Lethal Beats

2. We were just kids, now we've memories

Lei era così,
sole e luna,
equilibrio e follia,
una tranquillità apparente
e dentro
un caos disarmante.

S W A M I
🌺

7 anni prima

«Smettila di piagnucolare» uno schiaffo, dritto sulla guancia capace di togliere gli ultimi residui delle mie lacrime.

Un urlo.
Un altro urlo. Capaci di squarciare qualunque altro suono.

«Non farle del male» una mano mi afferra il braccio con delicatezza, «Perfavore» implora la stessa.

Daniel.

«Non voglio farle del male, voglio che capisca che non è cosi che ci si deve comportare nella vita»

Tacchi che sbattono sul pavimento ripetutamente come se volessero lasciare un segno oltre che sul mio corpo..

«Ha sbagliato, lei lo sa» parla qualcun altro, «Per questo non lo farà più»

Derek.

Sento il braccio venirmi scosso ripetutamente, «Swami?» mi richiama, probabilmente per cercare una frase che conferma che non sbaglierò più.
Che mi comporterò come una bambina normale;
Ma no, non lo farò. Sto zitta.

Le risate risuonano nell'angusto appartamento.

«Non vi risponderà, lasciatela in questo stato di trance affinché stia in silenzio» lancia una bottiglia di vino nel lavandino. Non prima di averla finita con un lungo sorso.

Altro rumore di tacchi che, per fortuna, questa volta si allontanano.

La presa sul mio braccio non c'è più, deve avere portato via mio fratello.

Porta che si chiude.

E, finalmente, silenzio.

Il silenzio.

A volte è il più rumoroso tra tutti i suoni presenti sulla terra, perché è li che i tuoi pensieri decidono di sfogarsi. Di dare il via a una gara di chi può ferirci per primo.

Un tuono però lo zittisce.
Un lampo illumina per un breve attimo il salotto.
La pioggia sbatte sui vetri così forte da farmi male alle orecchie.

Mi alzo dal pavimento.
Mi appoggio una mano sulla guancia che, a causa dell'impatto con la mano, risulta calda e con un leggero bruciore. Mi asciugo un taglio di sangue, creato probabilmente dagli anelli a contatto con la mia pelle sensibile. Mi pulisco le ginocchia e mi guardo intorno.

Intravedo la porta d'uscita.
Potrei andare.
Ma poi la situazione può precipitare se lo facessi.

Eppure qualcosa nel profondo della mia anima mi dice che ho bisogno di stare felice, anche solo per qualche minuto, perché lo merito. Ho bisogno di essere felice come una bambina di dieci anni.

Ho bisogno di andare nel mio posto felice.

Prendo un fazzoletto dal tavolino: mi occuperò più tardi della ferita. E corro.