Cinquantaquattresimo giorno. (2)
capitolo quindici.
Sull'auto ci siamo solamente io e l'autista, perciò rimango nel silenzio più assoluto per tutta la durata del viaggio.
Per quasi mezz'ora rimango incollata al finestrino, vedendo scorrere diversi paesaggi, vedendo il passaggio delle nuvole lasciare posto al sole. Mi permetto di abbassare il finestrino e l'autista non perde tempo per riprendermi.
"Non oltre la metà, signorina."
Ridacchio, incapace di formulare la più assurda delle ipotesi.
"Avete paura che mi possa buttare dal finestrino?"
Il silenzio che segue la mia domanda mi spiazza. Lo temono davvero. Beh, in tal caso non devono preoccuparsi, dato che ho in mente di saltare da qualcosa di ben più pericoloso di un finestrino di un auto che va a malapena ai cinquanta all'ora. Torno a concentrarmi sulla vita che scorre al di fuori dell'abitacolo, sporgendo una mano e sentendo come l'aria accarezza le mie dita. Sorrido, lasciando che i capelli si scompiglino e che la mano si congeli grazie all'aria di marzo, ancora fredda.
La ritiro soltanto quando la macchina rallenta e si ferma nel parcheggio vicino a un edificio: la stazione. Non appena scendo due guardie mi ammanettano i polsi e prendono il mio zaino, spingendomi poi a proseguire verso la meta.
Quando entro nella stazione non mi stupisco di non vedere nessuno all'interno, se non altre guardie.
Non sono poliziotti, si capisce, questo viaggio verso la morte è più che certamente illegale, coperto da un mucchio di persone influenti come i fratelli Grey.
Solo sulla banchina scorgo qualcuno come me, con la divisa del S.T. Institute. Ci sono sette persone, alcune sedute sulle panchine, altre in piedi, tutti scortati da altre guardie. Mi dirigo verso la prima panchina libera che trovo, di fianco a una ragazza poco più grande di me, con le mani sul viso.
Cerco di non fissarla, ma mi è quasi inevitabile ogni volta che vedo qualcuno come lei, qualcuno disperato.
Non ho idea se lei sappia effettivamente dove siamo diretti o no, se sia persa nei suoi pensieri più reconditi o solo stanca, ma so per certo che è una delle poche persone che dovrebbero stare all'istituto.
Cercando di distogliere la mia attenzione da lei, mi guardo in giro cercando qualche viso famigliare, cercando Justin o Jared, oppure Rachel.
Nessuno di loro è qui, ma scorgo in fondo alla banchina, l'uomo che mi aggredì nel giardino dell'istituto, insieme a quel Dave. Rabbrividisco, sperando non mi abbia vista. Forse non lo ha fatto.
Sono le dieci e cinquantadue e finalmente vedo Justin arrivare. Rimane in piedi con le guardie accanto e lo zaino in spalla, poi si guarda intorno e mi vede.
Trattengo l'impulso di correre verso di lui e di abbracciarlo, così distolgo lo sguardo e fisso le rotaie davanti a me.
Altri tre minuti dopo arriva Rachel.
Il sollievo mi pervade, perché so che se lei ce l'ha fatta, allora è molto probabile che anche Jared sia riuscito nell'intento. Si ferma accanto a Justin, sorridendogli, ma lui rimane impassibile, forse troppo preso dal suo piano. Lei si gira verso destra e poi verso sinistra, dove sono io. Mi nota e mi fa un rapido cenno con il capo e l'unica cosa che posso fare e rispondere con un minimo sorriso, che cerco comunque di mascherare e di non far vedere ad altri.
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Lennox - 0127
Fanfiction"Come posso vivere non sapendo se un giorno uscirò da questa pseudo prigione? Come posso vivere sapendo che tutti mi credono mentalmente instabile? Mi chiamo Jade Lennox, per l'istituto 0127." Arrestata e poi rinchiusa al S.T. Institute per disagiat...