Capitolo Dodicesimo

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Louis, Londra, 2000.

Vedere Zayn baciare un ragazzo fu decisamente strano, ma non strano quanto realizzare che il ragazzo che stava baciando fosse Max. Quel Max. Ricordo di aver pensato molte cose in quel momento, eppure non ne ricordo nemmeno una che fosse esattamente positiva. Max era sempre stato un bullo con noi e non si era mai proposto di ricucire alcun rapporto logorato durante l'infanzia. Anzi, pareva quasi godere del suo status di ragazzo più grande lì dentro. Era felice di poter sbattere in faccia a chiunque che fosse superiore, che fosse quello vissuto, quello avanti di non uno ma almeno dieci passi. Mi sentivo tradito.

"Ho... interrotto qualcosa?" Chiesi confuso nel vedere Max spingere via Zayn e quest'ultimo pulirsi la bocca.

"A te sembra di no?" Chiese il biondino con veemenza.

"È un dormitorio comune. Non mi pare di aver letto avvisi fuori dalla porta." Guardai Zayn ma quest'ultimo era girato ormai di spalle, come se così non avrei potuto riconoscerlo. "Allora?" Perfino Max mantenne il silenzio. Strinsi i denti. "Fanculo." Borbottai girando i tacchi e andando via. Solo in quel momento sentii Zayn intervenire.

"Aspetta." Mi intimò. Mi girai sul ciglio della porta e lo guardai. I suoi occhi erano lucidi e sembrava la creatura più vulnerabile al mondo. Eppure se non si fosse trattato di lui non sarei stato così magnanimo da girarmi.

"Hai altro da dirmi senza aprir bocca?" Guardai le sue scarpe, slacciate come al solito. Gli dicevo sempre che prima o poi sarebbe inciampato, così. "Altro che non mi abbia già detto, almeno."

"Non penso di doverti dire nulla." Alzai le sopracciglia.

"No, infatti. Ti ho solo appena visto ficcare la lingua in gola al tipo da cui ti ho salvato il primo giorno che ti ho visto qui." Arrossì.

"Non sai cosa hai visto." Era sulla difensiva, inutilmente.

"Allora spiegamelo, no?" Strinsi i pugni guardando Max accendersi una sigaretta, mentre rimaneva affacciato a quella finestra che dava sulla fabbrica di cotone.

"Non penso che capiresti." Mi lasciai uscire una risata amara.

"Come puoi pensarlo se nemmeno ci provi?" Silenzio. "Insomma, Zayn, ti conosco da otto fottutissimi anni quasi e non hai mai avuto le palle di dirmi che sei gay? Okay cazzo, lo capisco, ma non è un problema per me, è questo che mi fa rabbia." Scosse il capo. "Non sei gay?" Chiesi confuso. Mi resi conto di averlo un po' forzato ad affrontare quella conversazione e per un momento me ne pentii, ma non abbastanza da fermarmi e ragionarci.

"Non lo so, cazzo." Max uscì dalla porta secondaria, quella che conduceva ai bagni e si collegava direttamente ai cortili. L'avevamo segretamente riaperta, dopo anni che era rimasta chiusa da una chiave arruginita spezzatasi dentro. Le suore, di questo, ovviamente non ne sapevano nulla.

"Non sai cosa?" Incrociai le braccia. "Se parlarmene o se sei gay?" Suonava così strano dirlo. Era una parola effettivamente taboo, sia lì dentro che a quanto pareva anche fuori.

"Non so se sono gay, non credo affatto di esserlo. Non... insomma non credo di averci mai pensato. Con Max è successo e basta. Non ci ho pensato troppo. Alla fine è un mio amico, no? Con gli amici si sperimenta. Si fa pratica della vita reale. No?"

"Zayn, Max è un cazzo di bullo. Io sono un tuo amico. Ti pare di avermi mai visto nel tentativo di esplorarti la trachea con la lingua? Non penso." Lo sentii schioccare nervosamente le nocche. "E non ci pensare nemmeno, cazzo." Asserii per alleggerire quell'aria più che pesante che iniziai a tastare col solo respiro. Si lasciò scappare un respiro più rumoroso, vagamente simile a una risata.

Eleven ➳ l.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora