Sessantesimo giorno.

850 60 0
                                    

Sessantesimo giorno.

capitolo ventidue.




Per tutto il pomeriggio cerco di evitare chiunque, uscendo il meno possibile dalla mia camera.

Mi riduco a fissare il foglio che mi è stato lasciato sul tavolino, rileggendo più volte il suo contenuto, tanto che penso di saperlo a memoria.

"Domani, Stanfield Palace, ore 10. Presentarsi alla reception come la sig.na Temple. Le servirà la pistola all'interno del pacco allegato."

Sì, una pistola. La scatola nella quale era impacchettata giace sotto il mio letto, l'arma riposta con cura al suo interno. Non mi piace questa situazione. Non mi piace aver ricevuto una pistola e degli ordini così decisi e perentori. Ma almeno so che mio padre è coinvolto e che non mi metterebbe mai in pericolo, non di nuovo.

Ma allora perché spedirmi una pistola? Perché lasciarmi ancora una volta all'oscuro del piano? Le mie riflessioni vengono interrotte tra tre colpi sulla porta.

"Sto dormendo."

"Sono Rachel."

Analizzo per un attimo la situazione. Se apro sarà assalita dai sensi di colpa e, molto probabilmente, sarà lei ad assalire me, ma se non la apro mi sentirei ancora più meschina e ammetterei apertamente di esserlo. Come se già non lo pensasse.

Mi dirigo silenziosamente verso la porta, fino a quando non vi sono davanti. Quando la apro, il volto stanco e pallido di Rachel mi si para davanti.

"Posso entrare?", mi dice con tono neutro. Io annuisco e mi sposto, permettendole così di passare. La sento sedersi sul mio letto, le molle che cigolano sotto il suo peso. Ritardo il più possibile il momento in cui mi dirà quanto sia stata stronza, bugiarda, insensibile...

"Vuoi qualcosa da bere?"

E' quasi un sussurro, ma lei lo sente e lo ignora volutamente.

"So tutto, Jade."

Sospiro sonoramente passandomi una mano sul viso, come per nascondermi.

"Senti, se devi farmi la predica su come ci si debba comportare..."

"Non sono venuta a farti nessuna predica. Non sono venuta a fare la mammina e a sgridarti. Sono venuta perché so come ci si sente quando si fa un errore, so come ci si sente a sentirsi deboli, inutili, fuori luogo. Sono qui per dirti che non ce l'ho con te. Non possiamo dividerci adesso, perciò spero che i problemi che avete tu e Justin si risolvano presto. E poi, non mi sono mai veramente illusa di piacere a Jared. Ha sempre avuto occhi solo per te."

Rachel, colei che credevo superficiale e altezzosa, si rivela essere la persona che più mi capisce.

Lei non si è arrabbiata con me? E adesso cosa dovrei dirle? "Grazie, Rachel, ma non merito le tue parole..." oppure "Sono stata una stupida, insultami pure, non fingere"? Cosa dovrei dirle?

"Parli sul serio?", le chiedo infine. Lei alza lo sguardo incrociando il mio, poi annuisce e mi fa segno di sedermi accanto a lei. Io lo faccio, mentre almeno una piccola parte del macigno che ho sul petto si alleggerisce. Ci abbracciamo senza dire niente. Io non le chiedo cosa abbia fatto, cosa abbia passato e lei fa lo stesso.

Comincio di nuovo a piangere, questa volta in silenzio, ma Rachel non si allontana da me, anzi, mi culla tra le sue braccia come se fossi ancora una bambina. Mi piacerebbe tanto esserlo in questo momento.

Lennox - 0127Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora