Cinquantacinquesimo giorno.

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Cinquantacinquesimo giorno.

capitolo diciassette.





Mi sveglio grazie alla prima luce del sole che filtra oltre le tendine consunte alla finestra.

Mi stiracchio più volte, senza mai aprire gli occhi, cercando di prolungare il più possibile la sensazione di riposo che segue il sonno profondo che ho appena fatto.

Solo dopo pochi minuti mi rendo conto di essere sola, nel piccolo letto ancora caldo. Apro gli occhi sbattendoli più volte, ancora intontita dal sonno. Di fianco a me non c'è nessuno, mentre di fronte al letto vedo una figura longilinea infilarsi una maglietta bianca.

"Ehi," mugolo con voce assonnata. Lui si gira di scatto, sorpreso che io sia sveglia, suppongo.

"Ciao."

Mi rivolge uno sguardo fugace e un sorriso stiracchiato, poi mi dà di nuovo le spalle e finisce di vestirsi, mentre io lo guardo delusa.

Non è possibile, non possiamo essere tornati al punto di prima, non voglio crederci.

"Senti, io esco a prendere dell'acqua, iniziati a preparare, tra poco si parte."

E così esce dalla stanza senza più rivolgermi lo sguardo, come se fossi una sconosciuta. Rimango qualche secondo immobile nel letto, basita e incredula. Non lo capisco, non capisco quel ragazzo. A questo punto non so neanche se voglio capirlo, non dopo aver visto quanto è complicato e volubile. Ne varrebbe la pena? , penso subito, pentendomene immediatamente. Mi alzo portandomi la coperta al petto, per poi raccogliere i vestiti del giorno prima da terra. Mi vesto velocemente, la caviglia mi fa già meno male, anche se zoppico ancora. Tra poco si parte, mi ha detto. Come pensa che io possa muovermi con la caviglia in queste condizioni? Non sono superman, non guarisco in una notte. Sbuffo, sentendomi un'idiota per essermi innamorata della persona più difficile di questo mondo, per non sapergli resistere e per essermi trovata nella condizione di buttarmi da un fottuto treno agli ottanta chilometri orari.





Justin mi sta cambiando la fasciatura alla ferita, col solo canticchio di qualche uccellino di sottofondo, quando qualcuno bussa alla porta. Mi immobilizzo e lui pure, pensando che ci abbiano trovati. Ma perché avrebbero dovuto bussare? Justin si alza e raggiunge silenziosamente la porta, mentre io rimango sul letto stringendomi le gambe al petto. Mi fa segno di non fiatare e io acconsento con un piccolo cenno. Lascia passare qualche secondo, ma chiunque si nasconda oltre la porta non se ne va, anzi, bussa di nuovo, annunciandosi.

"Te la butto giù 'sta porta se non ci apri, Justin."

Rachel. Mi rilasso e tiro un sospiro di sollievo, chiudendo gli occhi per un attimo. Lui apre immediatamente la porta, permettendo a Rachel e a Jared di entrare. Nell'istante in cui lo vedo mi si stringe il cuore: ha una ferita che gli percorre tutta la tempia e i vestiti sporchi e strappati in diversi punti. Sembra esausto, perciò mi scanso velocemente e mi alzo dal letto, andandomi a sedere su una delle due scomode sedie di legno. Ma lui, invece di lasciarsi accompagnare dai due verso il letto, viene da me, chiedendomi cosa mi sia fatta.

Gli dico di non preoccuparsi e di riposarsi, dato che qui sembra quello messo peggio. Rachel è appena spettinata, quasi come se non si fosse mai lanciata da un treno in corsa. Non appena Jared si sdraia sul letto, Justin porge a Rachel il kit di pronto soccorso. In pochi minuti la ferita di Jared è stata disinfettata e medicata a grandi linee. A quel punto chiede di parlare da solo con me, rimasta a osservare tutta la scena nell'angolino in disparte, meravigliando tutti.

Lennox - 0127Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora