Ho sempre visto il mondo in bianco e in nero. Ci sta il bene e il male. La gioia e il dolore. Eppure mi sembrava di vivere la mia vita costantemente dalla parte oscura.
Avevo avuto poche gioie, e alcune mi erano state strappate lasciando profonde c...
"Allora? Cos'è questa storia della bambola Eleonor Moore?" Sapeva perfettamente che dire nome e cognome, significava solo guai. "Sono innocente." "Se i giudici dovessero credere a chiunque si dichiari così, i carceri a quest'ora sarebbe vuoti e pagheremmo tasse inutili." Arriviamo all'ospedale, ma prima di entrare deve svuotare il sacco, perché nonostante ancora non avessi sentito la sua versione, la signora d'America era già stata messa al suo posto. "Eleonor?" "Ha detto che io non sarò mai felice, perché non ho né la mamma né il papà. Ha detto che loro mi hanno abbandonata perché non mi volevano." Ha le lacrime agli occhi, mentre io stringo in un pugno la mano libera dalla sua. Parla con me di come educare mia sorella, ma sembra che abbia più panni sporchi lei da lavare in casa. "Meg?" Ammetto che a volte, quando sento certe cose, una parte di me si spegne e vorrei solo picchiare qualcuno. Giusto per dare un assaggio del dolore che provo ogni volta che sento certi discorsi. "Lele. Mamma e papà erano i più felici del mondo quando sei nata. Io ero là e non pensare nemmeno per un instante di dare peso alle parole dette da persone che valgono meno di un insetto. Sei stata il più bel regalo per la famiglia. Sei la mia piccola peste. Sei cresciuta così in fretta davanti ai miei occhi, ma ricordati che loro sono sempre con te, nel tuo cuore, nonostante ti sia mancata l'occasione per conoscerli, per sentire la loro voce o per ricordare i loro volti." Sapevo che per lei non avrei mai preso il loro posto, mi sarebbe stato impossibile, ma di certo aveva il mio totale amore. Asciuga una lacrima traditrice e le prendo un fazzoletto dalla borsa. "Se mai un altro bulletto dovesse dirti certe cose, sei più che autorizzata a rompergli le sue bambole, o puoi picchiarlo." Ride, finalmente. "Anzi no, altrimenti potrebbero dire che sono un pessimo tutore, ignoralo e pensa che le sue parole sono aria al vento. Nessuno a questo mondo può dirti com'è fatta una famiglia, perché anche solo io e te lo siamo." Mi abbraccia e la rabbia sciama. "E la nonna?" "Ovviamente anche lei è la nostra famiglia, ma evitiamo di dirle che mi sono dimenticata di includerla nel mio commovente discorso ad una bambina che sta diventando signorina, potrebbe lanciarmi la prima cosa che le capita tra le mani contro."
Saliamo al suo piano è appena entriamo anche gli pazienti salutano con entusiasmo Eleonor, la loro mascotte. "Guarda un po' chi si vede." "Ciao a tutti." Saluto e vado verso mia nonna. Se ne sta vicino alla finestra e accenna ad un sorriso. I suoi lunghi capelli grigi, sono stati sostituiti da una bandana, gli occhi marroni pieni di vita, ora sono stanchi e contornati da occhiaie. I medici continuano a dirmi che sarebbe meglio sospendere, ma io farei qualsiasi cosa per averla anche solo per un giorno in più con me. Nonostante i suoi anni, ci aveva preso con se, evitandoci di finire in case famiglie o peggio, evitando di dividerci. Probabilmente Lele sarebbe stata subito adottato, ma io, i ragazzini non li vuole nessuno, sono problematici.
Era la madre di nostro padre, l'unico membro della famiglia vivente. La mamma, lei non ha mai nominato i suoi genitori, e mi sono sempre chiesta perché.
"Le mie principesse." Le bacio la guancia, mentre Lele l'abbraccia forte, riuscendo perfino a salire sulle sue gambe, a volte è un koala. "Come stai?" "Mmh tiro avanti, l'infermiera continua a ripetermi di mangiare e di prendere le medicine e di quanto ti arrabbieresti se scoprissi il contrario." "Ottimo, altrimenti potrei trasferirmi qui per controllarti." "Per favore, sono anziana, sono malata, ma la balia no." Beh, è molto testarda. "Va bene. Ti ho preso dei pigiami nuovi, altri cambi e delle pantofole, le tue sono consumate ormai." "Potevo spendere meglio quei soldi." "Questo è il modo migliore." La bacio la fronte e la lascio nelle mani di Eleonor, mentre le sistemo l'armadio. Canticchio, stavolta presa dal buon umore, e mi fermo solo quando vedo la foto che abbiamo fatto qualche anno fa, prima che i debiti ci raggiungessero. "Vieni qui Meg, ci penso io dopo." "Ho quasi fatto." Piego l'ultimo indumento e le vado vicino prendendole la mano. "Come va principessa?" Ho conosciuto un uomo quest'estate, ci sono andata a letto, l'anno scolastico è iniziato e come sempre sono la vittima preferita di Molly. Ah ma c'è una novità, sono stata rapita da quel schifoso di Harleen, voleva che diventassi la sua puttana, poi sono stata salvata e il mio salvatore è anche il mio stalker. "Va, restiamo a galla." "Se solo avessi dieci anni in meno, lavorerei come un mulo per aiutarti." "Ce la faccio, tu pensa a guarire, le polpette che faccio non hanno lo stesso sapore delle tue." "È vero!" "Bene, questo dovevo sapere." Caccia la lingua e sono tentata di farle il solletico, ma la nonna la protegge. Si sono alleate. "Davvero Nana, ce la faccio, tu esci solo da qui dentro, voglio che tu sia presente alla mia laurea." Stringe di più la mia mano e accenna ad un sorriso.
Finito l'orario delle visite abbiamo cenato al Mc Donald e l'ho lasciata di nuovo alle cure di Taylor. Domani devo ricordarmi di prendere una pianta, lei le ama. Prendo il cambio d'abito, questo era di mia madre, una reliquia per i tempi che corrono, troppo semplice per altri, raffinato per me.
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Per l'andata andrò come sempre, al ritorno mi darà un passaggio il pianista, Timothy, ragazzo simpatico, penso che abbia una cotta per me, ma spero di sbagliarmi, lo considero un amico.
Saluto i baristi e i camerieri, e sembra esserci più fermento stasera. Raggiungo il camerino, mi cambio, oso leggermente con il trucco e lascio i capelli sciolti. Vado in sala e vedo Roger vestito di tutto punto. "Abbiamo in occasione da festeggiare stasera?" "Megan, sei splendida come sempre." "Lusingarmi con eviterà le mie domande." "Con te è impossibile. Ci sono delle novità." "Quali?" "Beh, la gestione è cambiata." "Cosa?" Amavo questo locale, nelle mani di Roger era il mio rifugio da quello che c'era li fuori, e adesso... "Calma, non ci saranno cambiamenti sul personale ed io sarò ancora qui." "Ma, pensavo..." "Gli affari non andavano bene e io devo pagare i miei dipendenti. Ho venduto, e stasera avremo ospiti del nuovo proprietario. Con la tua voce li ammalierai tutti." "Questa non è la mia preoccupazione principale." Poggia una mano sulla mia spalla. "Lo so, ma io sto bene, basta che il locale non muoia." Era tutto per lui, lo sapevo bene. Mi dispiaceva, tutto qui. "Oh ecco, è arrivato." "Chi?" "Il proprietario." Mi volto e quasi sembra che i miei movimenti andassero a rallentatore. Chiuso in un completo elegante, un uomo camminava come un predatore nella mia direzione. Le mani tatuate, il corpo statuario, le labbra strette, gli zigomi alti con un leggero accenno di barba. Gli occhi, trasmettevano emozioni contrastanti, specie quello segnato dalla cicatrice. I capelli neri tirati dietro dal gel e il mio cuore aveva smesso di funzionare. Doveva essere un sogno, uno dei tanti, ma avevo paura di darmi un pizzicotto per svegliarmi. "Signor Knox lasci che le presenti la mia cantante, è come una nipote per me." Ci fissiamo e davvero voglio che questo sia un sogno. "Megan, il signor Knox, signore, Megan." Alza l'angolo destro del labbro, rivelando quella fossetta. È un sogno, anzi un incubo. "Piacere Megan." Merda.