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Ho in mente la scena di Ghost Rider. Il diavolo arriva con una proposta allettante, una goccia di sangue è il patto è stipulato, senza chiarire le clausole.
Più o meno mi sento di vivere la medesima situazione.
Bevo un altro sorso del cocktail e prendo la sua mano.
Evito di guardare la sua espressione trionfante, e ci posizioniamo al centro della pista, seguito da altre coppie.
Mette una mano alla base della mia schiena e di nuovo una serie di brividi formicolano sotto pelle. L'altra prende la mia tenendola morbida a metà altezza. C'è poco spazio a separarci e sarà per il clima afoso di Los Angels, ma fa troppo caldo.
Ondeggiamo a tempo della musica e i miei nervi si distengono lentamente.
Voglio dimenticare la paura che ho provato pochi minuti fa e concentrarmi solo ad adesso.
Odio sentirmi debole e incapace di difendermi.
Se Malik, quest'uomo che tutto è tranne che un angelo, non fosse corso in mio aiuto... No, devo smettere di ripensarci.
Chiudo gli occhi e poggio la testa contro la sua spalla, voltando il viso verso di lui.
Odora di spezie, fumo e whiskey, una combinazione che da alla testa.
La mano sulla mia schiena, risale il tessuto dell'abito, arrivando alla pelle scoperta.
"Sei stanca?"
"Di cosa? Sa, è una frase al quanto generica."
"Allora dammi una risposta generica."
Scuoto la testa e potrei giurare di averlo avvertito trattenere il respiro.
"Si, sono stanca."
"Se vuoi posso prenderti in braccio."
"Gesto cavalleresco, ma fuori luogo. Cerca di prendere in braccio ogni donna che salva da un'aggressione per caso?"
Fa pressione, spingendo il mio corpo più vicino al suo, azzerando ogni distanza.
"Solo quelle che mi mandano a fanculo."
Rido, è abbastanza bravo a fare battute sarcastiche, nonostante le apparenze e l'aria intrisa di pericolo che lo circonda.
"E sono tante?"
"Gelosa?"
"Di cosa? Di te? Dopo questa sera, pensa di trovarmi sotto l'albero di Natale?"
Silenzio.

Giro su me stessa e mi impedisce di completare il giro, premendo il suo petto contro la mia schiena

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Giro su me stessa e mi impedisce di completare il giro, premendo il suo petto contro la mia schiena.
Entrambe le mani, incatenano le mie e scivolano sul mio addome, prolungando quella sensazione che si fa larga dentro di me.
Le sue labbra sfiorano il mio collo e quasi rido, per il leggero solletico che l'accenno di barba mi provoca.
"Il tuo profumo..."
"Cosa?"
"Mi dá alla testa, non riesco a liberarmene."
"Per un solo giorno in cui ci siamo visti?"
"Un giorno... cos'è, frutti rossi e forse gelsomino."
"Complimenti per l'olfatto."
"Riuscirei a riconoscerlo ovunque."
"Penso di non essere l'unica ad usarlo."
"Forse, ma sei l'unica che ho impresso nella mente."
Per quanto sembrassero vere le sue parole, imponevo a me stessa di non credergli. Essere una femme fatal, era un immagine lontano un miglio da me.
"Le tue parole sono come miele, ma dovresti sapere che un consumo eccessivo può provocare spiacevoli controindicazioni."
"Giochi a fare il dottore anche adesso?"
"Gioco ad essere realista, sognare ad occhi aperti, non fa per me."
"E come fai a saperlo? Hai mai desiderato di più?"
Come faceva quest'uomo a capirmi nonostante fossimo due estranei. Ovvio che volevo di più, ma non per me, per Eleonor. Volevo renderla felice, portarla con me in vacanza, regalarle tutti i giocattoli che scriveva a Babbo Natale, evitarle di avere a che fare con la gente, gli strozzini.
Sentivo quel peso sulle spalle ogni giorno della mia vita, ma per me, avevo mai desiderato qualcosa che non potevo avere?
"Megan..."
Torna a voltarmi e i nostri nasi si sfiorano.
Basterebbe un leggero movimento per azzerare completamente la distanza tra noi.
"Dimmi cosa vuoi..."
"Puoi darmi davvero quello di cui ho bisogno?"
"Io ottengo sempre quello che voglio."
Quasi dimenticavo.
Una coppia ci urta, spezzando il momento.
Guardo sopra il bancone del bar. Mezzanotte passata.
"Malik..."
Sorpreso dal sentirmi pronunciare il suo nome, non riesco a decifrare l'espressione sul suo viso.
Gli accarezzo la guancia, quella con l'occhio marrone. Mi alzo leggermente sulla punta dei piedi e unisco le nostre labbra in un bacio casto.
"Voglio te, stanotte."
Il mio contratto era finito. Non ero più la donna ai piano, nè la cantante. Ero Megan, una ragazza che per una volta voleva sbagliare e smetterla di essere perfetta agli occhi degli altri.
"Andiamo." La sua voce, è uscita più roca e profonda rispetto a poco fa e il mio cuore inizia a palpitare ad un ritmo irregolare, quasi volesse sfondare la gabbia toracica.

" La sua voce, è uscita più roca e profonda rispetto a poco fa e il mio cuore inizia a palpitare ad un ritmo irregolare, quasi volesse sfondare la gabbia toracica

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Prende la mia mano e mi trascina verso l'uscita.
Non la lascia nemmeno una volta saliti in macchina e le palpitazioni sono solo peggiorate.
Torniamo in albergo e quasi corre verso l'ascensore è una volta dentro, schiaccia il piano della stanza e poi vengo spinta contro la parete.
La sua bocca divora la mia. Le sue mani si perdono nei miei capelli, rovinando quel che rimaneva dell'acconciatura.
Cerco di prendere aria, ma la sua lingua me lo impedisce.
Schiaccia il suo corpo sul mio, avvertendo la sua eccitazione. Le mani stringono il mio sedere e mi scappa un gemito.
Era la prima volta che provavo emozioni così forti, per un estraneo.
Trattiene un verso, e quasi mi sembra di sentirlo ringhiare.
Una mano scivola sul davanti e scosta la stoffa del vestito e poi quella del mio intimo. Un dito mi accarezza dove non avevo permesso mai a nessun uomo di toccare. Le gambe mi tremano e come se non bastasse inizia a mordicchiare la pelle sul mio collo.
Stringo la camicia sulle sue braccia, e quando un dito scivola in me, penso di arrivare a graffiare anche la sua carne con le unghie.
Reclino la testa indietro e il respiro si fa più affannoso.
"Sei già così bagnata, ma anche dannatamente stretta che penso di venire solo per questo neo pantaloni."
"M-Malik..."
"Si, chiama il mio nome canarino, cantalo con quelle delizie labbra, urlalo se vuoi."
"C-ci sono telecamere qui."
Torna indietro e spinge più dentro, costringendomi a poggiare la fronte contro la sua spalla e la vedo, la mano muoversi.
"Ti sovrasto abbastanza da non mostrare nulla di te."
"T-ti prego."
"Cazzo, se non entro dentro di te immediatamente, giuro di spaccare quella telecamera e fotterti nell'ascensore."
Stringo le gambe al pensiero, e sembra gradire quel movimento.
La campanella finalmente suona. Mi solleva da terra continuando a baciarmi e quando tocco terra armeggia con la tessera che apre la porta, imprecando per non inserirla correttamente.
La luce diventa verde ed entriamo.
Le sue labbra sono ancora vicino alle mie, e cerca di riprendere un minimo di controllo.
"Quando la porta sarà chiusa, non avrai vie d'uscita Megan, ti do l'ultima possibilità di avere ripensamenti."
"Non avevo detto che ottieni sempre ciò che vuoi?"
"Si, ma violentare una donna va contro i miei principi."
Quindi aveva dei principi.
Chiudo gli occhi, quando sento di nuovo il suo tocco accarezzarmi le braccia. Questo era qualcosa che volevo io.
Sbottono la sua camicia e la porta si chiude. Riprende a baciarmi e quando il pezzo di stoffa cade per terra, mi stacco per vedere meglio i suoi tatuaggi e le sue cicatrici.  Sono tutte grandi, e dovute ad un'arma. Alcuni disegni ne coprono la gran parte e mi perdo ad osservare quei fulmini sul suo petto.
Cerco di toccarle,ma afferra saldamente la mia mano.
Ci guardiamo ancora negli occhi, e mi perdo in quel contrasto così tetro, illuminato solo dai raggi lunari.
"Fanno ancora male."
Non rispondo, mi allontano solamente e spinta da un coraggio e una sicurezza estranei a me, slaccio  le spalline dell'abito che lentamente scivola dal mio corpo, mostrando i seni scoperti e la cicatrice che ha tagliato la mia pelle da sotto quello destro fino al fianco.
Era il primo a vederla, oltre mia nonna, nessuno sapeva della sua esistenza. Il suo sguardo indugia sui seno, ma percorre più lentamente la pelle di colore diverso.
"Come..."
"Una storia troppo lunga, per una notte così breve."
Gli torno vicino e prendo la sua mano, sentendomi ancora inebriata da quel coraggio.
La poggio su quel brutto segno e sospiro lentamente.
"Il dolore, è presente costantemente, la ferita può essere sanata, ma noi sappiamo a quali ricordi essa è legata."
Riprovo e al mio tocco trema, affascinata dall'effetto che ho su di lui.
Le accarezzo lentamente e quasi mi sembra di controllare ogni suo respiro, prima che torni a divorarmi le labbra e a spingermi gentilmente sul letto.
Mi sovrasta e lo guardo negli occhi, attraversati da uno strano luccichio. Tocco anche la cicatrice sul suo viso e bacia il palmo della mia mano, facendomi sentire venerata.
"Cosa mi stai facendo Megan..."
"Ti sto toccando."
"E tu non sai quale significato ha per me, canarino."
"Vuoi dirmelo?"
Morde il polso, facendomi sussultare.
"È una notte troppo breve per parlarne, ora voglio solo entrarti dentro e affondare in te facendoti urlare il mio nome."
Di nuovo quel formicolio in mezzo alle gambe.
"E credimi quando ti dico che lo farò più volte."
Ero caduta in un accordo con il diavolo, e se ci sarebbero state conseguenze, ci avrei pensato l'indomani, tra una settimana, o tra mesi.
Ora, volevo lui.

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