"NOAH E ABBY"

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Ciao, miei lettori.
Per chi non mi seguisse su Instagram, volevo farvi sapere che la prossima settimana verranno pubblicati tutti i capitoli finali.

Quindi, si... questo percorso sta per terminare.

Non aggiungo altro perché non sono ancora pronta e non voglio già piangere adesso, perciò, vi lascio al capitolo🏃🏻‍♀️

Buona lettura
💜
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Hellen

Smisi di piangere, singhiozzare, respirare.
Non sentivo più freddo. Neanche più il vento mi diede fastidio.
Il mondo, in qualche modo, si era fermato.

Tornò a girare, vorticare, quando lui mi raggiunse e racchiuse il mio corpo in un abbraccio.

Strinse forte, mentre io mi nascosi sul suo petto. Quello era sempre stato il mio posto preferito: dove il suo cuore batteva.

«Non voglio sentirti piangere.» Gli avrei macchiato un'altra camicia bianca. «Cosa posso fare per farti stare meglio?»

Un modo c'era: le sue dita che creavano una melodia al pianoforte.

Suonava per me quando mi sentivo troppo piccola, non per il mondo, ma per l'intero universo. Quando mi sentivo un pallino minuscolo, lui mi faceva sedere su quella panca e si sistemava dietro. La mia schiena veniva cullata dal suo petto, le mie orecchie dalla melodia composta dalle sue mani.

In quegli attimi, lui mi faceva sentire giusta,
mi faceva capire che avevo il mio spazio nel mio mondo, e nel suo.

A ogni dito poggiato sui tasti, l'ansia svaniva. Le lacrime si asciugavano.

Non ero mai riuscita a descrivere quella sensazione nel mio libro, difatti la tagliai. Dylan non suonava il pianoforte, Demian si, però.

«Suonami una canzone...» Lo dissi così piano che quasi pensai non potesse sentirlo.

Quando però scosse la testa, lentamente, mimando un no, capii che aveva sentito, e il mondo tornò a fermarsi.

«Perché no?» Il suono uscì strozzato.

«Se ti suonassi una canzone e poi tornassi da lui, mi faresti molto male, Hellen...»

Mi resi conto che, oltre a far appassire un girasole, stavo spegnendo la luna. «Scusami...»

Di certo si aspettava una risposta diversa da me: "non tornerò da lui". Infatti, la sua presa si allentò. Smise di darmi calore con le sue braccia. Ebbi l'impulso di toccargli l'avambraccio, ma alla fine cercai di fermarlo solo con le parole. Non volevo che andasse via.

«Aspetta.»

Aveva notato gli impulsi che poi tenevo a bada, perciò decise lui di sovrastare ogni cosa. Avvicinò il suo corpo al mio, portando il mio fondoschiena a poggiarsi sulla ringhiera. Poggiò lì i suoi palmi, incastrandomi, e quella luna non mi diede via di scampo.

«Cosa? Cosa devo aspettare?» chiese.

Portai la mia mano sul suo petto per tentare di spostarlo perché mi stava togliendo l'aria, perché ero così confusa, ma lui la avvolse e la portò sulla ringhiera. La tenne bloccata lì, sotto la sua, incastrando le sue dita tra gli spazi delle mie.

Noah e Abby - Noi attraverso loroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora