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Mordicchiavo le pellicine e sbattevo il piede per terra.
Il professore di biotecnologia parlava, io scrivevo perfino gli appunti, ma a testa era da tutt'altra parte.
Durante tutto il tragitto verso Harvard, continuavo a guardarmi intorno, risultando agli occhi degli altri, una pazza in preda ad una crisi.
Non avevo visto Trix, e da un lato era stato meglio, avrebbe capito subito il mio turbamento.
Di solito era una persona razionale. Cadevo nel panico solo durante i temporali. Era diventata la mia paura, perché la notte dell'incidente, quando guardavo i corpi privi di vita dei miei genitori, c'era un temporale in corso e, ogni volta che pioveva in modo violento, non chiudevo occhio e in casi gravi venivo presa da un attacco di panico.
L'unico modo per calmarmi era la musica a palla nelle cuffie, o restare sveglia e tremante fin quando non passava.
Odiavo essere debole, ma uno psicologo costava troppo e poi pagare qualcuno per sentire la mia tristezza, no grazie.
Forse adesso, avrei avuto anche la fobia dei tulipani.
La campanella suona.
Resto seduta fin quando non escono tutti, perché temo che questa sottospecie di stalker si trovi anche qui.
Se solo ricordassi qualcosa, un minimo dettaglio, ma quello stronzo di merda mi aveva sbattuto così forte la testa da causare un blackout.
Poggio la fronte contro il banco.
Impongo a me stessa di non avere un crollo emotivo. Sono esausta, fisicamente e mentalmente.
Faccio questa vita appesa al filo di un rasoio da undici anni quasi. Annaspo sotto la superficie dell'acqua per salire in superficie in cerca di ossigeno, e ogni volta qualcosa mi tira a fondo, portandomi nuovamente in apnea.
"Fanculo."
Salto il pranzo, ho lo stomaco chiuso, anche solo per pensare di mangiare qualcosa.
Cerco un posto tranquillo, quasi impossibile per tutti gli studenti che si riversano in cortile, voglio stare sola, nonostante lo stalker, non penso di ritrovarmelo qui.
L'ambiente è decisamente diverso dal ristorante di uno strozzino pappone. Ero terrorizzata anche dal signor Harleen, il silenzio del telefono, delle minacce, potevo prenderlo come un segno positivo?

Raggiungo le scale esterne, all'ombra del sole, quelle del vecchio edificio dove vengono conservati gli attrezzi della palestra.
Salgo la prima rampa e mi siedo sugli scalini della seconda, poggio le spalle al muro e guardo lo squarcio di Boston, mettendo una cuffietta all'orecchio.
Parte Bloody Mary di Lady Gaga e canticchio insieme a lei, azzardando il ritornello ad alta voce. Devo schiarire la mente, peccato che la mia solitudine è falsa.
"Hai una bella voce."
Sussulto e guardo il mio interlocutore. Ryan Prescott.
"Non era mia intenzione fartela sentire."
"Calma, vengo in pace."
"Tu. Cos'è staccato dal gruppo dimostri di avere un alter ego? Penso che uno psichiatra puoi permetterlo."
Ride. Probabilmente questa è la prima volta che lo vedo ridere. Alto, ovviamente allenato, biondo, con occhi verdi, e futuro avvocato nella ditta di famiglia.
Si dice che suo padre non abbia perso una causa e che la sua copia di fronte a me, avrà un futuro simile, a detta di Trix, sua compagna di corso.
"Stai giocando in difesa."
"E tu non hai motivo di parlare con me. Molly potrebbe fare i capricci e isolarti."
"Molly non comanda la mia vita, forse quella del suo ragazzo, ma non la mia."
"Spontaneo sarebbe domandarti perché allora li frequenti, ma sinceramente, non mi interessa più di tanto."
Faccio per andarmene, ma prima di scendere le scale mi richiama.
"Io vengo spesso qui sai? Finiremo per incontrarci."
"Dovrò cambiare posto. Peccato, questo mi piaceva, c'era un bel panorama, fino a poco fa."
Accenno ad un sorriso, falso, e me ne vado, anche se sento il suo sguardo seguirmi. Evito di girarmi, potrebbe accresce l'orgoglio già largamente sviluppato.

Arriva un messaggio, da parte di Trix.
"Dove diavolo sei?" Sembrava strano anche il suo silenzio, quasi pensavo che non le importasse di me.
"Cortile."
"Chiama un cecchino e digli di uccidermi."
"Perché vuoi morire stavolta?" Amava essere drammatica.
"Economia..."
"Chiamo un cecchino."
•••
Esausta dalle infinite ore di anatomia mi avvio alla fermata. Trix ha altri corsi da seguire, ci sentiremo più tardi.
La mia tensione è leggermente diminuita, ma rimane presente. Continua a stare in allerta, casomai compaia un altro tulipano dal nulla, qui non sono esattamente diffusi come in Olanda.

Entro nel cortile della scuola di Eleonor e aspetto insieme agli altri genitori, quando la signora Haugh, si avvicina a me. Nulla in contrario sul socializzare, ma conosco la donna. Devota cristiana che si reca ogni domenica a messa, potrebbe fare da spot pubblicitario a qualche azienda per la madre perfetta, in ambientazione post seconda guerra mondiale.
"Signorina Moore, era da un po' che non si vedeva."
"Già, impegni scolastici."
"Immagino." No, non può immaginare.
"Senta vorrei discutere con lei di un piccolo problema."
"È successo qualcosa?" Mostra quasi il suo lato più dispiaciuto.
"Eleonor ha litigato con mia figlia Popeh, dice che sua sorella le abbia rotto una bambola."
"I giocattoli non si portano a scuola o sbaglio?"
"Non è questo il punto. Lei ci teneva tanto a quella bambola." Si, certo, immagino. A undici anni quasi penso che i ragazzini al giorno d'oggi sappiamo usare meglio di me la tecnologia, ma la sua no, gioca con le bambole.
"Parlerò con Eleonor per sapere cosa sia successo, le risarcirò la bambola se vuole, ma se si aspetta che io sgridi mia sorella senza prima aver sentito anche la sua campana di sbaglia. In caso potremmo portare la cosa alla dirigente, un disturbo futile penso, lei non trova?"
La maschera della perfetta moglie di crepa leggermente.
"Aah, deve essere difficile."
"Cosa di preciso?"
"Essere madre, lei di certo non può dare la giusta educazione a sua sorella."
Sono un tipo pacifico. Evito gli scontri, resto zitta, subisco, ma quando toccano la mia famiglia, i miei genitori, esce un lato di me quasi spaventoso.
"Senta, cercherò di non offenderla, ma la prego di farsi i cazzi suoi. Come cresco mia sorella, non è affar suo. Più di un ispettore ha trovato Eleonor in buone mani. Sono la sua unica famiglia, e cerco di non farle mancare niente e di renderla felice, ma se osa anche solo minimamente riprovare ad aprire questo argomento con me, potrei diventare sgradevole, e vorrei continuare ad essere un modello da seguire per lei, se permette."
So che vorrebbe fare una scenata, ma sguardi curiosi ci fissano, indecoroso per una perfetta moglie e madre.
Se ne indignata, ma penso che due chiacchiere con Lele dovrò farle lo stesso.

Nel frattempo...
Malik

Il signore fissa il foglio e la penna, riluttante sulla generosa offerta scritta li sopra.
"La ferma qualcosa?"
"Avrei voluto avere tempo per informare i miei lavoratori."
"Non è un problema. Il personale rimarrà invariato. Lei potrà dirigere il bar insieme ad un mio collaboratore, fino al pensionamento. L'unica cosa che cambia è che il proprietario sarò io."
"Sa, questo locale è stato tutto per me. Ho iniziato da barista e poi l'ho comprato, ma con la vecchiaia ho perso lo smalto per gli affari. Le chiedo solo di farlo rimanere così, è storico, non per tutti. Vanno di moda le discoteche, ma la mia cantante è altrettanto brava."
Oh, lo sapevo fin troppo bene il talento del mio canarino.
Era quasi stato provvidenziale scoprire che il White Bunny, dove lavorava la notte, fosse in vendita per gli scarsi affari. Era normale che avrei lasciato il personale così com'era, specie una persona in particolare.
"Avrò piacere di constatarlo stasera, se adesso firmerà quel foglio. Porterò alcune persone che come me, gradiscono posti come questo, quindi della buona musica è essenziale, signor Roger."
Tergiversa ancora un po', portanti al limite la mia poca pazienza, prima di firmare quel dannato contratto.
Vorrei sorridere, ora che è mia su un contratto di lavoro, ma risparmio questa gioia per più tardi, quando sarà di fronte a me.
Mi gusterò ogni sua singola espressione, specie quando capirà che da me non si scappa, e che non potrà mai farlo, dato che il suo debito ora è intestato al sottoscritto.
I soldi però sono l'ultimo dei miei pensieri, sono un pretesto, per legarla a me. Saprà il mostro che sono, ma dovrà accettarlo, o potrei tranquillamente rapirla e chiuderla in casa mia, di certo sono più preparato rispetto a quegli idioti con cui aveva a che fare.
Stringo la mano al suo vecchio capo.
"È stato un piacere Roger, a stasera dunque."
A stasera canarino.

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