Capitolo 28.

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Carlos

Esco in fretta dalla doccia e, dopo essermi avvolto nell'accappatoio, corro in cucina da Estrella che intanto sta preparando il pranzo.

Quando spalanco la porta della cucina, una nuvola di fumo piomba dritta sulla mia faccia, facendomi tossire ripetutamente. "Esti, ma che cazzo!" esclamo andando verso la finestra per aprirla e muovendo la mano sventolandola in aria.

"Il tuo dannatissimo forno non funziona!" si lamenta lei, aprendolo e tirando fuori una teglia dal contenuto completamente bruciato. "L'ho messo a centottanta gradi ma ha comunque carbonizzato tutto!" aggiunge.

Mi avvicino alla manopola per regolare la temperatura e scuoto la testa passandomi una mano sul viso quando vedo la freccia impostata su duecentocinquanta. "Esti... Sei tu che non funzioni. Hai messo il forno troppo alto e hai affumicato la mia cucina" la rimprovero, guardandola.

Lei si china per guardare meglio la temperatura e spalanca gli occhi quando nota di aver sbagliato. "Ops..." mormora, grattandosi la testa e guardandomi con un sorriso forzato. "Scusami, Carletes... Sono un disastro in cucina" sussurra, guardandosi attorno.

Ridacchio e la abbraccio lasciandole un bacio sulla fronte. "Lo so. Ecco perché sono sempre stato io il cuoco fra noi due" la prendo in giro.

***

"Sì, direi che abbiamo decisamente appurato, dopo anni, che se c'è una cosa in cui sei meglio di me, quella è la cucina" esordisce Esti dopo aver assaggiato il risotto che ho fatto per cercare di rimediare al suo casino.

Scuoto la testa e ridacchio. "Non rispondo come vorrei solo perché non voglio infierire, ma sai bene che le cose in cui riesco meglio di te sono più di una" affermo.

"Esti, volevo chiederti una cosa" esordisco dopo aver bevuto un po' d'acqua.

Lei mangia un altro po' di riso e mi guarda incuriosita, con uno sguardo che mi incita a continuare.

"Ti ricordi di Paco?"

"Il tuo amico del liceo? Certo che me lo ricordo!" esclama con un sorriso. "Vive a Londra adesso, vero?"

Annuisco. "Infatti volevo chiederti se ti andasse di venire con me a trovarlo, la prossima settimana" dico guardandola.

"La prossima?" ripete. "Come fai ad andarci? Hai preso delle ferie?" mi chiede corrugando la fronte.

"Siamo chiusi per un po', dobbiamo fare dei lavori di ristrutturazione" le spiego.

"Capisco..." mormora pensierosa. "Beh, non penso di poter venire, Carletes" aggiunge poi, dispiaciuta.

"Non puoi neanche provare a chiedere qualche giorno libero?" insisto prendendole la mano sopra al tavolo. "Sei chiusa in quell'ufficio tutti i giorni dalla mattina alla sera, qualche piccola ricompensa dovrai pur meritartela!" esclamo, facendola ridacchiare.

"Vorrei tanto poterlo fare, ma la prossima settimana c'è già un altro collega in ferie, non posso assentarmi anch'io" mi spiega accarezzandomi il braccio. "Mi dispiace, sarei voluta venire davvero"

Annuisco dispiaciuto e alzo di nuovo lo sguardo verso di lei. "Dovrai sopravvivere senza di me" scherzo.

"Oh no, caro mio! Sei tu che dovrai sopravvivere senza di me!" esclama ridendo. "Quanto ti fermi?"

"Una decina di giorni, suppongo. Devo ancora prenotare, volevo prima sentire te" le spiego.

Annuisce comprensiva mentre mangia l'ultimo boccone di riso rimasto nel piatto. "Come mai hai pensato di andare a trovarlo?" mi chiede poi, bevendo un po' d'acqua.

Scrollo le spalle e piego la bocca all'ingiù. "L'ultima volta è stata l'anno scorso, quindi appena ho saputo che non avrei dovuto lavorare ho pensato a lui. Mi manca non vederlo tutti i giorni un tempo" ammetto, un po' malinconico.

"Ma come sei carino, Carletes!" esclama lei prendendomi in giro e alzandosi dalla sedia per venire verso di me.

Ruoto gli occhi e ridacchio, avvolgendole la vita con un braccio mentre lei scompiglia piano i miei capelli. "Anche tu sei carina, sai?" mormoro contro di lei, appoggiando le labbra sul tessuto della sua maglia, giusto sotto il seno.

"Solo «carina»?" mi chiede fingendosi offesa.

"Sei una bomba sexy, Esti..." sussurro, toccandole i capelli con un dito e spostandole una ciocca dietro l'orecchio.

Lei arrossisce violentemente prima di posizionarsi a cavalcioni sulle mie ginocchia, allacciando le braccia dietro il mio collo. "Abbiamo un po' di tempo prima che tu debba andare dai tuoi, vero?" mi chiede all'orecchio, iniziando a succhiare il mio lobo.

Annuisco piano, chiudendo gli occhi e godendomi ogni minimo istante.

Continua a baciare lentamente la mia mandibola, poi scende sul collo e quando incontra il tessuto della mia maglietta la sfila immediatamente.

Riattacca subito le sue labbra alla mia pelle, scendendo sul petto e toccando il mio addome con impazienza. "Ti voglio, Carlos" sussurra, alzando lo sguardo verso il mio viso e facendo sfiorare le nostre labbra.

Il mio corpo viene attraversato da una scarica elettrica. La mia erezione preme contro l'intimità di Estrella, che geme piano e inizia a slacciare i pantaloni della mia tuta.

La prendo in braccio e sposto le poche cose ancora sul tavolo, appoggiandola delicatamente sul bordo e sistemandomi fra le sue gambe.

La spoglio velocemente, facendola rimanere solo con le mutandine; lei abbassa contemporaneamente i miei pantaloni e i miei boxer, lasciandomi completamente nudo.

Mi inginocchio facendo in modo da restare di fronte alla sua intimità. Metto le mani sulle sue cosce e le faccio spalancare le gambe con forza; questo gesto la fa gemere forte, mordendosi il labbro subito dopo.

In pochi secondi, la libero anche dell'ultimo indumento e incollo la mia lingua al suo clitoride, stimolandolo continuamente e beandomi del modo in cui il mio nome viene pronunciato dalla sua bocca.

"Carlos, ti prego" si lamenta, facendomi alzare lo sguardo verso di lei. "Prendimi adesso" mi supplica, con gli occhi quasi lucidi.

Mi alzo in piedi e la faccio scendere dal tavolo con un gesto veloce, mentre lei mi guarda confusa.

"Girati" dico soltanto, prendendola dai fianchi e facendole appoggiare l'addome sulla superficie del tavolo.

Mi sporgo leggermente verso un mobile su cui ho appoggiato il portafoglio, dal quale estraggo un preservativo che indosso subito.

Lei apre ancora di più le gambe per farmi spazio e, lentamente, io entro in lei, tenendola dalla vita.

Ben presto, una delle mie mani si sposta in mezzo ai suoi capelli, afferrandoli con forza e facendole alzare di poco la testa.

La ascolto gemere forte, senza contenersi; so quanto le piace questa posizione. "Non ti fermare, Carlos" mormora. "Ci sono quasi"

Mantengo lo stesso ritmo e le do tutto me stesso, muovendomi verso di lei in modo quasi aggressivo e piantando le mie dita nella sua pelle, stringendola a me.

Pochi minuti dopo, entrambi raggiungiamo l'apice del piacere, stremati e col fiato corto.

"Avevo appena fatto la doccia e ora dovrò rifarla per colpa tua..." sussurro al suo orecchio facendola ridacchiare, prima di lasciarle un bacio fra i capelli.

Il filo rosso del destino - Carlos SainzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora