Capitolo Sedicesimo

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Louis, Londra, 2012.

La mattina prima del processo, non gli scrissi. Ero ancora intento a pensare cosa fosse successo esattamente il giorno prima. Mi toccavo le labbra, il ventre, il petto, cercando di ricordare il suo modo di sfiorare come se ogni cosa intorno a lui fosse delicata, in qualche modo speciale. La notte prima avevo cercato di dormire ma non avevo chiuso occhio, troppo concentrato com'ero a pensare a cosa stesse facendo, a chi stesse scrivendo, se si fosse sentito con Cooper prima di andare a dormire, per chiarire le ultime cose da dichiarare in tribunale. Era tutto un se e un ma, mentre mi facevo la doccia e tentavo in ogni modo di non pensare a lui. Mi aveva provocato delle reazioni evidenti, toccandomi nel suo ufficio e non mi volevo concedere di fantasticare oltre. Volevo solo rivederlo e assicurarmi che stesse bene. Averlo sentito nominare la possibilità che potesse dover tornare a New York mi aveva fatto tremare le gambe. Come potevo volere i suoi problemi così vicini ai miei?

Gli spifferi di casa gelavano le stanze, rendendole umide. Dovevo decisamente smacchiare il soffitto da quella chiazza di muffa e pulire il caos che avevo lasciato. Era tutto fradicio e non sapevo da dove iniziare, quindi chiamai Zayn per un aiuto urgente. Non sapevo quando sarebbe piombato nuovamente dalle mie parti, il detective. Quell'uomo era di un'imprevedibilità unica e non ero abituato ad essere sorpreso. Dovevo essere pronto all'evenienza e non mostrare quanto penoso fosse quel bilocale da quattro soldi. Beh, non proprio quattro soldi, mi costava fin troppo in affitto e di certo non potevo accedere a un mutuo in quella zona.

Zayn arrivò abbastanza presto, e con presto si intende dopo le dodici invece che dopo pranzo, com'era suo solito fare nelle pigre mattine di autunno. E con mia inesistente sorpresa, portò Xander con sé. Se la cavò con la scusa che una mano in più non fa mai male. Decisi di non fare storie. Alla fine, ero io ad essere aiutato, non lui. Bucky, come al solito, non si mostrò entusiasta della presenza del castano, che portò il cane ad abbaiare più del solito.

Smontammo quel che avevo arrangiato con i cartoni della birra, lasciando che la pioggia entrasse e creasse un ambiente ancor meno secco. Era più faticoso di quel che pensavo, cambiare degli infissi, e di certo non mi sarebbe costato poco. La parte più complicata fu non far cadere il vetro e improvvisarsi degli esperti con l'utilizzo del silicone. Xander risultò di grande aiuto, stavolta con mia grande sorpresa. Probabilmente tra me e Zayn l'avremmo montata al contrario e in cinque minuti. Immaginavo già la scena di noi due a recuperare i pezzi dalla tettoia della signora anziana che abitava accanto.

"Non mi sembra poi così male" disse Zayn ammirando il lavoro finito.

"Certo meglio di quanto avrei fatto da solo" commentai, passando un panno assorbente per terra, cercando di raccogliere l'acqua per non far infracidire le pareti. Eravamo riusciti anche a smacchiare il soffitto e a ritinteggiare con della pittura avanzata anni prima, lì dove la candeggina era risultata troppo abrasiva.

"Poco ma sicuro" asserì Xander. "Hai da fare oggi pomeriggio? Io e Zayn pensavamo di dare una festa a casa sul tardi e volevamo invitarti" strinsi le labbra fino a renderle una linea. Non potevo parlare di quanto avessi da fare. Non con loro.

"Sì, devo chiarire delle pratiche con il commercialista e dare una pulita più a fondo qui" inventai.

"In ogni caso ci trovi a casa fino a tardi. Stasera non si apre il bar. Dobbiamo festeggiare la riapertura in maniera più intima" esclamò Zayn dandomi una pacca sulla spalla. "E porta il detective. Alla fine, gli dobbiamo molto." Xander spalancò gli occhi e si girò dapprima verso di lui, poi verso di me, quasi implorandomi di non farlo. "Che c'è?" Chiese Zayn guardandoci. "Solo perché è il tuo ex, non significa che io debba odiarlo." Fu molto maturo da parte sua, dire qualcosa del genere, ma sapevo che fosse tutto frutto del fatto che Xander non gli avesse detto una parola dell'incidente.

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