Capitolo 19

54 6 12
                                    

Se qualcuno mi avesse detto che mi sarei trovato da solo, nella penombra della mia stanza, lo sguardo inchiodato al soffitto mentre la mia mente era prigioniera di un unico nome, avrei scosso la testa in segno di incredulità. Ma con lei è tutto diverso. Il nostro rapporto è un tumulto eterno, una danza tra contrari. Siamo onde e fiamma, il ruggito della terra che si scontra con la furia del cielo. Siamo due cuori che si sfidano, incatenati da un destino irrevocabile. In questo duello senza fine, la determinazione è la nostra arma, e il silenzio è il nostro linguaggio segreto.

"Basta," mormoro a me stesso, abbandonando il conforto del letto. Guardare la stanza non farà miracoli, e il tempo stringe. Ancora devo preparare la valigia e, tra poco, dovrò passare da Mattia prima di partire per la montagna. Affronto l'armadio, cercando freneticamente la mia tuta. Il telefono inizia a squillare, eppure decido di ignorarlo, quasi come se potessi rubare qualche istante prezioso. Ma la chiamata persiste, come un rimbombo fastidioso nell'aria. Con un'imprecazione, scivolo il dito sullo schermo per mettere il vivavoce. La voce di Mattia rompe il silenzio con un tocco di impazienza «Ma perché diavolo non rispondi mai alla prima chiamata?».

«Sto finendo di sistemare la valigia, Matti», rispondo mentre mi dirigo verso il bagno, cercando di mettere a punto gli ultimi dettagli. La mia camera è immersa nell'agitazione del pre-viaggio, con vestiti sparsi e oggetti gettati alla rinfusa.

«Ma tu guarda questo, la prossima volta chiamo Lorenzo che sarà ben felice di andare a prendere Adele!!» urla. Ma la mia attenzione viene catturata da un particolare nome.

Afferro il telefono che giace sul mio letto, un angolo di caos dove ho impilato vestiti e accessori. Lo porto all'orecchio, «Puoi ripetere?» chiedo, cercando di mantenere la calma nonostante il mio cuore batta più velocemente.

Sento un sospiro dall'altro capo della linea.

«Sei senza speranza. Stavo dicendo che Nora mi ha chiamato dicendomi che non riesce a contattare Adele. Per rassicurarla, le ho detto che saresti passato tu, visto che sei di strada. Ma se sei occupato, non fa niente, chiamo Lorenzo».

«Non ti azzardare. Passo io» rispondo in modo deciso

La risata di Mattia, seguita da un "sei fregato," chiude la conversazione.

Nel giro di dieci minuti, ho caricato tutto in macchina e sono già davanti alla sua porta.

Suono il campanello, la porta si apre lasciando il posto ad un Adele in mutande. La scruto, catturando ogni singolo particolare, anche se ormai la mia testa ha un'immagine ben definita.

«È tua abitudine venire ad aprire in mutande?» dico in tono sarcastico, ma dentro di me, la mia mente registra ogni curva, ogni ombra, mentre cerca di immaginare cosa possa nascondere il suo sguardo sfuggente.

Mi fulmina con lo sguardo, poi aggiunge con una voce un po' roca «Ciao anche a te, Tommaso. Per tua informazione, non stavo aspettando nessuno. Inoltre, mi spieghi cosa ci fai qui?».

«Ero di passaggio», riesco a balbettare, distratto dai suoi occhi che sembrano scrutare l'anima.

«Sputa il rospo», insiste con determinazione.

«Va bene. Nora ha chiamato Mattia preoccupata perché non rispondevi, così lui mi ha chiamato chiedendomi di passare da casa tua prima di raggiungerli», ammetto.

«Perché avrebbe detto a te di passare?»domanda con un sopracciglio alzato, come se la risposta sia così ovvia che ne dubita.

«Devo ricordarti che per andare in centro devo passare obbligatoriamente davanti a casa tua?!» ribatto.

La mia risposta la destabilizza ulteriormente, e un leggero rossore colora le sue guance.

«Dai, entra» dice, aprendo di più la porta per farmi entrare.

La seguo in silenzio lungo il corridoio fino alla sua camera, il silenzio grava nell'aria, tanto che non sono sicuro che si sia accorta che la sto seguendo.

All'entrata della sua camera, i miei occhi scorrono sulle foto appese al muro. Molte di esse catturano momenti di felicità e di successo, ma una in particolare attira la mia attenzione. È una foto di profilo: indossa un body da ginnastica, la sua coda alta, e il suo sguardo è intensamente concentrato. Ma ciò che più mi colpisce sono i suoi capelli.

«Hai i capelli lunghi» sussurro, quasi a me stesso.

«Sì» risponde, distogliendo lo sguardo dalle scarpe che sta cercando. "Li ho tagliati un po' di tempo fa».

«Perché?» chiedo, questa volta con una genuina curiosità, senza pensarci troppo.

«Perché ne avevo voglia e sono molto più pratici da gestire durante le gare», risponde, cercando di nascondere il turbamento che la mia domanda ha scatenato.

«Va bene» rispondo con un sorriso, ma so che lei non potrà resistere a una discussione più profonda.

«No, scusa», si affretta a dire, il suo sguardo penetrante fissato su di me. "Cosa intendi dire? E poi, chi ti ha dato il permesso di entrare nella mia camera?" La sua risposta è pronta, come previsto, e il momento diventa ancora più intenso.

«Secondo me c'è altro dietro al tuo taglio, ma se non vuoi dirmelo, va bene. E poi, mi sembra di averti già vista nuda», cerca di alleggerire la tensione che si sta creando, con un sorriso sfuggente che svela un briciolo di malizia. Il suo tocco leggero sfiora la mia mano, inviando brividi lungo la mia pelle.

«Dai, Speed, andiamo. Non ho voglia di sentire Nora che urla».

La sua voce è impaziente, ma i suoi occhi tradiscono una curiosità palpabile.

Afferro il suo polso perché non ho intenzione di lasciare in sospeso certe questioni, i nostri sguardi si intrecciano in un confronto silenzioso. «Non sono passato solo perché me lo ha chiesto Mattia. Sono passato per vedere se va tutto bene».

«Ti sembra che stia male?» ribatte quasi a volermi colpire.

«Penso che tu debba smetterla di fingere, almeno con me», rispondo, il mio tono calmo ma intriso di determinazione.

Perché in fondo so sempre quello che lei riesce a scatenare dentro di me, è quello che ho sempre cercato.

«Tu non sai niente di me», dice a denti stretti, ma nel suo sguardo, per un istante fugace, c'è una vulnerabilità che scopro per la prima volta. I suoi occhi si velano leggermente, tradendo una profondità di emozioni nascoste.

«Dammi la possibilità di conoscere l'altra te», le parole escono prima ancora che mi renda conto di averle dette, mentre il mistero che la circonda inizia a svelarsi.

Sono fermamente convinto che al di là delle sue esperienze e delle sue difese, persista una parte di lei profondamente affettuosa, una parte che incarna la sue vera essenza. Tuttavia, sembra che l'abbia chiusa fuori, forse a causa delle circostanze avverse che hanno lasciato il loro segno.

Il destino può sembrare un burattinaio spietato, tirando i fili delle nostre vite, ma non dobbiamo dimenticare che siamo noi i veri autori delle nostre storie. Possiamo sempre riscrivere il nostro destino, come chi riordina le carte in tavola durante una partita incerta.

Butterfly EffectDove le storie prendono vita. Scoprilo ora