Capitolo 1

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La mia vita è sempre stata completamente avvolta da una sola passione: la pallavolo. Da quando ero solo un bambino, il mio migliore amico Mattia ed io abbiamo condiviso la stessa ardente passione per questo sport, diventando inseparabili sia sul campo da gioco che nella vita di tutti i giorni.

Tutto ha avuto inizio dieci anni fa, quando i nostri genitori ci hanno sorpreso portandoci a una partita della nazionale italiana di pallavolo. Avevamo appena nove anni, ma quel momento è stato magico, tanto che ancora oggi lo ricordo come se fosse ieri. Siamo rimasti letteralmente affascinati dai colpi potenti e precisi, dai duelli emozionanti tra le squadre e dalla maestria degli atleti sul campo. Quella partita ha acceso in noi una fiamma che non si è mai spenta.

Al termine della partita, ebbri di emozioni, abbiamo supplicato i nostri genitori di portarci immediatamente in palestra per iscriverci a una squadra. Loro hanno sorriso, compiaciuti dalla nostra determinazione, e da quel momento in poi, la pallavolo è diventata la linfa vitale della nostra amicizia. Siamo cresciuti insieme, legati dalla passione condivisa per questo sport straordinario, affrontando insieme ogni sfida che ci si presentava.

Con il passare degli anni, la nostra amicizia è cresciuta e si è consolidata grazie a interminabili ore di allenamento e competizioni acerrime. Ho imparato a conoscere Mattia come il palmo della mia mano: i suoi punti di forza, le sue debolezze, ma soprattutto la sua determinazione senza pari. Abbiamo affrontato insieme vittorie trionfali e sconfitte amare, imparando che nel cuore dello sport c'è molto più di una vittoria o una sconfitta: c'è la gioia di giocare insieme, di superare i limiti, e di imparare l'uno dall'altro.

E così, dieci anni dopo quella partita epocale che ha cambiato la nostra vita, siamo ancora qui, compagni di squadra e amici inseparabili. La pallavolo è diventata il nostro santuario, il luogo in cui esprimiamo la nostra vera essenza e scopriamo sempre nuovi modi per migliorare.

Essere l'unica squadra maschile del nostro paese comporta numerosi vantaggi; oltre ad essere temuti in campo, abbiamo anche un folto fan club tutto nostro, e ogni sera, al termine delle partite, ci aspettano delle ammiratrici pronte a sostenerci. L'unico a pensarla diversamente è sicuramente Mattia, ormai felicemente fidanzato e non esattamente entusiasta delle attenzioni del nostro fan club. Al contrario, io non disprezzo affatto queste attenzioni. Non mi sono mai mancate, sono alto un metro e novanta, i miei capelli neri cadono sulla fronte con un look un po' ribelle e i miei occhi talmente azzurri da sembrare bianchi, i tatuaggi ricoprono un intero braccio. Ho sempre avuto una predisposizione per lo stile, e la mia passione per i tatuaggi è un modo per esprimere il mio lato creativo e ribelle. Ogni disegno sulla mia pelle racconta una storia, un momento importante della mia vita o un valore che tengo caro.. Il fisico muscoloso, scolpito dai duri allenamenti a cui ci sottoponiamo ogni giorno, fa sì che alcune ragazze cadano letteralmente ai miei piedi. Ma dietro questa facciata attraente si cela anche un carattere complesso; sono molto sicuro di me, forse a volte persino troppo, e questo spesso mi mette in conflitto con la realtà.

Come ogni sera, lo trascino con me tra le braccia delle ragazze, ma un brivido mi attraversa la schiena quando mi volto e trovo Nora a fissarmi con uno sguardo assassino. Le sorrido come se fossi innocente, mi avvicino a lei e prima che venga rapita da Mattia, le dico «Dai Nora, lo sai che sto scherzando. Sai che lo fa solo per me».

Se possibile, mi fulmina ancora di più prima di struggersi tra le sue braccia. Era chiaro a tutti che c'era qualcosa di speciale tra loro, ma ormai da più di anno si sono finalmente decisi di scoprire le carte. Vederli così, mi fa sorridere. Sono davvero contento per loro, sono bellissimi insieme.

Quando si stacca da lui, mi dice «Quando metterai la testa a posto?!».

La sua voce è piena di affetto e preoccupazione, e in quel momento mi rendo conto di quanto Nora tenga veramente a Mattia.

Scoppio a ridere, «Credo di stare bene così».

Ma la realtà è che, sotto la facciata di divertimento e leggerezza, provo un po' di invidia per ciò che hanno. Anche io avevo una ragazza una volta, ma dopo quattro anni è finita. Non è mai scoppiato quel qualcosa di unico. A distanza di mesi, non mi pento, anzi mi godo quello che viene.

Mentre ci dirigiamo insieme alle macchine, la voce del nostro allenatore ci richiama all'attenzione, «Ragazzi, potete venire un attimo nel mio ufficio?» chiede, la sua espressione seriosa e misteriosa ci lascia perplessi.

Un leggero senso di smarrimento si palesa nei nostri occhi, mentre ci avviamo verso il suo ufficio.

Stefano prende un respiro profondo, scrutando ciascuno entrambi con uno sguardo carico di fiducia, «Bene ragazzi, so benissimo che quanto sto per dirvi potrebbe mettere a dura prova gli equilibri, ma confido in voi per la buona convivenza», inizia con voce calma ma decisa.

A quelle parole, un campanello d'allarme risuona nella mia mente, come un segnale di avvertimento. Incoraggiato a chiarire la situazione, chiedo «La buona convivenza di cosa? Sii più chiaro».

Alla mia affermazione, vedo la mascella del nostro allenatore contrarsi, sospira e dopo un minuto di silenzio aggiunge «La nostra palestra ospiterà la squadra femminile di ginnastica artistica. Il loro palazzetto sarà sottoposto a dei lavori di ristrutturazione e la nostra struttura è l'unica in grado di ospitarle».

«Per quanto dovranno restare» la domanda mi esce con un tono tagliente, mentre guardo il mio amico che al contrario mio, è del tutto rilassato.

«Per tre mesi» conclude Stefano.

Tre mesi, penso, incredulo.

«Ma stiamo scherzando!» esclamo, alzandomi in piedi, «Hai pensato a come faremo? Abbiamo un unico spogliatoio e la loro presenza creerà sicuramente non poche distrazioni».

Stefano ascolta attentamente la mia frustrazione, quindi risponde con calma, «È proprio per questo motivo che sto parlando prima con voi due. Mi aspetto da parte vostra un comportamento esemplare».

Avrei voluto aggiungere altro, ma so già che sarà del tutto inutile. Stefano ci ha appena caricato di un impegno non indifferente. Mentre facciamo ritorno alla macchina, la rabbia si stempera leggermente e inizio a considerare come affrontare questa situazione con la squadra al completo. Ma poi mi fermo di colpo.

«L'ho saputo stamattina da Nora" mi risponde con un mezzo sorriso colpevole.

Sbuffo in segno di resa e aggiungo «Saranno i tre mesi più lunghi di sempre».

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