La Psicologa

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6/05/2023
Ore 9.30 studio dottoressa Giannini.



Manuel si ritrova ancora una volta seduto davanti alla dottoressa Giannini. Sa di non aver fatto nulla di sbagliato questa volta e che quello sia solo un incontro di routine.

Ogni due settimane si ritrova sempre in quello studio a parlare di cosa è successo in quei giorni, di come si sono evoluti i pensieri in base a ciò che è affrontava.

«Allora, Manuel, come sono andate queste due settimane?» chiede la dottoressa unendo le mani davanti a lei.

Come sono andate?

Manuel cerca di fare un veloce recap mentale, ma il problema è che sono state talmente intense che non sa nemmeno cosa dire.

«Ho avuto paura di non riuscire a continuare, nonostante quello che ci eravamo detti.» soffia fuori all'improvviso. Alla fine è l'unica cosa che è davvero rilevante da farle sapere, perché tutto il resto è intimo, privato e si ricollega tutto a Simone.

«E poi non è successo?» chiede la Giannini, che continua ad osservarlo attenta.

E poi... E poi dovrebbe spiegare tante cose, ma di certo non è quella la sede, quindi sussurra un «Simone mi ha aiutato, più di quanto voglia ammettere.»

La dottoressa lo scruta, come a voler capire qualcosa in più ma che Manuel non dice. «Ti abbiamo cambiato di reparto per quello. Te l'ho spiegato all'inizio.»

Manuel si ricorda bene quel momento.

Ricorda i primi giorni in traumatologia: non è stato propenso a quello che stava facendo, anzi.
Lui sa quali sono i rischi di guidare dopo aver bevuto, la lezione la sapeva ancora prima di farlo, in realtà, eppure non ha evitato.

«Ero molto sulle mie all'inizio» ripensa ad alta voce.
Non lo scalfiva nulla in quelle settimane, neanche i commenti e le raccomandazioni delle dottoresse.

«Ricordo» dice sorridendo la dottoressa, complice il fatto che  il cambiamento l'abbia notato anche lei. «Ascolta, ti mancano sei ore da fare e con la dottoressa Guidi pensavamo di farti scrivere una relazione finale su com'è andata.»

Altra cosa da scrivere?
Davvero?

Non ne può più di cose da scrivere, però si dice che è solo un ultimo sforzo. Il problema è che gli scappa dalle labbra un leggero «Pure...» che sembra quasi seccato.

«Manuel» lo riprende la dottoressa.

«Sì, me scusi» Manuel alza le mani come in segno di resa, per chiedere scusa anche a gesti.

«Stavo dicendo: una relazione su quello che è stato e cosa hai imparato; com'è cambiato il tuo approccio alla vita; per vedere se hai capito gli errori.»

Il mio approccio alla vita.
L'approccio alla vita è stato stravolto, completamente rivalutato, cambiato sotto gli occhi di bambini innocenti e quelli di un maestro che ormai è entrato nella sua vita.

Se hai capito gli errori.
Lui gli errori li sa. Li ha sempre saputi. Probabilmente sa anche quelli di tutta la sua vita intera.
Se ci ripensa può anche elencarli a partire dal liceo.
O anche prima.

A volte crede sia un errore anche il semplice fatto di essere nato.

Il semplice fatto di respirare.

Ricorda che una volta l'ha persino chiesto a sua madre, se lui fosse un errore, se si fosse pentita di averlo messo al mondo, perché quando cresci solo con una madre e con un padre che non si è mai visto perché non ti ha mai voluto, certe domande te le fai.

«Come se non li avessi sempre saputi.» abbassa lo sguardo per evitare di far trasparire altro.

«Io lo so, Manuel. Ne abbiamo già parlato altre volte, però c'è bisogno di qualcosa in più.» lo rassicura la Giannini.

«Capisco.» dice «Quando ve la porto?»

«All'ultimo incontro.»

Manuel sa di avere due settimane prima di quell'incontro.

Sa di avere tutto il tempo.

Ma la vita, in quel reparto, scorre veloce e chissà se lui, tra due settimane, sarà lo stesso che è seduto ora su quella sedia.

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