Capitolo 25

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"Arrendersi è facile,
è quasi un sollievo, un riposo.
Mentre rialzarsi
richiede di stringere i denti,
di resistere al dolore,
alla fatica, alla disperazione.
Richiede sforzo, coraggio,
un animo impavido
e una grande speranza"
FRANCESCO ALBERONI

«Perché Miriam?
Perché devi rendere tutto ancora più complicato?
Porca puttana, non capisci che così peggiori solo la situazione?» grido, avvicinando il mio viso al suo.
Sono così incazzato.
Sento la rabbia bruciare come fiamma viva all'interno delle mie vene mentre osservo la donna della mia vita trafiggermi con le sue iridi chiare.
Non ce l'ho con lei.

Ce l'ho con chi ha iniettato una quantità infinita di dolore nei suoi occhi, sono incazzato con chi le ha spento il sorriso.
Me lo sentivo.
Mentre la possedevo, sentivo che silenziosamente mi stava dicendo addio.

«Miriam non possiamo tornare al punto di partenza.
Non puoi mollare, cazzo» grido ancora, stringendo le sue guance tra le mani.
Non mi guarda, fissa un punto indefinito alle mie spalle mentre lacrime salate scendono a fiumi dai suoi occhi per poi riversarsi alla base del suo collo.

«Axel, io non ce la faccio più.
Che razza di vita è questa?» biascica, strattonando energicamente il mio braccio destro.
«È la nostra vita, Miriam.
È un fottuto casino, ma è la nostra vita»

«Inizio ad odiare tutto questo e ho bisogno di mollare la presa, altrimenti...» balbetta, incastrando finalmente le sue iridi verde smeraldo nelle mie.
«Altrimenti cosa?»
«Altrimenti inizierò ad odiare anche te» sussurra, accarezzando in maniera morbosa la mia guancia arrossata.

«Quindi vuoi andartene?
Vuoi lasciarmi solo un'altra volta?» domando, sentendo il cuore scoppiare in preda ad un intenso dolore.
«Tu non sarai mai solo, ma ho bisogno di andarmene Axel.
Ho bisogno di saperti al sicuro» afferma, dando voce ad una marea di stronzate.

«Ah, fanculo Miriam.
Sono tutte cazzate.
La verità è che non mi ami abbastanza per continuare a lottare.
Preferisci scappare come una fottuta codarda invece che restarmi accanto.
Sai che c'è?
Vaffanculo.
Vattene» urlo, allontanandomi da lei.

Sferro un pugno contro la parete, cercando di incanalare in quel gancio tutto il dolore che provo in questo preciso istante.
«Axel, non fare così.
Ti prego, cerca di capirmi»
«Cosa cazzo dovrei capire?
Dovrei dirti "grazie"?
Vattene Miriam, non te lo ripeterò un'altra volta» grido, osservandola con lo sguardo iniettato di rabbia e pura cattiveria.

«Ti prego, non lasciamoci così.
Non odiarmi, per favore.
Axel, non farlo» balbetta, cercando di avvicinarsi a me.
«Stai lontana da me.
Sei una fottuta egoista.
Ti odio. Ti odio, cazzo» sferro l'ennesimo pugno contro la parete gelida; osservo le mie nocche sanguinare senza riuscire però a placare l'enorme dolore che mi comprime il petto.
«Vuoi andartene, cazzo?» grido ancora, strattonandola per un polso.
Mi avvicino alla porta per poi aprirla e spingere Miriam fuori da qui.

Mi prendo qualche istante per osservarla un'ultima volta, i suoi occhi mi bruciano addosso come lava.
Tiene le mani strette a pugno lungo i fianchi mentre gocce salate bagnano le sue guance rosee.
Cerco di catturare con la mente ogni suo più piccolo particolare, per l'ennesima volta voglio stampare il suo ricordo nella mia testa e tenerlo lì per sempre.

«Ti amo, Axel» sussurra, facendo un passo indietro.
Non rispondo.
Non ce n'è bisogno.
Lei sa perfettamente quanto la amo così come sa che per lei avrei ribaltato l'intero universo.
Eppure ha deciso di andarsene, ha preferito fuggire da me.

Richiudo con un tonfo la porta alle mie spalle, lasciandomi rovinosamente scivolare a terra.
Di nuovo solo.
Nuovamente privato dell'unica persona capace di farmi battere il cuore.
Le ho urlato in faccia il mio odio, le ho sputato addosso tutta la mia rabbia.
La verità, però, è che io non la odio affatto.
Non riuscirei mai a farlo.

L'inferno in noi 2 {CAOS}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora