Oggi non sono dell'umore, ma fortunatamente i miei compagni sanno riconoscere i segnali, e per questo motivo non mi chiedono nulla riguardo alla serata di ieri.
Per agevolare le ragazze nel cambio d'abbigliamento senza problemi, il nostro allenatore Stefano ci ha imposto di iniziare l'allenamento mezz'ora prima del solito. Mentre svolgiamo gli esercizi di riscaldamento sul campo, il mio sguardo si ferma sull'orologio appeso, e l'ansia cresce mentre mi chiedo perché le ragazze non siano ancora arrivate. Non che mi dispiaccia particolarmente non averle tra i piedi, ma inizio a dubitare del loro impegno verso l'allenamento.
Ma improvvisamente un rumore sordo risuona nell'aria, interrompendo i miei pensieri. Tutti noi, come se avessimo un'unica mente, volgiamo istintivamente gli occhi verso la fonte del rumore, e lì vedo lei. Il suo volto esprime smarrimento, i suoi occhi cerchiati da scure ombre di notte insonne, e senza esitazione corre verso lo spogliatoio.
Non posso crederci. La mia frustrazione cresce; non sopporto una tale mancanza di rispetto verso il gruppo. La palla cade dalle mie mani e inizio a muovermi nella sua stessa direzione con determinazione. Le urla di Stefano sembrano lontane e indistinte, perché sono completamente concentrato su un solo obiettivo. Quando varco la soglia, la vedo di fronte a me, ma un brivido lungo la schiena mi avverte che qualcosa non va. Le grido "Hey ragazzina," ma le mie parole sembrano svanire nel nulla, inghiottite da un'aura di mistero. È allora che mi accorgo che il mio presentimento era fondato.
Barcollante, la vedo appoggiare una mano tremante al muro di fronte ai lavandini, il suo volto pallido e segnato da una profonda inquietudine. Il mio corpo si muove d'istinto, e riesco appena in tempo ad afferrarla prima che cada a terra, sentendo la fragilità delle sue membra contro le mie. Il profumo dolce di vaniglia e il leggero tremore delle sue labbra tradiscono la sua paura, e mi chiedo cosa possa averla sconvolta in questo modo.
Mi ritrovo con il suo corpo inerme tra le braccia e, per un momento, il tempo sembra rallentare. I miei occhi si posano su di lei, notando dettagli che erano sfuggiti alla mia attenzione precedente. Ha le labbra carnose, che sembrano implorare una spiegazione, un fisico scolpito ma esile, che nasconde una forza inaspettata. Il suo seno, abbondante per una ginnasta, è in perfetta armonia con la sua silhouette sinuosa. I capelli mossi, ribelli come la sua anima indomita, cadono in ciocche suggestive intorno al suo viso.
Lentamente la deposito delicatamente a terra, mentre il mio sguardo resta incollato al suo volto vulnerabile. Appoggio le mani ai lati del suo viso, sentendo l'intensità del momento che ci avvolge. Vorrei chiamarla per nome, ma mi rendo conto di non conoscerlo, di non conoscere nulla di lei. In quel momento, Nora e Mattia entrano dalla porta, il loro sguardo curioso rivolto verso di me, come se cercassero di svelare l'enigma che si sta svolgendo di fronte ai loro occhi.
Quasi come se volessi difendermi da un'accusa imminente, dico con determinazione «Io non ho fatto niente».
Nora corre verso di me, il suo viso contratto dall'ansia.
«Adele, mi senti?», chiama a gran voce. La mia mente è pervasa dal suono insistente del suo nome, "Adele". In quel momento, vedo il suo corpo iniziare a muoversi, mentre il mio sguardo si abbassa nuovamente sul suo viso pallido. Poi, improvvisamente, apre gli occhi. Rivolgendomi ai miei amici, cerco di rassicurarli «Tranquilli, la gallina qui sta bene».
Ma le mie parole si disperdono nell'aria, schiacciate da un dolore lancinante che mi colpisce all'inguine. Subito dopo, tre parole taglienti penetrano nella mia coscienza «Così impari, Tacchino». Ancora provato dal dolore e infuocato dall'ira, sento la risata beffarda di Nora che riempie l'aria circostante. Inarco le sopracciglia e dirigo il mio sguardo verso di lei, pronunciando con voce carica di rabbia «Ti ho evitato un trauma cranico e mi ringrazi tirandomi un calcio nelle palle».
Si alza in piedi, scuote le spalle con una disinvoltura impressionante e mi guarda con uno sguardo glaciale.
«Non avevo bisogno del tuo aiuto. Potevo cavarmela benissimo da sola. E poi, scusa, cosa diavolo ci facevi tu nello spogliatoio femminile?», domanda con un velo di sospetto nella voce.
Un sorriso compiaciuto si disegna sul mio volto, mentre cerco di mantenere la calma.
«Vorrei farti notare che in questo posto c'è un unico spogliatoio. Quindi, mia cara, prima di entrare, ti conviene bussare. Oppure, forse lo hai fatto di proposito per goderti lo spettacolo?» ribatto con una punta di sarcasmo.
Vedo Adele aggrottare la fronte, indecisa su come reagire, prima di replicare «Tu sei pazzo. Non ho intenzione di accrescere ancora di più il tuo ego».
Mi alzo in piedi senza proferire parola, perché so che se aprissi bocca rischierei di dire troppe cose. In quel momento, desidero ardentemente scoprire quali demoni tormentano quella ragazza. Torno al campo insieme a Mattia, continuando a massaggiare l'area dolorante dell'inguine. Nella mia mente, l'immagine di Nora rimbalza incessantemente, mentre una domanda persiste "Cosa le è successo?".
Mentre mi concentro su qualche battuta per riscaldare il braccio, il mio sguardo viene improvvisamente catturato come una calamita nella sua direzione. La vedo elegante e concentrata mentre fa delle perfette verticali al muro, mostrando una grazia innata. In quel momento, un'idea geniale balena nella mia mente.
Rivolgo lo sguardo verso il mio amico Mattia, un sorriso complice si dipinge sul mio viso e gli sussurro «Vuoi vedere come faccio arrabbiare quelle ballerine?».
Mattia, visibilmente incuriosito, alza gli occhi all'istante, cercando di capire cosa stia tramando. Senza perder tempo, scaglio la palla con precisione millimetrica nella loro direzione, interrompendo la sua perfetta esecuzione e facendola perdere l'equilibrio.
Un senso di soddisfazione mi pervade mentre osservo il risultato del mio scherzo. Con gli occhi pieni di rabbia, mi urla «A chi hai dato della ballerina, scusa?! Ma chi ti credi di essere?».
Impossibile trattenere una risata che prorompe da dentro di me. Nello stesso istante, come un fulmine, mi viene in mente un soprannome che potrebbe renderla ancora più infuriata. Con un tono giocoso, le dico «Honey, stavo scherzando. Puoi ridarmi la palla?».
Non so come, ma il nome che le ho appena dato la fa incendiare come non mai. Con passi decisi, si dirige verso di me, tenendo stretta sotto il braccio la palla. L'aria intorno a noi sembra carica di adrenalina, mentre istintivamente faccio un passo verso di lei, ritrovandomi di fronte a questa ragazza audace. Accanto a me, sembra quasi piccola e fragile, i miei imponenti quasi due metri di altezza la sovrastano. Nonostante ciò, come la prima volta, non arretra di un passo, alimentando in me un brivido di eccitazione mai provato prima.
Punta i suoi occhi verdi intensi nei miei, il suo sguardo trasmette una combinazione di rabbia e sfida. Con voce tagliente, mi dice «Come mi hai chiamato? Brutto pallone gonfiato?».
Un sorriso compiaciuto si disegna sulle mie labbra, solleticando il mio senso di superiorità. «H-o-n-e-y», pronuncio il soprannome in modo deliberato, scandendo ogni singola sillaba come un comandante che impone il proprio dominio.
Con le braccia incrociate al petto, la sfido apertamente «Brutto mi sembra un termine eccessivo, non credi?». Le mie parole sono cariche di sarcasmo, taglienti come lame.
Stendo la mano per afferrare la palla, sicuro di poter prendere il controllo del gioco, ma con un gesto repentino lei la alza e la schiaccia dalla parte opposta. Il mio sguardo si allarga di stupore e meraviglia di fronte alla sua abilità improvvisa. Come è possibile che sia in grado di eseguire una battuta di pallavolo così perfetta? La mia mente è travolta da domande senza risposta.
Ma la sorpresa cede rapidamente il passo a un'ondata di rabbia ribollente che mi pervade. Sento brividi di frustrazione percorrere il mio corpo mentre faccio un passo deciso verso di lei, pronto a farle capire il mio disappunto. Tuttavia, prima che possa proferire parola, Mattia interviene, afferrandomi per la maglia e riportandomi con forza sulla terra ferma.
Decido di voltarle le spalle, ignorandola completamente. Ma nel profondo, sento un fuoco ardente bruciare dentro di me. Non ha ancora compreso appieno con chi si è messa contro. Ha sfidato il ragazzo sbagliato, e presto ne avrà un'amara consapevolezza.
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Butterfly Effect
ChickLit[Contiene scene non adatte a minori] Avete letto la storia dal punto di vista di Adele, adesso scoprirete il punto di vista di Tommaso... Sono il capitano della squadra maschile, ammirato dai compagni per la dedizione e la precisione con cui guido o...