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Dovevo dire qualcosa, attivare di nuovo le corde vocali e dare impulsi al resto del corpo, ma ero paralizzata.
Sentivo sentimenti contrastanti. Alcuni derivanti da quella notte, altri di panico. Lui si era materializzato di fronte a me, come se avessi strofinato la lampada magica di Aladino.
"Megan, tutto bene?" Ora ricordavo di avere Roger alla mia sinistra, oltre che Malik, il signor Knox di fronte.
"S-si, piacere di conoscerla signor Knox, se volete scusarmi, devo finire di prepararmi."
Scappo, letteralmente, prima ancora che cerchi di rispondermi.
Sento solo un fastidioso fischio e credo di stare per entrare in un attacco di panico. A quanto pare ho una nuova fobia ora, gli uomini che dovrebbero restare ricordi di una notte.
Entro in bagno e fisso il mio riflesso allo specchio. Sarei tentata di sciacquarmi il viso, ma rovinerei il trucco e penso di non essere in grado di rifarlo dato la mano tremante.
Prendo profondi respiri, e chiudo gli occhi.
Devo calmarmi, per quanto fosse difficile.
Da avventura di una notte, Malik Knox, era diventato il mio capo. Conoscere il suo cognome così, non era il migliore dei modi.
Quanto desideravo scavarmi la fossa da sola in questo momento, ma lo show dei andare avanti e che fossero i soldi di Roger o i suoi, lo stipendio mi serviva.
Guardo il mio riflesso.
"Puoi farcela. Siete entrambi adulti e potrete ignorarvi. Lui forse considera quella notte come te, non ti darà peso. Vai fuori, canta e torna alla tua vita. Nulla cambierà."
Sicura di me stessa apro la porta del bagno, ritrovandomi un muro davanti. Alzo lo sguardo e i nostri occhi si incatenano. Prima ancora di parlare afferra il mio polso tirandomi verso la stanza dove teniamo l'attrezzatura del palco. Cerco di parlare, ma chiusa la porta alle spalle, le sue labbra si incollano alle mie.
Tento di spingerlo, con scarsi risultati. La sua mano dietro la schiena preme il mio corpo contro il suo, mentre l'altra non lascia la mia testa, affondando nei capelli.
Lascia un verso animalesco, quando mi scappa un gemito, ma deve smettere. Gli mordo il labbro inferiore abbastanza da dargli fastidio e recuperato un po' di spazio gli tiro uno schiaffo e riesco a spingere con le mani sul suo petto riuscendo di nuovo a capire come respirare.
"Credi di poter fare come ti pare e piace?"
Alza l'angolo del labbro mostrando una porzione di denti e quella fossetta.
"Pensavo che non fossi più timida, ci siamo spinti anche oltre se ricordi bene."
"Ricordo, ma non siamo a Los Angels adesso. Tu non sei un cliente, sei il capo e io non frequento i miei superiori."
"È la prima volta che una donna mi da uno schiaffo. Anzi, è la prima volta che qualcuno lo fa e vive."
"A ognuno le sue prime volte, non trovi?"
Cerca di avvicinarsi, ma glieli impedisco spingendolo di nuovo.
"Megan..."
"Signor Knox, penso che lei debba tornare in sala. I suoi ospiti arriveranno qui a momenti."
"Penso che sia qui per loro?"
Aspetta, cosa? Ingoio a vuoto. Sapeva che lavoravo qui?
"Appena ti ho vista hai mandato in tilt il mio cervello." Ah, ecco.
"Quella dannata notte, mi lasciato con un biglietto. Di solito sono gli uomini a sparire, e io di certo non volevo farlo."
"È stata solo, solo una notte."
"Credi che mi sia bastata?"
"Dovrà farsela bastare."
Io ero una studentessa, lui a quanto pare un imprenditore. Distanti come Venere e Marte, abitavamo su pianeti diversi.
"Dimmi che non hai pensato a me."
"Cosa?" Faceva sul serio? Era piombato nella mia vita e mi domandava se l'avessi pensato in questo tempo?
Erano passati mesi, in cui mi svegliavo accaldata. Il mio corpo in qualche modo ne soffriva e avevo iniziato a... toccarmi. Si aspettava che gli dicessi questo?
"Si goda lo spettacolo signor Knox."
Esco fuori dalla stanza, evitando che riprenda il mio polso e corro nel mio camerino chiudendo la porta a chiave, essendo ignara delle sue intenzioni.
Bene e la calma è andata a farsi fottere.
Merda. Sentivo la testa pronta a scoppiare.
Il rossetto si era sbavato e le labbra era gonfie.
Le tocco, prima di rinsavire e togliere con una salvietta le imperfezioni.
Bussano alla porta e il cuore torna a correre la maratona di New York, prima di calmarsi appena sento la voce di Tim.
"Meg, sei pronta?"
Apro, trovandomi l'amico dai capelli mori, gli occhi verdi e un sorriso rassicurante. Il classico bravo ragazzo, quello che quasi mai riesce a far breccia nel cuore delle protagoniste dei film.
"Si, andiamo."
"Tutto bene?"
"Bene, perché?"  Tocca la mia spalla ed essendo alto quanto me, evita di piegarsi verso il mio viso, ma vuole che lo guardi in faccia.
"Sei rossa, hai la febbre per caso?"
"Figurati, non cado malata da troppo tempo, sono un po' accaldata, devo solo bere un sorso d'acqua."
"Ti prendo una bottiglietta allora."
"Grazie."
Ci dividiamo, e raggiungo velocemente il palco.
Con i riflettori addosso, al momento, sono più sicura.
La sala si riempie. Sembrano tutti ospiti di un certo livello. Persone che in questo bar non sono mai entrate e che mettono in soggezione i soliti clienti.
"Ecco l'acqua." Sorrido in ringraziamento e bevo un lungo sorso, prima di sistemare l'asta con il microfono.
"Meg."
"Si?"
"Sicura che è tutto a posto? Sembri nervosa."
"Sto bene Tim, davvero, e solo... un po' di problemi a casa."
"Nulla di grave vero? Posso aiutarti in qualche modo?"
"Grazie del pensiero, ma ancora me la cavo. Sto bene, te l'ho detto."
Poggia una mano sulla mia spalla, e la stringo con la mia, trovando un po' di sicurezza.
"Visto quanta gente?"
"Già il nuovo capo si è dato da fare in poco tempo, l'hai visto? Sinceramente fa un po' paura, specie per quella cicatrice."
"Dici?"
"Dico, guarda ci sta fissando in malo modo o è un impressione della mia?"
Seguo il suo sguardo e non è solo una sua impressione.
Sorseggia qualcosa, ma guarda me con una tale intensità... temo quasi che i riflettori saltino, eppure lo ignoro. È stata solo una notte.
"Impressione, ora finiamo di preparare."

La serata prosegue tranquilla. Canto, liberando la mente, evitando di guardare dove l'ho visto l'ultima volta.
Facciamo tardi, ma Roger ci libera prima, lasciando ad intrattenere un signore al sax.
Mi cambio e raggiungo Tim all'uscita di servizio.
"Sei pronta?"
"Si, non vedo l'ora di crollare."
"Puoi dormire in macchina se vuoi."
"Ti dovrebbero dare un premio per la gentilezza."
Ride, ma una tosse cattura la nostra attenzione e con una sigaretta alle labbra e la cravatta leggermente allentata, il mio incubo si palesa alla porta.
"Signorina Moore, desolato di rovinarle i piani, ma avrei bisogno di parlare con lei sul suo contratto."
"Possiamo fare un altro giorno signore?"
"Non ci vorrà molto, lo prometto."
Indecisa, mi sembra di essere sul bordo di un precipizio, basta che io perda l'equilibrio e cadrò.
"Ti aspetto Meg."
"Se posso, potrei accompagnarla personalmente, in fondo è colpa mia se la trattengo."
Non fa nulla per nascondere il suo desiderio di mandarlo via.
"Non vorrei disturbarla oltre, andrò con il mio collega appena avremmo finito."
Lascio la borsa con l'abito al mio amico e rientro, tenendo una certa distanza.
Andiamo nell'ufficio, antecedente, di Roger.
Mi apre e lascia che io entri per prima. Evito di sedermi e attendo.
"Il tuo ragazzo?"
"Come prego?"
"Quello lì fuori, è il tuo ragazzo?"
"La cosa non la riguarda mi ha chiamato per via del contratto, parli di lavoro."
Si siede comodamente, al contrario di me è molto rilassato.
"Perché?"
"Perché cosa?"
"Te ne sei andata."
"Buona notte signor Knox."
Vado verso l'uscita, ma da seduto me lo ritrovo dietro di me in un battito di ciglia. Sbatte la mano sulla porta richiudendola e per quanto non mi stia toccando, sento il calore del suo corpo sulla mia schiena e il respiro solleticarmi il collo.
"Pensi che ti lasci andare così?"
"Lei deve lasciarmi andare, o potrei diventare sgradevole."
Sghignazza.
"Non puoi scappare da me Megan."
Il mio nome pronunciato in un sussurro, mette i brividi.
"Sembra che la ferita alla testa non era poi così grave." Sgrano  gli occhi. La gola mi si secca.
No... no,no,no.
"C-come.." la voce trema, conoscendo già la risposta.
"Ti sei chiesta come mai i tuoi amici non ti hanno più cercata Megan? Eh? Hai pensato che avessero cambiato idea? No. Sono semplicemente morti, sei libera da loro." Ora anche le gambe tremano.
Scosta una ciocca dei miei capelli, scoprendo il collo e le sue labbra sfiorano la mia pelle.
"Ma sei incatenata a me. Il tuo debito, ora è mio."
"Chi diavolo sei?!"
"Il tuo incubo, canarino."

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A buon intenditore poche parole 😂
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Manu

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