Epilogo.

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Epilogo.

Un anno e cinque mesi dopo.




Cammino per le strade di Washington con passo sostenuto, i libri di storia e biologia in mano, la borsa a tracolla che mi urta la gamba destra ad ogni passo.

La biblioteca non dovrebbe essere molto lontana, ma il peso dei libri nella borsa e di quelli che ho in mano si fa sentire.

Maledetta scuola.

I miei genitori mi hanno promesso di trovarmi un posto nella CIA non appena mi sarò diplomata, ma, dopo tre mesi di puro inferno, è stato difficile riambientarmi tra i miei coetanei, dato che per loro il problema più grande è cosa mettersi alla festa del sabato successivo. Non posso biasimarli, io non facevo molto differenza, ma ormai sono cambiata e tutto ciò che interessa a loro non interessa a me.

Sono all'ultimo anno di liceo, tra un paio di mesi potrò uscire da quel buco e vivere la vita che agogno da quando li ho persi.

Mi ricapita di pensarci. Mi ricapita di piangere nel bel mezzo della notte, desiderando Justin accanto a me, sognandolo, sperando che Jared compaia sulla soglia della mia stanza.

Ma, in fondo, ho sempre saputo che non sarebbe potuto accadere.

Passo davanti allo spiazzo vuoto, ormai solo cemento, dove più di un anno fa è scoppiata la bomba. Non c'è più niente, soltanto un vuoto tra altri due grandi palazzi. Mi volto solo una volta e me ne pento, tornando a camminare spedita verso la mia meta.

Io e la mia famiglia ci siamo trasferiti qui, nonostante i brutti ricordi, per rimanere nel luogo in cui nessuno di sconveniente avrebbe sospettato fossimo. Rachel è partita pochi mesi dopo la vicenda, anche lei desiderosa di lavorare per la CIA, solo che lei ha già il suo diploma.

E io sono ancora qui a studiare decine di date inutili.

Ma almeno la mia vita è ricominciata, non so se posso dire di aver superato definitivamente la loro morte, ma so di volerci provare, di voler continuare su questa strada.

Finalmente scorgo la biblioteca, quella dove mio padre mi raccontò tutta la storia, quella dalla quale uscii stravolta e furiosa con Justin. Non portò niente di buono, ma ormai è tutto passato.

Salgo rapidamente la gradinata, facendo attenzione a non inciampare sui gradini. A quest'ora del pomeriggio non vi è mai molta gente, perciò ne approfitto spesso per venire a studiare, perché se lo facessi a casa mi distrarrei in fretta.

Mi dirigo verso il solito tavolo al quale mi siedo, sapendo di trovarlo vuoto per la sua posizione. Supero decine e decine di scaffali, lanciando qualche occhiata ai primi libri che si possono scorgere tra quell'infinità di volumi. Mi fermo qualche volta incuriosita da un paio di libri, ma, quando giungo al tavolo, ne ho in mano solo uno in più di quelli che ho portato con me. E al tavolo siede qualcuno.

Un ragazzo della mia età è seduto al mio solito posto, la testa china su tre libri contemporaneamente, le maniche della felpa arrotolate fino al gomito.

Sembra quasi non accorgersi di me, perciò mi siedo all'altra estremità del tavolo, spargendo i miei libri e quaderni nel posto restante.

Dopo quasi mezz'ora di silenzio e di pseudo-studio riesco a concentrarmi, ignorando la presenza del ragazzo, che nel frattempo non ha smesso di scrivere sul suo quaderno e di studiare.

Avessi io tutta quella buona volontà. Mi scappa un sorriso, senza che possa riuscire a trattenerlo.

Che secchione.

Lennox - 0127Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora