Capitolo 6

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"È tutto così... Strano." Sussurrai, mentre, anche quel giorno, facevo il bagno al mare insieme a Michael.
Temevo le braccia aperte che galleggiavano sull'acqua, e lui accanto a me prendeva l'acqua in bocca per poi sputarla.

"Michael, smettila! Sei disgustoso."

Lui rise e mi guardò, poi mi diede una manata sulla pancia e mi fece andare a fondo.
"Cosa dicevi? Cosa è strano?"

"Tutto." Sbuffai, riemergendo in superficie.

"Mmh." Mugugnò lui. "Dipende cosa intendi per strano."

"Quanti significati possono esserci per strano, scusa? Direi, insolito, diverso, frustrante.. Strano, okay?"

"Okay." Sussurrò, mentre si arrampicava uscendo dall'acqua.

"Che fai, torni a casa?" Gli chiesi, con gli occhi chiusi. Mi dava fastidio il fatto che non mi stesse ascoltando e che se ne stesse andando.

"È questa la mia casa." Si rinfilò i jeans neri, dopo essersi asciugato le gambe con l'asciugamani, poi anche la maglia.

Aggrottai le sopracciglia. Quel ragazzo era così difficile da capire. Così ebbi subito un'idea.
"Ti va di venire a prendere un tè a casa mia?"

Alzò la testa, mentre si asciugava i capelli con rapidi movimenti delle mani usando l'asciugamani arancione.
"Nessuno mi invita a casa propria da una vita."

"Beh, io te lo sto chiedendo. Ti va? Prendiamo un tè, niente di così strano."

Alzò gli occhi al cielo e si grattò la nuca.
"Okay." Disse, infine.

"Perfetto." Uscii anch'io dall'acqua, e gli presi l'asciugamani dalle mani per asciugarmi il corpo ed i capelli.

Mi sentivo un po' a disagio insieme a lui, anche se cercavo di non darlo a vedere. Volevo sembrargli furba, sempre con un asso nella manica, anche se non l'avevo mai, affatto.

Iniziammo a saltare da uno scoglio all'altro per poi risalire in piazza, dirigendoci verso casa mia. Mia madre aveva portato Jason dal dottore, non era in casa.

Camminavamo in silenzio lungo le strade, mentre io osservavo Michael muoversi lentamente portando avanti ripetutamente i suoi piedi, coperti da un paio di anfibi scuri.

E mi accorsi solo in quel momento di quanto fosse bello.
I suoi occhi profondi mi incuriosivano, erano gli unici che non riuscivo a leggere, così come riconoscerne il colore.

Erano un incrocio tra il verde, il castano ed il grigio, sempre bassi, che guardavano il pavimento.

I suoi capelli particolari si muovevano insieme al vento, e potevo notarne tutte le sfumature bluastre e violacee che si liberavano con l'aria, mi davano un'idea di diverso e mi piacevano da impazzire.

Arrivati davanti a casa mia, tirai fuori le chiavi dalla tasca. Sentii delle voci dietro di me e, girandomi, mi resi conto che erano gli stessi ragazzi che avevo visto sugli scogli qualche giorno prima.

La ragazza, bionda, alta e magra, teneva un cappello nero in testa, aveva un vestito verde sbarazzino e leggero, un cardigan scuro e degli anfibi simili a quelli di Michael ai piedi.
Il ragazzo riccio la teneva per mano, i suoi capelli erano tutto l'opposto di quelli di Michael. Erano castani chiari e lucenti, mi piacevano, sì, ma erano forse troppo ordinari. Teneva la chitarra in spalla e aveva degli occhiali da sole.

Mentre camminavano felici, i due ridevano spingendosi con le braccia e tenendosi le mani, dicendo parole che non riuscivo ad identificare perché erano abbastanza lontani da me.

Three || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora