La terza prova

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C'era agitazione al castello ma Artemisia ne viveva solo in caratteraccio di Piton. Aveva imparato a riconoscere dai modi dell'uomo se ci fosse qualcosa che non andava e la sua espressione da quando aveva aperto la porta era chiarissima.

"Che succede?", chiese distrattamente, fingendo di non essere infastidita dai continui sbuffi dell'uomo che avevano accompagnato l'intero pranzo. "C'è la terza prova del torneo", rispose e Artemisia che era infinitamente curiosa, riuscì a distrarlo facendosi raccontare le prove e le insidie del labirinto.

Passarono il primo pomeriggio nello studio, le lezioni erano sospese quel giorno e Piton si mise alla scrivania a scrivere su un foglio di pergamena. Artemisia invece leggeva: "Noooo", commentò tra sé e sé disperata ma l'uomo la sentì e alzò la testa guardandola interrogativo, lei arrossì leggermente, spesso commentava ad alta voce i libri di narrativa avanzando ipotesi e dialogando da sola con i personaggi. "Che legge?" chiese l'uomo, ormai aveva abbandonato quell'immagine di indifferenza e estrema austerità che aveva con chiunque altro interessandosi veramente alla vita della sua "coinquilina". Lei sollevò la copertina il tempo necessario per fargli leggere il titolo e lui sbuffò divertito scuotendo la testa. "Cos'ha contro orgoglio e pregiudizio?" chiese offesa Artemisia, "nulla ma... è romantico" disse schifato e la ragazza ancora più offesa si stravaccò ulteriormente sulla poltrona tornando a leggere.

"E a che punto sta? Il suo verso disperato a cosa è dovuto?". La giovane si mise nuovamente dritta poggiando il libro tra le gambe accavallate: "Gli ha detto di no! Lui le ha chiesto di sposarlo e lei gli ha detto di no!", spiegò come se fosse un problema irrisolvibile. Lui ridacchiò divertito: "e con questo?", "non può dirgli di no! Lui è così intrigante, misterioso, insopportabilmente sarcastico, con dei modi galanti che fanno sciogliere e poi ci sono quelle rare azioni che stonerebbero con il lersonaggio ma che dimostrano ci sia di più dietro la maschera che indossa". Quando leggeva era sempre così, si legava ai personaggi più enigmatici e spesso anche negativi e ne era completamente affascinata. Lui scosse la testa sorridendo e tornò a scrivere.

Piton se ne andò dopo poco, era stato costretto dal preside ad assistere a quell'ultima prova, e Artemisia rimase sola a leggere fin quando non finì il libro. Vagò per la stanza alla ricerca di un'altra lettura e stava dietro la scrivania a cercare quando voltandosi vide una lettera, non era importante né insolita, lesse la data scritta in fondo "24.6.95". Le diceva qualcosa, era una data importante ne era certa, le risuonava in testa come un martello, all'improvviso le risalì alla memoria e sbiancò.

*

Una noia assoluta, questo era il pensiero di Piton mentre stava seduto sugli spalti. Non si accorse della figura che gli si avvicinava senza essere notata da nessuno, finché sentì una mano sulla spalla e quando si voltò ci mise vari secondi a identificare quel volto che continuava a sfuggirgli come se fosse avvolto dalla nebbia. Si alzò e la seguì senza che alcuno notasse quel movimento.

Appena si furono allontanati abbastanza da non essere visti Artemisia annullò l'incantesimo di disillusione.

"Ma sei impazzita? Se non l'avessi notato eri in mezzo a centinaia di studenti, davanti agli occhi di Cruch" le sbraitò contro alzando il tono di voce, la ragazza temette che la affatturasse per quanto era arrabbiato. "È oggi, risorgerà oggi", disse tremando alle sue stesse parole, Piton divenne mortalmente serio: "e perché di grazia non me l'avevi ancora detto?", "Perché non mi ero accorta che giorno fosse, studio le date degli eventi principali ma-", non riuscì a finire perché il volto del Professore divenne una smorfia di dolore e si portò la mano a stringere l'avambraccio sinistro, non sentiva quel bruciore lancinante da troppi anni, rivisse la guerra in un attimo.

"Professore",  lo chiamò lei preoccupata, lo vedeva con la fronte imperlata di sudore per lo sforzo, la mascella contratta, un ringhio sordo che usciva per impedirgli di urlare. Ciò che gli faceva più male era la frustrazione, la frustrazione di una vita segnata da un errore, dai ricordi che non lo abbandonavano da anni tornati in quel momento più prepotenti che mai. Respirò rumorosamente per calmarsi mentre Artemisia al suo fianco lo guardava dal basso con i suoi occhi verdi preoccupati. Recuperò parte del suo controllo e tornò verso gli spalti, Artemisia si disilluse nuovamente e lo seguì per una parte di strada. Sentirono il padre di Cedric Diggory urlare disperato.

Mostrerò alla Vostra Illustre Signoria ciò che una donna può fareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora