Amor proprio

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"Che hai fatto a Lidia?" le chiese Kathrine la mattina seguente quando si furono vestite entrambe. "Niente, perché?", "Perché ieri è venuta qui a cercarti e mi ha detto che l'hai respinta", "Aaah ti riferivi a questo, sì è così".
Era infastidita da quella conversazione, normalmente non amava parlare di sé e ancor meno se la cattiva sembrava lei.
"Ma perché?", "Perché non mi piace".

"Di che parlate?" ci mancava solo Charlotte. "Chiedevo ad Artemisia perché non le piacesse Lidia" a quel punto anche l'altra bionda subentrò nella conversazione.
"Perché non mi piace, c'è bisogno di un'altra motivazione?", "No no, però... a te non piace mai nessuno", gesto istintivo di Artemisia fu mettersi una mano sul viso e sbuffare: "Questa non mi sembra affatto un'argomentazione perciò, se non vi dispiace, vado a lezione"

Con i nervi a fior di pelle si diresse verso l'aula di aritmanzia, le davano fastidio quelle pressioni, quell'incapacità delle persone di rimanere nel loro. A volte si chiedeva se magari il problema non fosse lei, se prendesse le cose troppo seriamente. Per sua sfortuna riconobbe subito la macchia nera che avanzava in direzione opposta.

"Buongiorno" salutò unicamente per educazione. Lui non le rivolse la parola in un primo momento ma poi si ricordò che doveva dirle una cosa e si fermò. Artemisia fece lo stesso.
"Il preside ci vuole nel suo studio dopo cena", "Va bene" entrambi erano prossimi a voltarsi nuovamente e continuare per la propria strada.
"Se oggi non ti vedo in classe stai sicura che non ti ammetto all'esame", "Troppo gentile" gli ringhiò contro e se ne andò.

Dopo un paio d'ore Artemisia era in quell'aula. Dopo quasi un mese che non vi entrava. Si era seduta al primo banco, non voleva che lui pensasse non fosse capace di tenergli testa. Trascorse quell'ora in maniera abbastanza tranquilla, lui l'aveva lasciata in pace e lei aveva ascoltato la spiegazione e preso appunti. L'ora era finita e stavano andando tutti via.
"Chi non muore si rivede, non è vero signorina Carter?" le disse quando gli passò affianco, "A quanto pare" gli rispose senza esitare ed uscì lasciandolo solo.

Piton si chiuse in quell'aula ma per quanto cercasse di mettersi a lavorare i pensieri gli affollavano la mente.
Pensava a Lily e rivedeva la ragazzina dolce con i capelli rossi, che quando aveva l'acqua alla gola e tutti cercavano di spingerlo giù era stata l'isola dove rifugiarsi. Ma quei ricordi avevano un limite, e il limite non era la morte stessa della donna. Lily era tante cose: i suoi sensi di colpa, i suoi doveri, la sua redenzione... ma soprattutto era un ricordo ed era di quello che era innamorato, non di lei, ma di quello che era stata. E solo ora lo capiva.
L'immagine di Artemisia si affiancò alla ragazza dai capelli rossi. Piton sorrise malinconicamente. Ora le vedeva vicine e si rendeva conto di quanto fossero diverse e si rendeva conto di come Lily sbiadisse e da presenza predominante riacquistasse la dimensione di ricordo.

Ed era stato questo a spaventarlo quando aveva iniziato ad accorgersene e aveva pensato di poterlo impedire. Ma gli eventi di quel fine settimana gli avevano fatto franare tutto addosso. La rabbia e la gelosia che l'avevano lacerato quando l'aveva vista: insieme a quella ragazza sua coetanea mentre la stava baciando e toccando con un ardore che le aveva visto raramente anche con lui.
L'aveva trascinata via, un gesto rischioso e istintivo, e avrebbe voluto urlarle contro ma vedendola incapace anche di tenersi in piedi l'aveva portata nelle sue stanze e l'aveva aiutata. La rabbia nelle sue parole mentre gli diceva di andarsene gli aveva fatto male, perché si rendeva conto che aveva ragione: erano le conseguenze delle sue azioni. E lo capiva solo ora. Si era negato la felicità e non aveva più il diritto di viverla, il diritto di reclamarla. Perché sapeva che se avesse voluto gli sarebbe bastato andare da lei per riaverla, ma non era giusto continuare a lasciarla e riprenderla, non era giusto e si sentiva in colpa nei suoi confronti.
E ora l'avrebbe avuta al suo fianco nelle nottate al cospetto dell'oscuro, in quel doppio gioco estenuante, e non ci sarebbe stata notte che non avrebbe temuto di perderla.

Mostrerò alla Vostra Illustre Signoria ciò che una donna può fareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora