Capitolo 22

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Spero che sia a casa, che non sia andata via con il suo ex. Anche se sono quasi sicuro di trovarla, una piccola parte di me ha paura. La paura, una sensazione che ho sperimentato solo raramente quando mi sono avvicinato a una ragazza in passato, ora si insinua nell'aria circostante. È come se un nodo si stringesse nel mio stomaco, mentre ogni piccolo suono nell'ambiente sembra essere amplificato, e il battito del mio cuore riecheggia nelle orecchie.

Apro la porta e il silenzio mi circonda, solo il lieve fruscio delle tende che ondeggiano nella brezza notturna penetra nelle orecchie. La luce tenue proveniente dalla luna mi accompagna, mentre mi dirigo le scale. Non appena i miei occhi riconoscono la sua figura, la paura si dissolve gradualmente, cedendo il passo a un profondo senso di sollievo

È seduta a terra con la schiena appoggiata al muro, i capelli scuri cadono con disordine sul suo volto.Mi prendo qualche secondo, nascosto nell'ombra, per osservarla senza farmi sentire, trattenendo anche il fiato mentre cerco di comprendere cosa le stia passando per la testa.

«Mi spieghi cosa stai facendo seduta per terra?» dico sferzando l'aria.

Il suo sguardo, spento e pieno di rimprovero, si posa su di me.

«Non lo sai?» ribatte con sarcasmo, «Devo valutare la tenuta del pavimento,» continua in tono amaro. Poi, il suo tono si fa ancora più tagliente, quasi a darmi la colpa di tutto.

«Secondo te, cosa sto facendo qui? Sono stata buttata fuori dalla mia stessa camera. Ecco cosa ci faccio per terra».

Le parole sono cariche di rabbia, come se volessero darmi la colpa di tutto. Mi siedo accanto a lei, ma il suo corpo si sposta per evitare il mio contatto. Mi chiedo il motivo, «Posso sapere cosa c'è che non va?» chiedo, cercando di capire il suo gesto.

«Nulla», risponde, incrociando le braccia, con una smorfia sul volto simile a quando i bambini fanno il broncio.

«A me sembra il contrario» ribatto, irritato dalla sua reazione.

«Oh scusami, dimenticavo tu sei quello che riesce a capire sempre tutto. Mi stavo giusto chiedendo dove hai lasciato la tua nuova conquista» esplode improvvisamente con rabbia, quasi in risposta alla mia irritazione.

In quel momento, non riesco più a trattenere la mia rabbia. «Ma senti da che pulpito viene la predica. Sbaglio o ti stavi strusciando addosso al tuo ex?!».

«Chi credi di essere per permetterti di dirmi cosa posso o non posso fare? La mia vita privata non ti riguarda. Almeno io ho avuto il buon senso di non baciarlo davanti a te» dice, ma poi sembra pentirsi delle sue parole quando si copre la bocca, come se volesse ritirare quanto ha detto.

Con un senso di inquietudine, si alza in piedi e cerca di sfuggire alla situazione, ma non può nascondersi dalle parole e dalle risposte che ora le sto cercando di strappare. La afferro per un polso, «Dove pensi di andare?» le chiedo, i miei occhi ardenti fissi nei suoi.

«Vado a dormire sul divano. Se non l'avessi notato, non posso dormire in camera mia», risponde, la sua voce incerta e gli occhi che cercano di evitare i miei.

«Non ti lascio dormire sul divano, non dopo quello che hai detto» ribatto con fermezza, decidendo di non cedere.

La tensione ci circonda, ma il suo sguardo resta evasivo.

«Lascia perdere, probabilmente l'alcool mescolato alla stanchezza mi ha fatto parlare troppo», mormora in un sussurro.

Non ho intenzione di arrendermi. Dovrebbe conoscermi; questo suo atteggiamento non fa che alimentare la mia voglia di sfida. Ho bisogno di sapere, ho bisogno che ammetta la sua gelosia, ho bisogno di sentire che anche lei mi desidera.

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