Capitolo 15

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"L'amore
non sta nell'altro,
ma dentro noi stessi.
Siamo noi
che lo risvegliamo.
Ma, perché questo accada,
abbiamo bisogno
dell'altro."
PAULO COELHO

«Axel, no.
Non posso» cerca di divincolarsi dalla ferrea stretta in cui l'ho racchiusa, ma non glielo permetto.
«Miriam, per favore.
Ho bisogno che tu stia zitta per qualche cazzo di secondo» biascico, annusando il suo shampoo al cocco.
Lascio che quel profumo mi trapassi le narici e si infili dritto nel cervello, mandandomi fuori di testa.

Sbuffa rumorosamente prima di arrendersi e circondare i miei fianchi con le sue esili braccia.
«Che succede Axel?» sussurra al mio orecchio scatenando una tempesta nel profondo del mio cuore.

Come faccio a dirle cosa succede?
Come posso raccontarle in quale cazzo di casino mi sono cacciato?
E, soprattutto, come posso confessarle che senza di lei io non sono niente?
Che mi ammazzerei se quei figli di puttana la sfiorassero con un dito?

«Niente, non succede assolutamente niente» mento, sollevandola delicatamente per i fianchi per poi poggiarla sul letto.
«Posso restare con te stanotte?» poso le mani sulle sue ginocchia coperte da un pigiamone viola.
Aggancio i miei occhi nei suoi lasciandomi ammaliare dalle sue iridi color smeraldo mentre, il mio cuore impazzito, prende a pugni la gabbia toracica donandomi delle piccole fitte di dolore.
Un dolore piacevole, quello che ti coglie quando i sentimenti prendono il sopravvento.

«Non mi sembra una buona idea, Axel.
Ogni volta che ci troviamo nella stessa stanza finiamo a letto insieme; lo sai meglio di me questo.
E fare l'amore ci porterebbe soltanto dolore» l'insicurezza traspare dalla sua voce facendole vibrare le corde vocali.
«Non ti sfiorerò neanche con un dito, lo prometto.
Dormiremo come una qualsiasi coppia di amici, d'accordo?» la spintono leggermente per prendere posto accanto a lei.

«E va bene, ma hai promesso.
Come amici» afferma, sorridendo timidamente.
«Allora, come hai passato questo periodo a Valencia?
Cosa hai fatto?» le chiedo, rendendomi conto di non sapere nulla sui mesi che ha trascorso lontano da me.

«Ho pianto, ho pianto tanto.
Ho maledetto me stessa ogni singolo giorno per la morte di Carla.
Ho maledetto te.
Ti ho maledetto per avermi ridotta uno straccio, per aver cambiato così radicalmente la mia vita.
Ero arrivata al punto di non riconoscermi più.
Provo così tanta rabbia che ho paura di me stessa e di ciò che sarei capace di fare» confessa, perdendosi con lo sguardo in un punto indefinito della stanza.
Poso delicatamente una mano sopra la sua, stringendola sempre più forte.

«Mi dispiace di averti rovinato la vita.
Ti chiedo scusa per essermi innamorato di te, per averti trascinata sul fondo.
Tu meriti il meglio dalla vita e questo significa che è meglio che io non ne faccia parte.
Non avrei mai voluto metterti in pericolo, piccola Met» ammetto, sentendo il nodo alla gola stringersi sempre di più.

«Cosa stai dicendo?
Tu non mi hai mai messa in pericolo e, per quanto possa sembrare assurdo, non mi pento di averti amato con tutta me stessa» accarezza con dolcezza la mia guancia mantenendo un contatto visivo.
«Mi hai fatto male, tanto male ma al tempo stesso mi hai regalato un amore indescrivibile e questo non lo dimenticherò mai.
Non c'è spazio per noi due su questo mondo ma, nonostante sia finita, tu per me sarai sempre il significato della parola amore» asciuga con il pollice una lacrima dal mio viso, battendo poi un leggero colpo sul materasso.

«Ora dormiamo, ok?» sbadiglia, voltandosi dall'altro lato.
«Posso almeno abbracciarti?»
Non risponde, stringe la presa sul mio polso trascinando il mio braccio sul suo fianco sinistro.
L'incastro perfetto.

La stringo a me godendomi quella che, probabilmente, sarà la nostra ultima notte insieme.
La scoperei immediatamente, ma le ho fatto una promessa e ho intenzione di mantenerla.

L'inferno in noi 2 {CAOS}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora