•7 - I cattivi ragazzi.

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Papi sfreccia nelle strade deserte del Bronx, per non farsi beccare dalla polizia che ha scoperto della gara e ha fatto subito irruzione, destando il panico.
Sono preoccupato, per me stesso perché non voglio che ci prendano e per Jo che non so dove sia o se stia bene.
Nella fabbrica c'era il caos e Papi mi ha fatto salire sulla sua moto, prima che potessi vedere dov'era Jo.

«Dovevi stare a casa tua, biondino. Cazzo!»
Sussulto. Non capisco il motivo per cui sia così arrabbiato. Non volevo neanche andarci al City Race.
È notte e io domattina devo essere a scuola, puntualmente.
Sto scappando dalla polizia, con un ragazzo che conosco a malapena e probabilmente sto rischiando tutta la mia vita.

Accosta e scende, togliendosi il casco. Sembra che la polizia non ci stia più seguendo, così mi tolgo il casco anche io.
«Non devi incazzarti con me, io neanche volevo venirci» gli dico, mentre mi avvicino a lui.
«Sai una cosa? Avevi ragione quando dicevi di non fingere di poter essere amici. Noi due non potremmo mai esserlo, Ash.»

Stringo le labbra, scuotendo la testa. «Voglio tornare a casa» gli dico, con le braccia al petto.
«Certo, sua altezza» ridacchia, «te lo scordi. Se vado a Manhattan la polizia riconoscerà la mia moto.»
Lo guardo negli occhi, «non è un mio problema.»

Serra un pugno, i suoi occhi diventano più scuri e ha il corpo rigido. «Non rompermi il cazzo.»
È diverso, questo Papi non ha niente a che vedere con quello di questo pomeriggio. Questo Papi, è solo uno stronzo.
«Perché non mi guardi negli occhi?» Gli chiedo, afferrando la sua giacca. «Non so quale problema tu abbia con me, quindi smettila di trattarmi con sufficienza. Smettila di fare lo stronzo.»

Afferra le mie guance con una mano, sbattendo il mio corpo contro al muro.
«Lo stronzo? No, biondino, tu non mi hai ancora visto nel massimo della mia parte peggiore.»
Appoggio le mani sul sul suo braccio.
«Lasciami» sibilo. Mette le mani sul muro, così mi limito a guardarlo. «Ti ho detto di lasciarmi andare.»

Sospira, passando le dita sulla mia guancia fino al mio mento. Alza il mio viso, guardandomi negli occhi.
«Se tu non dassi così su i nervi, sarei in grado di farti cambiare idea su di me.»
Deglutisco, sbattendo le palpebre un paio di volte mentre le sue labbra sono così vicine alle mie che posso sentire il suo respiro passare dalla sua bocca alla mia.

Sgrano gli occhi, sentendo un brivido lungo la mia schiena.
Porta il pollice sul mio labbro inferiore ed io sono incapace di muovere un solo muscolo.
«Guardati, stai tremando come se fossi un cucciolo smarrito.»
Appoggio le mani sul suo petto, per spingerlo lontano da me. «Lasciami andare, bastardo. Come puoi parlarmi così?»

Il suo corpo è inchiodato al mio, con il suo viso che mi sfiora. «Sono molto confuso, Ash. Una parte di me vorrebbe picchiarti fino a farti piangere, ma l'altra - sospira - l'altra vorrebbe prenderti così forte da farti urlare fino a Manhattan.»

E prima che possa dire qualsiasi cosa, proprio in un millesimo di secondo, senza neanche il tempo di ribellarmi lui incastra le sue labbra con le mie.

Lo ammetto, per un secondo, solo per un piccolissimo frammento di un secondo ho assecondato il bacio e ho accarezzato la sua lingua con la mia. Solo per un secondo.

Resto immobile, incapace di muovere un muscolo e appena si allontana faccio di tutto per resistere all'impulso di tirargli uno schiaffo ma è troppo forte. La mia mano colpisce la sua guancia, lasciandogli un segno rosso che probabilmente ricorderà per tutta la vita.

«Wow - sospira - questo non mi era mai successo.»

Una lacrima riga la mia guancia, così scuoto la testa incapace di guardarlo negli occhi.
«Hai ragione, tu non sei un principe» dice, divertito. «Un principe non avrebbe mai usato la lingua in quel modo.»
Sgrano gli occhi, pronto a tirargli un altro schiaffo ma lui afferra il mio polso.
«Fermo, biondino. Mi hai già rovinato una guancia.»

DANGEROUS PERFECTION (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora