4. If you only knew...

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È necessario
che tutti scendano
almeno una volta
nel loro Inferno.

D E L I A
🌺

«Delia, se continui con questo andamento saremo obbligati a sospenderti per molto più tempo.
Ho chiuso un occhio molte volte, ma questa dubito seriamente che io possa farlo e contemporaneamente tenere il mio posto di lavoro»

«Andiamo Alvin, sono sicura che ha altri occhi a disposizione» gli faccio l'occhiolino. Inizio a girarmi tra le dita una penna rubata dalla sua scrivania di legno scuro, penso di ciliegio, e guardo l'ambiente circostante in cui mi trovo. È tutto perfettamente sistemato in un'ordine maniacale da farmi venire la pelle d'oca. Le mensole che hanno il compito di sostenere file di libri, enciclopedie e dizionari sistemati a seconda della loro altezza, sono perfettamente allineate tra di loro. Affianco a queste c'è un grosso mobile con una teca di vetro grande, e all'interno ci sono vari premi che l'istituto ha vinto da quando Morrison è il preside: sport, musica, fotografia, teatro e persino olimpiadi delle diverse materie.
Una grande finestra di vetro si estende dietro la sua scrivania permettendo ad Alvin di avere una visione completa di tutto il campus, compreso il cortile e i dormitori.

Il preside si sbatte una mano sulla fronte disperato, «Ma io come posso fare?» sussurra fra sé e sé.

«È natura» alzo le spalle mentre mi infilo la felpa nera dei Nirvana. È un periodo dove fa decisamente troppo freddo, infatti tra oggi e domani dovrebbe arrivare una tromba d'aria molto forte, è stato dichiarato l'allerta meteo.

«Signorina, capisco che lo sia e non voglio di certo parlare di questo» dice quasi imbarazzato nell'affrontare il discorso "sesso", quando é il vero motivo per cui sono qui. Si toglie la montatura degli occhiali che ricadono sul suo naso sporgente e li appoggia su una cartella con inseriti al suo interno tutti i fascicoli: compresa la mia iscrizione a questa scuola.
«Ma stare con un ragazzo all'interno di uno sgabuzzino il primo giorno, alla prima ora di lezione, non è nel regolamento. E lei sa quan...»

«Quanto sia importante mantenere un comportamento decoroso e consono per poter mandare avanti questo istituto senza avere problemi di qualsiasi tipo con la commissione e con la stampa» scimmiotto la sua voce sapendo a memoria che cosa sta per dirmi.
L'ho sentita così tante volte, ormai.

«Può sforzarsi di capire in quale situazione mi trovo?» mi chiede quasi con pietà.

Morrison è il preside di questa scuola, ma ormai io lo chiamo Alvin perché ho perso il conto di quante volte sono finita in questo ufficio sterilizzato e lavato così affondo che penso di trovarmi in un ospedale. Ormai lo considero amico mio, e anche se lui non vuole ammetterlo, so per certo che ha un debole per me. Non in senso amoroso ma solo puramente amichevole, ha pur sempre una trentina d'anni in più di me e ho un limite, anche se non sembra. Mi ha sempre cercato di allentare la pesantezza delle punizioni, cercava di aiutarmi con i migliori tutor per i miei voti scolastici ed evita inoltre tutto di raccontare i danni commessi e le sveltine negli sgabuzzini al ministero dell'istruzione della nostra scuola, il che potrebbe essere dannoso.
È una persona onesta, gentile e ricca di empatia, non riuscirebbe a incutere paura neanche con un coltello in mano.

«Va bene» mi mangiucchio l'unghia del pollice riflettendo a una scusa, «In mia difesa posso dire che la campanella non era ancora suonata»

«Gli altri studenti l'hanno vista»

«Gli altri studenti dovrebbero farsi una manciata di cazzi proprio la mattina» sbotto contrariata, tutti pronti a puntare il dito e raccontare tutto ad Alvin per degli stupidi crediti che li possano aiutare all'università.

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