Cos'è che vuoi?

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Quasi tremava mentre stava davanti a quella porta scura. Era passata prima in dormitorio per posare i suoi acquisti e per cambiarsi, i suoi vestiti si erano inumiditi a causa del clima invernale e al contempo erano troppo caldi per la temperatura che c'era di solito nelle stanze di Piton. Ci aveva messo un tempo infinito a scegliere cosa indossare, aveva valutato anche la possibilità di osare, per provocarlo, ma la situazione le sembrò troppo delicata e inoltre voleva godersi il ritorno a quella quotidianità che avevano vissuto insieme, così aveva messo un jeans largo nero e una camicia bianca a righe azzurre verticali.

Finalmente si decise a bussare, erano quasi le otto, tardi per una cena inglese. Trovò Piton seduto sulla sua solita poltrona, egli si alzò appena la sentì entrare, la squadrò la capo a piedi perdendosi infine nei suoi occhi verdi, si rese conto che l'aveva sempre fatto, l'aveva sempre osservata con attenzione ma non aveva mai prestato ascolto alle reazioni che gli causava.

"Ci hai messo tempo ad arrivare", "Si... sono bassa, ho le gambe corte" cercò di sdrammatizzare essendo già a disagio. "Sei proporzionata..." la rassicurò, "Ti sei cambiata", "I vestiti erano umidi" spiegò con un tono di scusa, Piton si avviò verso in tavolo già apparecchiato, "Stai bene". Arrossì di colpo, i complimenti di Piton avevano tutt'altro effetto rispetto a quelli di Gabriel, "Ah, ehm, grazie" si sentiva una ragazzina alle prime armi ma lei non lo era, aveva avuto una relazione importante durata due anni con una persona che amava, ci era stata insieme, aveva avuto le sue esperienze, ma ora davanti a un uomo e soprattutto a lui che era capace di metterla in soggezione solo guardandola si sentiva una novellina.

"Anche lei sta bene vestito in maniera meno formale", "Mi hai visto spesso così", "E ho sempre pensato che stesse bene", Piton sorrise ironico facendole cenno di sedersi e accompagnò la sedia più vicina al tavolo, si sedette poi a sua volta e chiamò Winnie che arrivò già con il cibo.

Iniziarono a mangiare il filetto che l'elfo aveva portato, e a bere sel vino, Artemisia però dopo qualche sorso si fermò rendendosi conto che, complice il whisky di qualche ora prima, stava iniziando a darle alla testa. "Non bevi?", "Ho già dato ai tre manici di scopa, e mi sono dovuta scrollare di dosso Gabriel", Piton alzò un sopracciglio guardandola interrogativo, "Era un po' brillo e ha fatto dei commenti", "Per questo eri sola?", "Sì, mi ha dato fastidio e me ne sono andata", l'uomo non parve avere reazioni in proposito. Finirono di mangiare e si alzarono per spostarsi sulle poltrone, Piton si sedette osservandola camminare fin quando non si fermo per chiedergli: "Posso fare una cosa?", non attese risposta e si diresse verso un quadro, "Scusi preside ma non è gradito", e voltò il quadro al contrario con Phineas Black che si lamentava.

Quando si voltò di nuovo verso l'insegnante, egli la stava osservando con un sorriso divertito e soddisfatto, quello sguardo era così ardente che si passò una mano tra i capelli a disagio.

Si sedette come al solito al bordo del camino ma si dovette spostare sulla poltrona di fronte perché il caldo era insopportabile. Il silenzio tra loro era opprimente ma Piton non sembrava percepirlo, così Artemisia si fece coraggio: "A cosa sta pensando?". Egli attese qualche secondo prima di risponderle: "Potresti anche darmi del tu a questo punto sai?", "Si, certo, cioè, va bene, io..." non riusciva a formulare una frase di senso compiuto e quando Piton si alzò avvicinandosi di quei due passi che dividevano le sedie le fu talmente difficile che ci rinunciò. "Da quando ti mancano le parole?", "Da quando nella mia testa non c'è un minimo di ordine", lui rise con voce roca e lei avvertì una stretta allo stomaco, si fece più dritta per recuperare una parvenza di compostezza ma così facendo si trovò talmente vicina alle labbra di Piton che sentiva il suo respiro sul viso, e il cuore era fermo nel suo petto. Piton voleva un cenno da lei, uno qualsiasi che lo facesse desistere ma esso non arrivò, anzi: "Severus..." sussurrò lei con voce tremante e a quel punto l'uomo quasi aggredì quelle labbra a cui aveva pensato tutti il giorno, le labbra di quella ragazza a cui pensava da molto più tempo. Lei rispose a quell'assalto con altrettanto trasporto e prese l'iniziativa stupendo positivamente Piton: si alzò dalla poltrona senza spezzare mai quel contatto e lo spinse indietro fino alla sua poltrona, lo fece sedere e si posizionò sopra di lui. Le mani dell'uno scorrevano sul corpo dell'altro ma nessuno osava spingersi più in là, fu Artemisia, dimostrando che non era una ragazzina alle prime armi, a prendere le mani grandi dell'uomo e spostarle all'altezza dei suoi fianchi e a iniziare a sbottonarsi la camicia mentre lui la carezzava completamente assorbito da quella visione. Piton a quel punto le sfilò l'indumento scoprendo l'intimo nero in pizzo, si abbassò a baciare quei seni piccoli e giovani, e vi lasciò alcuni segni rossi percorrendo l'orlo del reggiseno. Stava impazzendo, voleva che si sbrigasse ma lui se la prendeva comoda e la esasperava. Con le mani che non ne volevano sapere di smetterla di tremare sbottonò anche la camicia dell'uomo soffermandosi a osservare ogni parte di quel corpo, le spalle larghe e ben definite, i muscoli delle braccia ben disegnati e armoniosi con il fisico asciutto e tonico. La baciò sul collo facendola ansimare rumorosamente, era come essere ubriachi e in parte lo era davvero. Piton allora portò le mani dietro la sua schiena e la accompagnò in un movimento ondulatorio che accrebbe il suo desiderio, le sganciò il reggiseno liberandola da quella costrizione. Si alzò in piedi e Artemisia stupita quasi urlo e si strinse con le gambe ai suoi fianchi stretti. Piton si diresse verso la sua camera da letto e la adagiò sul materasso iniziando a baciarle leccarle e morderle i seni per poi scendere verso i jeans che aprì ed era in procinto di sfilarli quando Artemisia lo fermo. "Aspetta" ansimava ma nei suoi occhi c'era un velo pesante, "Mi dispiace... io...", egli la zitti con un dito sulle labbra, c'era voluta una grandissima forza di volontà per fermarsi ma la capiva e la rispettava profondamente. "Non preoccuparti, prendo i tuoi vestiti", si stacco da lei, e il contatto di quel corpo le mancò come l'aria. Aspettò che tornasse, sola su quel letto dalle lenzuola pregiate, non sapeva neanche lei perché l'avesse fermato, sapeva solo che se non l'avesse fatto se ne sarebbe pentita.
Probabilmente si sarebbe scusata per un'altra mezz'ora se quando Piton fosse tornato non avesse esordito così: "Ma tu non eri lesbica?", Artemisia arrossì all'istante, "Sì... cioè no! Sono bisessuale però non sono mai stata con un uomo". "Mentre con Eva sì" disse l'altro mentre con tutta la calma del mondo si toglieva i pantaloni rimanendo in boxer per poi iniziare a infilare il pigiama, Artemisia lo osservava desiderosa e infastidita contemporaneamente, come si poteva avere così noncalanche a spogliarsi?

Mostrerò alla Vostra Illustre Signoria ciò che una donna può fareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora