•13 - Quelli come lui.

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«Ehi» dico, a bassa voce, mentre mi siedo accanto a Jo. «Sei fortunato che Pieters non sia ancora arrivato» dice, fulminandomi con lo sguardo.
«Non mi è suonata la sveglia.»
Sistemo il libro di storia, facendo spallucce.

«Che è successo?» Mi chiede, subito. Mi fermo subito e lo guardo, per poi sforzargli un sorriso. «Che intendi? Non è successo niente.»
«È chiaramente successo qualcosa. Stamattina sei troppo diverso dal solito. Non provare a mentirmi, Ash.»

Prendo il quaderno, continuando ad evitare la sua domanda. «Non so di cosa tu stia parlando, Jo. Piuttosto sei tu a dovermi dare spiegazioni sul bacio che hai dato a Boston.»
Questo si chiama contrattacco, ma so benissimo che con Jordan non funziona.
«Stai veramente giocando sporco con me, dolcezza?» La sua domanda, è posta con un tono di voce quasi incredulo e così cerco di non ridere.

«Ho creato un mostro» sussurra, mentre continua a squadrarmi.
Appena Pieters entra in classe, Jo non presta più attenzione a me e così per due ore sono salvo.

Appena la campanella suona, mi precipito verso i bagni senza aspettare Jordan che mi chiama scocciato.
Non so nemmeno perché sto scappando dalla sua domanda, dopottutto lui è l'ultima persona persona che mi potrebbe giudicare.

«Okay - sbotta, fermandosi davanti a me - adesso mi dici che diavolo ti prende?!»
Sospiro, annuendo. «D'accordo, va bene.»
Alza le sopracciglia, porta le braccia al petto e mi incita a parlare.
«L'altra sera ho portato la cena a mio padre in centrale e...aveva appena arrestato Papi. Lui mi ha praticamente supplicato di farlo uscire e così l'ho aiutato.»
«Wow, spero tanto che tuo padre non lo scopra mai» dice, scuotendo la testa.

«Ci siamo baciati, Jo.»

Lascia cadere le braccia lungo i fianchi. «Vuoi dirmi che hai ricambiato? Che fine ha fatto l'Ash con i sensi di colpa?»
«Non lo so...»
«E dopo che è successo?»
Alzo le spalle, «l'ho portato a casa e basta, abbiamo parlato come se non fosse mai successo.»

«Okay, Ash. Dovreste assolutamente parlarne, d'accordo? Non potete fare finta che non abbiate...insomma...quanto era casto?»
Scuoto la testa, «casto?»
«Perfetto.»

[...]

Dopo aver passato più di venti minuti fermo nel parcheggio di fronte casa di Papi, decido di scendere con un bel respiro profondo.
Jo la fa semplice: lui non ha il principio della decenza.

Prima che possa raggiungere il portone, la mia attenzione viene attirata da dei ragazzi che stanno giocando a basket nel parco di fronte al palazzo.

Questa è la dimostrazione che, ogni tanto, la fortuna decide di colpire anche me.

«Boston. Rocky» li chiamo, a voce piuttosto alta mentre cammino verso di loro.
Si girano confusi.
«Ash! Che diavolo ci fai qui?» Mi chiede, Boston, sorpreso afferrando la palla.

«Io sto....cercando Papi» dico, per poi stringere i denti leggermente in imbarazzo.
«Papi? Oggi non ho visto quello stronzo, credo che stia ancora dormendo» risponde, Rocky.
Cerco di non chiedergli il motivo per cui l'ha chiamato "stronzo", pensando che sia solo in appellativo affettuoso per il suo migliore amico.

«È successo qualcosa?» Mi chiede, Boston, cercando il mio sguardo.
Faccio spallucce, forzando un sorriso. «Niente di particolare. Dovevo solo dirgli una cosa.»
«Prova ad aspettare un po' qui con noi, dovrebbe farsi vivo» dice, appoggiando una mano sulla mia spalla. «Viene sempre qui di pomeriggio.»

Ci penso per qualche istante, per poi annuire. «D'accordo.»
Mi siedo sul tavolo di legno, mentre li guardo giocare e nel frattempo aspetto Papi.
«Te ne intendi di basket?»
Ridacchio, guardando i ragazzi. «Direi proprio di no. È mio fratello l'esperto.»
Loro due si guardano per qualche istante, poi tornano su di me.
«Sai come tenere i punti?»
Assottiglio gli occhi, «ovvio, Boston, non sono ancora idiota.»

DANGEROUS PERFECTION (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora