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Jimin si prese un giorno libero dal lavoro. Aveva chiamato il suo capo non appena tornato a casa. Aveva fatto un giorno in più al lavoro perciò era meritato.
Si stese nel suo letto a peso morto, fissava il soffitto bianco e rifletteva.
Voleva a tutti i costi rivedere Jungkook e pregarlo di non dire niente, voleva farlo ma non lo conosceva e non sapeva niente di lui. L'unico modo per sapere dove fosse, era quello di andare davanti al locale. Probabilmente aspettava li i suoi amici. Quella sera infatti si incamminò verso il posto. C'erano molte persone essendo un fine settimana. Si poggiò con la schiena su di un muretto e attese, con le mani nelle tasche della felpa, cappuccio sopra i capelli e una caramella.
Dopo un po', sentí delle risate, si voltò verso destra e più in là da lui, vide un gruppo di quattro intenti a prepararsi dell'erba.

Si avvicinò prendendo un enorme respiro e quando si piazzò davanti a loro, tutti lo fissarono. Jimin arricciò il naso per il forte odore di erba, ma la soggezione che aveva in corpo vinse.

« che c'è? » disse Eren.
« volevo parlare un attimo con il vostro amico..» indicò Jungkook con la testa.

Kook era lì che lo fissava con un ghigno sul viso ben notevole. Quando Jimin finì la frase, si alzò in piedi e con delicatezza lo spinse via per farlo passare. Lo solpassò e si ritrovarono un po' più lontani dal gruppo, dove prima c'era Jimin.

« dimmi, Jimin »
« per favore, non marcare il mio nome. Per lo meno non in giro»
« lo so, è una cosa privata »
« esatto, c'è in gioco il mio lavoro e se per colpa di quella lì io devo perderlo, non ci sto»
Jungkook sorrise.
« perché ridi? »
« niente, e che sei buffo quando ti infastidisci»
Jimin alzò gli occhi al cielo.
« va bene, apparte tutto, puoi stare sereno. Non avevo intenzione di dirlo in giro, anche perché io e te non siamo niente e non abbiamo nulla in comune»
« bene » era più tranquillo.
« però, sono lusingato che tu ti sia disturbato a tal punto da venirmi a cercare qui»
« non montarti la testa, è solo perché non ho altri modi per contattarti»

Jungkook rise e per un po' di tempo, regnò il silenzio. Jimin era molto più tranquillo, mentre Jungkook non sapeva cos'altro dire.

« tieni »
Tirò fuori dalla tasca un bigliettino.
« aprilo quando sei a casa » spiegò.

Voleva chiedergli perché non stesse ballando, ma sembrava troppo interessato a lui che ha evitato. Non voleva sembrare un fissa per lui o cose simili.

« bene, allora vado. Notte »

Kook gli fece un cenno con la testa e lui andò via.
Lo seguì con gli occhi fino a che non girò la strada e poi, tornò dagli altri.
Fumarono e fecero come se Jimin non fosse mai andato da solo. Eren ogni tanto lo guardava ma non faceva domande. Forse, voleva ma non avrebbe accettato le risposte.











Jimin tornò a casa, non si tolse nemmeno la felpa che subito aprì il bigliettino.
C'era un indirizzo di casa e più in piccolo un numero di telefono. Dietro invece, c'era scritto

Se hai bisogno

Era come se Jungkook si fosse offerto di nuovo di aiutarlo. Jimin sospirò e fece una doccia per calmarsi, ne aveva bisogno. Inoltre il giorno dopo doveva subito parlare con Wren e vedere la sua versione dei fatti.
Si mise nella vasca piena di acqua calda, mise della musica in sottofondo e aveva il viso quasi totalmente sotto l'acqua. Aveva gli occhi chiusi, un leggero dolore ai muscoli delle gambe e tanti pensieri per la testa.
Non sapeva se avrebbe dovuto accettare un aiuto da una persona così poco affidabile. Odiava la gente che fumava, soprattutto se era erba. I ragazzi come lui non si vergognavsno di essere così e non portavano una bella pubblicità del posto.
Improvvisamente aprì gli occhi.

« pronto? » disse, il telefono aveva squillato.
« che? Ripeti, non ti sento»

Wren lo stava chiamando piangendo, parlava veloce e Jimin non capì molto. Si fece ripetere tutto con calma e capì che la donna era stata vittima di un'aggressione notturna. Si asciugò in fretta e corse da lei. La trovò a terra, con del sangue secco nel naso e capelli scompigliati. I vestiti erano integri,ma il suo bel foulard azzurro chiaro no. Era stato strappato. Si inginocchiò e la prese a mo di sposa, l'aveva riaccompagnata a casa ma lei insistette per farlo entrare.

« scusami per l'orario. Non sapevo chi chiamare» aveva la voce tremolante.
« non devi scusarti »

Jimin iniziò a tamponare del disinfettante sopra un sopracciglio, leggermente viola.
Leo sussultò, ma vedere Jimin prendersi cura di lei la fece sentire meglio. Ogni volta che lui le so avvicinava, sentiva il cuore saltate di gioia.
Arrossí di colpo a certi pensieri.

« a che pensi? » Jimin notò.
« niente, e che.. ho fatto una brutta cosa e volevo dirtela»

Jimin indurì lo sguardo, ricordando la chiacchierata con Jungkook.
Si fermò e strinse il pezzo di cotone in un pugno.

« oh.. lo sai già »
« esatto, come hai potuto? Un minimo che quel tizio vuole, lo sapranno tutti! C'è in gioco il mio cazzo di lavoro, wren»
Si allontanò.
« io non volevo. È stato lui a convincermi»
« non potevi andare via!? Ovviamente no, perché Jungkook è troppo affascinante per te, o sbaglio?»

Lei si offese, infatti si alzò dal divano in modo minaccioso. Jimin fece lo stesso.

« che intendi? Che me lo sarei scopato? Non sono una puttana»
« non fraintendere »
« esci subito da casa mia! »

Jimin non intendeva niente di tutto ciò. Prese le sue cose con calma e uscì dall'abitazione. Sospirò, tornando a piedi verso casa sua. Ultimamente sembrava che tutto il mondo lo odiasse, era sempre stanco e non sopportava più niente.









Jungkook stava aspettando un cliente quando vide Jimin entrare in casa della ragazza. Non la conosceva bene, ma comunque ricordò quel loro piccolo dialogo. Non aveva valutato il fatto che Jimin potesse avere preferenze femminili, infatti aveva iniziato a farsi fin troppe domande su di lui.
Gli aveva dato il suo numero, perciò iniziò quasi a sperare in un suo messaggio.
Il cliente arrivò, fecero i loro scambi e poi, poco prima che Jungkook uscisse da quel buio vicolo cieco, vide Jimin tornare a casa. Aveva una faccia cupa e triste, che avessero litigato?
Decise di seguirlo così da capire quale fosse la sua abitazione, la vide e non era poi così male. Aveva già memorizzato il nome della via e poi, quasi scappò. Erano le quattro del mattino.

In the name of love Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora