Capitolo 11

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"Se la notte
è nera
è perché nulla
possa distrarci
dai nostri incubi"
BILL WATTERSON

Le urla di Edoardo risuonano ovattate nelle mie orecchie mentre con forza mi trascina lontano da lì.
«Vuoi farti ammazzare per caso?» grida, stringendomi il viso tra le mani con così tanta violenza da farmi male.
Respiro con grande fatica portandomi una mano al petto dolorante.

«Bene, il problema non esiste più» Carlos sghignazza, riponendo la pistola nel vano portaoggetti della sua auto.
«Tu sei fuori di testa, cazzo. Hai appena ucciso un fottuto ragazzino!» sbraito a pochi centimetri dal suo viso.
Incastra i suoi occhi nei miei sbuffando un'enorme nuvola di fumo sulla mia faccia, fa scoccare la lingua sul palato poggiando le mani sulle mie guance bollenti.

«Hai qualcosa da ridire hermano? Sembri un santarellino del cazzo e sinceramente inizi a farmi innervosire.
Sai come funziona questo mondo e o sei dentro o sei fuori. Scegli tu e mi raccomando scegli bene perché di solito chi decide di stare fuori non vive così a lungo da raccontarlo» schiaffeggia rumorosamente le mie gote per poi voltarsi in direzione dei suoi uomini.

«Ottimo lavoro ragazzi. Direi che è ora di festeggiare perciò andiamo a scolarci qualcosa di forte» mi osserva un'ultima volta con uno sguardo amareggiato, quasi deluso.
Peccato che non capisca che la vera persona delusa qui, sono io.
Ho appena visto il mio migliore amico uccidere a sangue freddo, vantarsi delle sue gesta rivelandosi per quel che è.
Un mostro.
L'esatta fotocopia di un padre che odiava e ripudiava con tutto se stesso.

Li osservo camminare velocemente in direzione delle loro auto, non li seguirò.
Ripenso alle parole che mio fratello ha pronunciato al mio orecchio prima di andarsene via insieme a loro.
"TI CONVIENE OBBEDIRE E INIZIARE A FARE L'UOMO SE NON VUOI CHE LA PICCOLA MIRIAM SOFFRA"

Maledico me stesso per essere piombato in questa situazione di merda, ma soprattutto per aver messo in pericolo Miriam.
Se soltanto non mi fossi innamorato di lei non correrebbe alcun rischio ora.

Mi incammino a piedi verso il primo bar che scorgo tra i vari palazzi.
L'aria già pesante di Roma ora sembra irrespirabile a causa dell'ansia che tira pugni nel mio stomaco.
Prendo posto ad un tavolino appartato ordinando due Whisky con ghiaccio.
Mi guardo intorno osservando il locale in ogni sua angolazione.

Grandi vetrate illuminano la sala su cui sono situati una decina di tavolini bianchi.
Il bancone di legno è provvisto di ogni tipo di alcolico.
La barista sorride sorniona a tutti i clienti del bar, facendo svolazzare i lunghi capelli neri.
Vari tatuaggi le colorano le braccia donandole un aspetto sensuale e facendola sembrare più grande di quel che è.
Avrà più o meno diciotto anni.
Il suo sguardo inespressivo ricorda vagamente quello della mia Miriam.

Mi avvicino cautamente, sedendomi comodamente sullo sgabello di legno posto davanti al bancone.
«Due Whisky con ghiaccio» poggio un gomito sulla superficie tiepida che ci divide, pronunciando quelle parole con voce roca.
«Si, ho già preso la tua ordinazione. Il cameriere stava per portarteli al tavolo» risponde, senza neanche degnarmi di uno sguardo.
Deve essere davvero stanca di fingere davanti a tutta questa gente.
Stasera la consolerò un po'.

«Voglio che sia tu a servirmi» mi avvicino ancora di più al suo viso, iniziando a respirare il suo profumo di ciliegia.
«Ecco a te» batte entrambi i tumbler di vetro sul bancone provocando un fastidioso tintinnio.
Alza leggermente la testa per guardarmi in faccia.
I suoi occhi verdi spiccano sul suo viso pallido.

Somiglia davvero molto alla mia Miriam.
«Uno è per te» spingo il bicchiere lentamente lasciando che finisca tra le sue mani.
«Non posso bere, sto lavorando» stavolta mi fissa senza pudore lasciando scivolare gli occhi su tutto il mio corpo, in parte coperto dal bancone.

L'inferno in noi 2 {CAOS}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora