli e tirarli verso di sé.
Sapeva quando usare la delicatezza di una carezza, per prendersi la fiducia, e sapeva come usare la violenza per succhiarsi l'anima.

Ricordavo un momento di lucidità, in cui mi resi conto di quanto buia fosse la stanza in cui mi trovavo, quanto fosse freddo il letto sul quale ero steso, quanto fosse sbagliato quello che mi stava accadendo e quanto forte fosse quell'uomo che, ogni volta provavo a spostarmi, spingeva dentro di me, evitando di farmi parlare, lasciandomi solo urlare e piangere.

Ricordavo di essere svenuto sul letto, riempito da un liquido più caldo delle mie lacrime, distrutto emotivamente da un uomo al quale avevo ingenuamente dato fiducia, impaurito da quello che avrei potuto passare ancora se non avessi trovato la forza di andare via, vuoto quanto le sue parole che si presero l'ultimo pezzo di dignità che mi era rimasto.

"E quindi tu saresti l'orgoglio di mamma e papa? Come può, una puttana come te, andare avanti nella vita, magari sposarsi o essere padre? Ascoltami, vendi il tuo culo, che è l'unica cosa buona che sai fare"

Quella frase era stata l'inizio di un lungo travaglio, di un percorso medico psicologico, di una vita rovinata da una gravidanza e dal difficile aborto che, in circostanze maggiori, scelsi di fare.

Ricordavo il colore della sala medica, il volto dei medici sbigottiti, le voci che iniziavano ad espandersi giorno dopo giorno.
E poi, non iniziai a ricordare più nulla.

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Taemin, inaspettatamente, mi si avvicinò fin dentro al bagno in cui mi ero chiuso, guardandomi dall'alto, risvegliandomi dai pensieri.

"È così strano che tu ti sia sentito male ancor prima che ti chiedessi di essere il padre dei miei figli?" Sussurrò accovacciandosi su di me

"Non era quella la tua intenzione, Taemin" scossi la testa guardando altrove

"Te l'avrei chiesto in ogni caso, anche se in un'altro modo"

"Ti ho detto che, prima, non era questa la tua intenzione" mi morsi le labbra "volevi trascianarmi chissà dove per potermi fare chissà cosa!"

"E allora? Sembrava anche piacerti, perché stai discendo tutto questo all'improvviso?"

"Non sono lo stesso di tempo fa'" sussurrai "puoi trascinarmi solo sotto effetto di alcool, o quello che cazzo sia, dove ti pare, eppure ora ti sto rifiutando Taemin"

"Ed infatti continuo a non capire perché, stavamo andando bene prima. Continui a sentirti male?"

"Non lascerò toccarmi ancora, non in questo modo"

"Non ti ho fatto niente, Jimin!" Esclamò alzandosi di botto

Lo guardai, sobbalzando leggermente, scuotendo la testa
"Portami dell'acqua, perfavore" sussurrai cercando di alzarmi

Taemin mi rivolse uno sguardo, sospirando annoiato e stanco, prima di annuire
"Certo" scosse la testa uscendo velocemente lasciandomi, ancora, da solo.

Quella lucidità stava via via scomparendo, di nuovo, e il mio corpo sembrava abbandonarsi a sé stesso ancora di più. La sensazione era la stessa di quella sera e, a poco a poco, la memoria iniziò ad essere più chiara nonostante il mix di bevande che avevo precedentemente bevuto.

Uscii a testa bassa, appoggiando le mani ai lati della porta, venendo sorpreso da un paio di scarpe decisamente diverse da quelle che aveva Taemin

"Che ci fai qui, Jimin?"

Alzai lo sguardo.

Alcyone: Le stelle// Yoonmin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora