•22 - UES.

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PAPI

Ash mi guarda con i suoi grandi occhi azzurri, in cerca di una qualche reazione. La verità è che sono troppo sconvolto, per reagire in un qualsiasi modo.
Il mio incubo si realizzato e non posso fare niente per mandarlo via.

Archie è tornato.

«Quando?» Gli chiedo, semplicemente.
«Ieri sera...»

Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia e quando se ne accorge, afferra la manica della mia giacca.
«Papi, guardami.»
Lo faccio, a fatica, ma lo faccio. Mi tira, così mi avvicino a lui e ingoio un groppo.

«Per quale motivo non ti domandi perché io te lo stia dicendo?» Mi domanda, dopo aver appoggiato le mani sulle mie guance.
«Che vuoi dire?»
Sono confuso, mentre lo guardo con gli occhi che bruciano e il respiro pesante.
«Guardami» ripete, quando distolgo lo sguardo.

«So di quella notte, Papi.»

Spalanco le palpebre. Il corpo si irrigidisce, forse in preda a una qualche specie di choc.
«È ovvio che me l'abbiano detto» aggiunge.
Non ad ascoltare quello che dice, l'unica cosa a cui riesco a pensare è come diavolo possibile che, nonostante lo sappia, sia ancora qui.

«Perché?»
Scuote la testa, «non conta niente.»
Non posso a fare a mano di ridere, ma una di quelle risate false e quasi isteriche.
«Come puoi dire che non conta niente, Ash?»

Mi allontano da lui. Una parte di me vorrebbe andare via, ma l'altra sa bene quanto io sia incapace di lasciare andare questo ragazzo.
«Non è stata colpa tua.»

Lo dice con una naturalezza tale, da farlo sembrare vero se non sapessi che non è così.
«Ho quasi ucciso tuo fratello.»
«Papi, è stato un incidente. Tu non centri niente in quello che è successo. Archie non doveva neanche salire su quella moto dopo aver bevuto.»

All'interno del City Race, fa ancora più caldo.
Boston mi lancia uno sguardo, per poi camminare verso di me. Resto appoggiato alla mia moto, con la sigaretta tra le labbra e le mani nelle tasche dei jeans.
«Ehi, fratello.»

Gli scocco un'occhiata per ricambiare il saluto e butto in aria il fumo. «Corri?»
Fa spallucce, «sono troppo stanco.»

Lo guardo e sorrido.

«Giornata movimentata?» Gli domando, provocandolo un po'. «Non come avrei voluto. Certe volte, Javi mi fa veramente impazzire. Eravamo così anche noi da adolescenti?»
«Molto peggio» dico.
«Anche Reina si comporta così?»

Mi chiedo perché me lo domandi, visto che lo sa benissimo. «Reina non è come gli altri adolescenti. È sempre stata molto più matura della sua età» rispondo. «Ma sentilo!» Mi tira uno spintone, «che bravo fratellone.»

«Che ha combinato Javi?» Gli chiedo, ignorando la sua affermazione. Non è che non mi faccia piacere essere un bravo fratello maggiore, ma preferisco mantenere una certa apparenza. «Non è Javi il problema, ma il suo amico. Continuo a credere che quel ragazzino abbia bisogno di un grande aiuto

Le nostre risate, vengono interrotte da un rumoroso e isterico:«stronzo!»
Sospiro, quando mi rendo conto da chi proviene quella voce. Red.

DANGEROUS PERFECTION (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora