capitolo 6.

582 16 1
                                    

Se potessimo essere di nuovo estranei sarebbe tutto più semplice.

Se potessimo essere di nuovo estranei sarebbe tutto più semplice

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

...

17 giugno 2019

pov Carlos

Mi chiudo la porta di casa alle spalle e, velocemente, perché io sono sempre e perennemente in ritardo, corro giù per le scale. Sono le 20:45, ciò vuol dire che sono 45 minuti in ritardo per la consueta rimpatriata di condominio e già mi immagino la ramanzina che mi farà mia madre, complice il fatto che oggi accogliamo un nuovo ragazzo che vive in questo palazzo da circa due settimane. Io non partecipo a queste rimpatriate da circa sei mesi, le si fa ogni mese ma fra lavoro e gare non sono mai disponibile, oggi invece sono stranamente libero e mamma Reyes mi ha praticamente obbligato. Non fraintendete, mi piace un sacco partecipare, voglio bene a tutti, sono persone che bene o male conoscono da anni, ma in questo periodo sono molto stanco e una serata sul divano, magari con la bella vicina, mi sarebbe piaciuto di più.

Lato positivo? La bella vicina la vedo comunque.

«Ci sono! Scusate» spalanco le porte della sala sottostante gli appartamenti, usata prevalentemente per riunioni o celebrazioni come queste.

«Sei in ritardo» mi ribecca mia madre, dandomi uno scappellotto e suscitando la risata di tutti i presenti. Scrollo la testa divertito e appoggio le due bottiglie di spumante sul tavolo.

«Ci»

Mi giro e sorrido, «Ciao Tish.» lei si sporge e mi da un bacino sulla guancia.

Il contatto delle sue labbra sulla mia pelle mi fa sempre lo stesso effetto: Brividi. Vorrei non fosse così, perché sarebbe tutto più semplice, ma so di non poterla dimenticare ne ora ne mai. Potrò fingere che non ci sia più nulla, che i sentimenti per lei si siano spenti tutti d'un colpo, ma la prima persona a cui mentirei sarebbe me stesso, non si può dimenticare una persona che ti ha fatto stare bene e che ti ha fatto vedere il meglio della vita.

«Come stai?» le domando, porgendole un bicchiere di estathè al limone. Non mi va che beva prima del dovuto.

«Tutto bene, e tu?» è dalla mattina dopo la gara, quella in cui la sera ci siamo addormenti sul suo letto, che non ci vediamo.

Quella mattina ci siamo salutati a colazione, ma il suo pensiero mi è rimasto impresso per tutto il viaggio di ritorno e anche per i giorni seguenti. Svegliarmi e trovarla fra le mie braccia, con il viso nell'incavo del mio collo, le manine poggiate sul mio petto e le sue labbra a sfiorarmi la pelle, è stato bello ma anche difficile. Dormire nuovamente con lei ha scatenato in me tutti i ricordi che avevo chiuso in un angolo della mia mente per non soffrire più del dovuto.

Non sono un ragazzo particolarmente affettuoso, ma dormire abbracciati con una persona lo trovo un gesto anche più intimo di farci sesso. Ho sempre pensato che certi gesti fra due persone vadano oltre l'atto carnale, che creano una connessione mentale tale da renderci più vicini non solo a livello mentale, ma anche fisico. Un bacino sulla fronte, la regola del marciapiede, un "ho visto questo e ho pensato a te" o dormire abbracciati sono dei "ti amo" detti in silenzio, gesti che sanno di sicurezza, di casa e di protezione.

«Stanco, ma sto bene» annuisce e sorride, nascondendo le labbra dietro il bordo del bicchiere.

«Cosa ridi, empanatina?» mi faccio più vicino, abbassando il viso alla sua altezza. Lei sorride ancora di più e si fa tutta rossa.

«Nulla, solo che Ferran ti sta fissando come se fossi un dio» aggrotto la fronte confuso.

«Ferran? Chi è Ferran?»

«Il nuovo ragazzo che vive al 13» faccio un "ahhh" silenzioso e mi giro verso la direzione in cui puntano gli occhi di Morticia.

«È lui?» lo indico con la testa.

«Si. È carino, non è vero?»

Mi rigiro di scatto verso di lei e la guardo impassibile, «Come scusa?» lei ridacchia e posa il bicchiere, afferrando poi la mia mano.

«Vieni, te lo faccio conoscere.» cerco di opporre resistenza, sinceramente non ne ho per nulla voglia, ma Morticia è testarda e mi trascina fino a questo presunto nuovo ragazzo del 13.

Il sangue mi arriva al cervello quando, arrivati da lui, sto qua si sporge e lascia due bacini sulle guance di Morticia, legando poi il braccio alla sua vita e attirandola un po' di più verso di sé. La guardo, cercando di farle intendere che il caro Ferran è troppo vicino, ma lei non ci arriva, è troppo impegnata a ridere imbarazzata per quel "Estas muy guapa hoy." detto da quel babbuino.

Improvvisamente Morticia sembra ricordarsi della mia presenza, «Ferran, lui è Carlos. Carlos, lui è Ferran, l'inquilino del 13» annuisco, serrando la mascella, e gli tendo la mano.

«È un sogno conoscerti, ti seguo da quando eri in Toro Rosso» i suoi occhi sono così felici, ma questo non riesce a farmi sciogliere. Continua ad essere troppo attaccato a Morticia.

«Grazie. Ora vado a salutare gli altri» dico diretto, allontanandomi senza dare modo a nessuno dei due di continuare un discorso.

Ho il sangue al cervello, la rabbia che mi brucia alla bocca dello stomaco e la gelosia che mi scorre prepotentemente nelle vene. Quel pallone gonfiato era troppo confidente con lei ed era anche troppo vicino, molto troppo per farlo davanti a me. Ma la cosa peggiore è stata vedere come lei non si rendesse conto di nulla, è ceca quando fa cosi, e anche ingenua. Sul mio viso c'era scritto a caratteri cubitali che la gelosia mi stava mangiando da dentro e si vedeva anche che lui ci stava provando spudoratamente, che poi chissà quante volte ci ha provato con lei in queste due settimane, solo all'idea rabbrividisco. La mia Tish con un altro ragazzo, che brutta visione.
...

«Che ci fai qua fuori Ci

Scuoto impercettibilmente la testa e mi giro verso di lei, «Facevo una chiamata. Torno a Surrey» noto la sua espressione rabbuiarsi, ma non riesco a provare dispiacere, sono troppo preso male per la gelosia.

«Come? Di già?» sussurra, non guardandomi nemmeno in faccia.

«Ho delle cose da fare» resto vago. Non ho nessuna cosa da fare in Inghilterra, avrei tanto da fare qua...con lei.

«Quando parti?»

È sbagliato mentirle, eppure «Domani mattina».

«Stai scappando, Carlos? Hai paura di stare a Madrid ora?» chiede, incrociando le braccia sotto al seno.

Le giro intorno, andando vicino al portone e faccio un respiro profondo, «Non è come pensi Morticia...ora vado.» imbocco le scale e, senza girarmi, lascio che il portone si chiuda alle mie spalle.

Non posso rimare qua a Madrid, vicino a lei, quando ho deciso di lasciarla mi sono ripromesso che, anche se fossi tornato a casa e l'avessi rivista, non ci sarei più ricaduto, e questa mia gelosia verso di lei è un chiaro segno del fatto che mi devo allontanare. So come sono quando divento geloso, soprattutto quando divento geloso nei confronti di Morticia e so anche l'effetto che mi fa lei; finirei solo per andarci a letto, così da dimostrare a quel pallone gonfiato che lei è solo mia, ma poi me ne pentirei perchè se l'ho lasciata un motivo c'è e io non torno sui miei passi. Quindi la scelta più giusta è tornarmene in Inghilterra e fingere di non averla mai rincontrata, tornando a vivere la mia vita normalmente. Sto scappando, ha ragione lei, ma lo sto facendo per tutti e due.

fine pov Carlos

Quedate por amor. ~Carlos Sainz~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora