Cinquantasettesimo giorno.
capitolo 19.
"Ciao, Jade."
Mi alzo immediatamente dalla panchina, indietreggiando il più possibile, allontanandomi da lui.
"Tu sei...tu eri..." biascico, mentre Justin mi raggiunge e cerca di calmarmi.
"Tu eri morto!" Esclamo, ritrovando finalmente la grinta.
"E tu! Tu sapevi che non lo era?! Lo sapevi?" Urlo a Justin, sperando che la risposta sia no, che non ne sapeva niente e che è sorpreso almeno la metà di quanto lo sono io.
"Io...Jade, devi calmarti-"
"Lo sapevi! Conosci mio padre e sapevi che non era morto e non mi hai detto niente! Ma cosa ti aspettavi?!"
Per un momento non parla più nessuno, mentre io cerco di fermare le lacrime e di abbassare i toni per non farmi sentire da chi sta passeggiando per il parco, ignari di cosa stia succedendo a pochi metri da loro.
"Ecco perché non mi hai parlato del piano, perché non mi volevi dire niente!" Punto un dito contro il suo petto, facendolo indietreggiare. Ha un'espressione colpevole, ma non so se sia pentito o no, non so neanche cosa ci faccia mio padre qui.
"Jade, era necessario che tu non sapessi niente fino a-"
"Stai zitto!" Grido a mio padre, interrompendo il suo inutile tentativo di calmarmi. Non può pretendere una cosa simile dopo essersi fatto passare per morto, dopo che io sono rimasta due mesi in un manicomio, relegata, isolata, picchiata. Come se quella stessa mattina in cui tutto cambiò si fosse svegliato pensando: "oggi potrei fingere di farmi ammazzare, poi potrei rimanere un paio di mesi lontano dalla mia famiglia e infine ritornare sconvolgendo tutti. Mh, sì, perché no?"
Ed è esattamente ciò che gli dico, facendolo ammutolire.
"Jade, per favore, siediti e ne parleremo," mi dice Justin, guardandomi quasi con timore. Io rido sprezzante, incamminandomi verso di lui e non fermandomi quando la mia spalla sbatte violentemente contro la sua.
"Avete scelto la persona sbagliata a cui fare questi scherzetti." Mi ghermisco con un alto muro di freddezza mentre mi allontano dalle due persone che mi hanno fatto più male nella mia vita. Pensavo potessero essere i fratelli Grey, che con la loro violenza e crudeltà mi hanno lasciato appassire lentamente dentro quelle mura, ma mi sbagliavo. I segreti, le bugie e le mezze verità di chi amo mi hanno fatto più male di qualunque altra cosa.
Sento Justin gridare il mio nome, sento anche mio padre incitarlo a fermarsi, dirgli di lasciarmi andare e di lasciare che io sbollisca la rabbia, ma lui non sa...lui non sa che probabilmente non lo farò mai, che non riuscirò a dimenticarmi di come sono marcita in un manicomio perché accusata di essere la sua omicida.
E' stato tutto a causa sua e solo sua se la mia vita è cambiata radicalmente.
Non so esattamente quanto tempo sia passato da quando sono andata via dal parco, so solo che più lontano me ne vado da loro, meglio sto.
Nel giro di due mesi mi sono ritrovata senza una famiglia, senza una casa, senza nessuno a me caro vicino, intrappolata. E non è stato solo il caso a rendere ciò possibile, ed è esattamente questo ciò che mi ferisce di più.
Mi sento inutile, presa in giro e considerata stupida, ma non lo sono e hanno fatto un grosso errore nella loro valutazione. Mi ritrovo a vagare senza meta, le gambe pesanti e i piedi doloranti, ma non mi importa, continuo a camminare, con il vento impetuoso di marzo che mi scompiglia i capelli, liberando però il viso, già occupato dalle lacrime. Mi asciugo il volto più volte, ignorando chi mi lancia occhiate curiose. Dopo un tempo indefinito, dopo che le lacrime si sono asciugate e dopo essere passata inosservata a molti occhi, trovo impossibile non fermarmi, perciò entro nel primo fast food che trovo, ordino qualcosa e mangio in silenzio, notando l'orologio del locale, fisso sulle due meno cinque. Non so come e non so perché -non so maledettamente niente, mi rendo conto- ma la borsa che ho preso dall'armadio della camera dell'albergo non è vuota, bensì fornita di più di cento dollari e di un cellulare. Lo accendo e noto con ben poco entusiasmo che qui non c'è campo. Poco importa. Finisco di mangiare ed esco dal locale, rendendomi conto di aver lasciato la carta di credito all'hotel, probabilmente caduto a terra dopo la notte scorsa.
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Lennox - 0127
Fanfiction"Come posso vivere non sapendo se un giorno uscirò da questa pseudo prigione? Come posso vivere sapendo che tutti mi credono mentalmente instabile? Mi chiamo Jade Lennox, per l'istituto 0127." Arrestata e poi rinchiusa al S.T. Institute per disagiat...