Capitolo 12

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Quella mattina, era una noiosa ed insolita domenica.
Generalmente, era il giorno della pigrizia, per me. Restavo a dormire quasi tutta la mattina, potevo alzarmi tardi e mangiare ciò che volevo tutta la giornata, per poi tornare a letto a dormire o a guardare la televisione.

Ma quella domenica mattina fu diversa.
Prima di tutto, il giorno dopo sarebbe tornata mia madre, e avrei dovuto sistemare tutta la casa per farle trovare tutto in ordine.
Durante la sua assenza, l'avevo un po' trascurata, ed era diventata un porcile.

Così avevo puntato la sveglia alle nove, con in mente il piano di svegliarmi a quell'ora e buttare Calum giù dal letto.

Però, i piani andarono diversamente, per colpa di quel deficiente del mio migliore amico.
Semplicemente, mi svegliò alle sette e mezza del mattino ballando sul mio letto allegramente e facendomi il solletico.

Il miglior risveglio di sempre, avrei giurato. Ma no, forse non era proprio così il risveglio dei miei sogni.

"Calum!" Strillai, alzandomi dal letto con la pancia dolorante, dato che lui vi aveva ballato e saltato di sopra.
Lui scappò via e cercai di rincorrerlo per tutta la casa, sia nel piano di sopra che in quello di sotto, fino a quando non caddi per terra distrutta nel salone.

Ero in procinto di riaddormentarmi un'altra volta, ma lui mi scosse di nuovo e gli alzai il dito medio in segno di resa.
"Giuro che se hai in mente di fare così tutte le mattine della settimana io ti caccio fuori di casa." Mugugnai, cercando di alzarmi dal pavimento, senza successo.

Calum si avvicinò al mio orecchio, ridendo e sussurrando: "Volevo dirti che ti ho preparato la colazione."

A quel punto mi venne da ridere, e gli urlai contro: "Resti un bastardo lo stesso."

Mi lasciai alzare da lui e ci dirigemmo in cucina, dove aveva gentilmente -e sorprendentemente- preparato la colazione senza fare alcun danno.

Ci sedemmo a tavola e iniziammo a sgranocchiare tutto ciò che trovammo in cucina, oltre ai cappuccini e ai biscotti.

"Calum Thomas Hood," gli dissi, mentre ripulivo per bene un cucchiaino carico di Nutella, "che ti va di fare oggi? Ovviamente, dopo che avremmo ripulito e messo a posto tutto il macello che c'è in questa casa."

"Mmh..." Iniziò Calum, mordendo una fetta biscottata ricoperta di burro e marmellata ai lamponi. "A dire la verità, mi piacerebbe conoscere Michael."

"Oh cazzo." Lasciai cadere il cucchiaino sul tavolo, portandomi una mano sulla testa. "Michael!"

Mi ero totalmente dimenticata, il giorno prima, di mandargli il messaggio per scendere agli scogli. E magari lui era rimasto lì ad aspettarmi.
E per evitare di farmi venire i sensi di colpa, afferrai il telefono e mi diressi nel soggiorno, lontano da Calum, per telefonargli.

Cal mi seguì, ma io lo liquidai velocemente con un gesto della mano, mentre cercavo il numero di Michael tra i contatti.

"Pronto?" Rispose, dall'altro capo del telefono, la sua voce graffiata e tagliente. Ed era anche abbastanza strana. Probabilmente delusa.

"Michael? Ciao, come stai? Sono Tea." Gli dissi, molto rapidamente, come se volessi fargli capire che l'ansia mi stava divorando viva.

"Oh, ciao Tea, sto bene. Tu come stai?" Rispose, con tranquillità. E la sua tranquillità per fortuna mi fece rilassare un attimo, magari non era arrabbiato con me e potevo mettere da parte i sensi di colpa.

"Sto bene, grazie. Volevo chiederti scusa, ieri non ti ho più fatto sapere nulla, è solo che è arrivato il mio migliore amico Calum da Detroit, mi ha fatto una sorpresa. Scusa davvero, ma me ne sono dimenticata e non ci ho più pensato." Dissi, quasi in un sussurro molto veloce. Michael avrebbe sicuramente capito, almeno, ci speravo.

Three || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora