Notte in biblioteca

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Dopo quella conversazione Piton divenne più irascibile del solito, Albus non gli aveva risposto ma lui sospettava le motivazioni dietro e non ne era contento. Non sopportava l'idea di ritrovarsi quella ragazzina lì, al cospetto dell'oscuro, l'anello più fragile in quella catena e il primo sacrificabile, non sopportava che potesse essere costretta a uccidere, che potesse sporcarsi di ombre, sangue ed urla, che potesse essere torturata per un compito non assolto. Si fidava di lei, delle sue capacità, avrebbe potuto sopportare tutto quello, ma lui? Avrebbe rivisto troppo di sé che da giovane aveva commesso il peggiore sbaglio della sua vita, ma l'aveva fatto di propria volontà, non indotto da qualcun altro. Non capiva il perché Albus che l'aveva sempre vista come un pericolo si fosse improvvisamente ricreduto.

Quando la vedeva spensierata con i suoi amici una sensazione di fastidio gli attanagliava lo stomaco, lei non sapeva cosa l'attendesse e non conosceva i piani di quel folle di Albus. La osservava alla mattina in Sala Grande ripetere sui libri ripassando un'ultima volta prima delle lezioni, quello era un anno difficile per lei, aveva gli esami a fine anno e in quel clima causato dal ministero sarebbe stato tutto più pesante.

Quel senso di fastidio lo portò a essere ancora più scostante nei suoi confronti, a trattarla con una tale sufficienza e scortesia che a volte temé gli avrebbe sbraitato contro davanti a tutti ma così non era stato. Si limitava a fulminarlo con gli occhi e mordersi l'interno della guancia per non maledirlo, a volte era capitato che quegli occhi non esprimessero rabbia, lo guardava dal basso in alto, la bocca leggermente schiusa in una muta domanda non espressa per la rassegnazione e quella stessa rassegnazione la portava ad abbassare lo sguardo lontano dal suo e sospirare appena.

Una sera tornando dalla Sala Grande dopo cena si era fermato in biblioteca a prendere un libro dal reparto proibito. Stava girando tra gli scaffali semibui, talmente silenzioso che si sarebbe potuto pensare levitasse a qualche centimetro del pavimento. La biblioteca era vuota, dopo cena tutti tornavano nelle rispettive Sale Comuni, solo una scrivania leggermente in disparte sotto una vetrata era illuminata. Piton non se ne interessò continuando la sua ricerca ma passò proprio lì vicino e si rese conto che la ragazza seduta era Artemisia, addormentata su un libro di trasfigurazioni con la mano sotto al viso e gli occhi stanchi chiusi delicatamente, sembrava serena. L'aveva già vista dormire, era capitato si addormentasse nel suo studio seduta sulla poltrona dopo una lezione particolarmente stancante, non si era però mai soffermato a osservarla. Era tenera, nulla gli ricordava la ragazza determinata, con la risposta sempre pronta e gli occhi vivi di ironia.

Gli mancavano i discorsi con lei dopo cena, gli mancava essere continuamente stupito dalle sue capacità e dal suo acume. Ricordava distintamente una sera: lui era alla scrivania intento a comporre le verifiche e lei vicino al camino stava leggendo un libro di magia avanzata, aveva alzato la testa verso di lui e aveva detto: "Professore ma quali sono i limiti della magia?", lui l'aveva guardata curioso, "La trasfigurazione ad esempio, se si è abbastanza potenti si può modificare la forma, la dimensione, la materia stessa di un oggetto. Per la forma ci troviamo ancora ma con la dimensione? Quando si trasfigura una penna in un ago, dove va la materia in eccesso? E se fosse il contrario allora da dove viene? E quando si fa evanescere o si evoca un oggetto dove va? Da dove viene? E quando si trasforma un oggetto in un animale gli si dà un'anima o è solo un involucro vuoto?", Piton non si era mai posto quelle domande ma ora che lei gliele metteva davanti così non sapeva cosa rispondere: "Immagino che vista da quest'ottica possiamo accettare la verità di Democrito, che la realtà sia fatta di atomi che unendosi a seconda della geometria con cui si aggregano ci appaiono in modo diverso", disse ma Artemisia lo smontò subito avendo già ragionato su quell'ipotesi: "Sì però così non si spiegano diverse cose, esempio stupido: perché non si può evocare cibo ma si può geminare? Poi, tornando alla trasfigurazione in animale se c'è un'anima anch'essa è fatta di atomi? E quindi quando si muore anche questa viene distrutta come dice Epicuro? Se così fosse i fantasmi esistono perché sono persone che scelgono di mantenere la propria anima, e tutti gli altri che fine fanno?".
Artemisia continuava a porre domande di difficile risposta.
"E non è solo la trasfigurazione, anche incantesimi, nell'incanto gemino perché le copie si deteriorano?", Piton ormai era sulla stessa lunghezza d'onda della ragazza: "Incantesimi e trasfigurazioni sono su due piani diversi, la seconda è una materia molto più complessa, Democrito diceva che il movimento caotico è una proprietà intrinseca degli atomi, la trasfigurazione forse riesce a domarla mentre gli incantesimi a lungo andare ne sono succubi".
"Credo anche io che sia così e a questo punto l'incanto gemino, agirebbe per mimesis, copia, come nella verità platonica ma applicata unicamente a questa realtà, e anche secondo Platone la materia ha il movimento che rende la copia imperfetta e ci troviamo", "Si è plausibile". E avevano continuato a discuterne fino a tarda notte...

Era immerso in quei pensieri quando vide la ragazza agitarsi prossima al risveglio, fece alcuni passi indietro poggiandosi contro una libreria, se ne sarebbe dovuto andare ma rimase lì, a guardarla mentre si svegliava. La vide aprire appena gli occhi, lui era dietro di lei leggermente alla sua destra e non fu notato. La ragazza sbatte alcune volte le palpebre, sbadigliò e inspirò profondamente. Si voltò per mettere i libri nello zaino e sobbalzò appena lo vide, imprecò tra sé e sé prima di rivolgersi a lui.

"Non le hanno insegnato che non si fissano le persone mentre dormono?", lo aggredì, era arrabbiata con lui, giustamente. "A lei non hanno insegnato che non si dorme in biblioteca?", Artemisia sbuffò già rassegnata, non voleva parlargli, era una perdita di tempo in ogni caso e lei stava solo peggio dopo. Era perennemente combattuta in sensazioni contrastanti, quando lo vedeva un senso di euforia incontrollato la pervadeva poi però subentrava quel senso di rabbia e delusione e le mancavano le forze e la voglia anche di parlare.

"Allora che ci fa qui?", chiese lei mentre metteva i libri apposto, se lui era lì dopo settimane ad ignorarla doveva esserci un motivo.

"Devo prendere un libro", "Va beh" sbuffò tra sé la ragazza, sperava che volesse parlare, prese lo zaino in spalla pronta a tornare in dormitorio. "Buona serata professor Piton", la osservò andare via senza dire nient'altro.

Mostrerò alla Vostra Illustre Signoria ciò che una donna può fareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora