Capitolo 5

67 8 46
                                    

Sono giorni che ripenso a quell'episodio, e mi chiedo costantemente cosa mi stia prendendo. Mentre attendo con impazienza che Mattia esca di casa per andare ad allenarci, nella mia mente si materializzano due occhi verdi intensi che sembrano scrutarmi dall'oscurità. Di riflesso, stringo le mani sul volante, cercando di controllare il fuoco che lentamente si accende dentro di me. È incredibile come una sola ragazza riesca a far saltare completamente i miei nervi, specialmente considerando che non ha mai mostrato la minima esitazione di fronte a me.

Immerso nel caos dei miei pensieri, non mi accorgo del leggero scricchiolio dello sportello che si apre. La voce di Mattia mi interrompe bruscamente «Vuoi per caso rompere il volante?» chiede, divertito, mentre si accomoda al mio fianco sul sedile del passeggero. Lo fulmino con uno sguardo di sfida, e lui alza le mani in segno di resa, cercando di placare la situazione.

«Qualcuno si è alzato male oggi», commenta ridendo, ma io rimango freddo e distante.

Mentre avvio il motore possente della mia Jeep, gli rispondo in tono secco «Non sono di cattivo umore. È solo che oggi non tollero distrazioni." Mattia scoppia di nuovo a ridere, senza riuscire a trattenersi. Lo guardo intensamente, sconcertato dalla sua reazione.

«Mi spieghi cosa hai da ridere?!» esclamo, deciso a chiarire la mia posizione.

«Penso di aver capito a chi ti riferisci..», risponde Mattia tra le risate, lasciando una nota di mistero nell'aria.

«Puoi spiegarti meglio? No, anzi, sai cosa? Non ho intenzione di ascoltare le tue cavolate» ribatto con determinazione, mettendo fine alla conversazione.

Arriviamo alla palestra, e il silenzio avvolge il gruppo mentre mi dirigo senza salutare verso lo spogliatoio. I miei compagni sembrano confusi dalla mia improvvisa mancanza di socialità, ma sono troppo concentrato per preoccuparmene. Mattia mi segue e fa alcuni gesti in modo che gli altri smettano di considerare il mio strano comportamento.

Nel giro di dieci minuti siamo già tutti a scaldarci e proprio in quel momento la porta della palestra si apre, e loro due entrano. Nora attraversa la stanza, salutando prima Mattia con un sorriso contagioso e poi me, lei evita il mio sguardo come se fossi invisibile. Passa accanto a me come se non fossi altro che un'ombra, limitando il suo saluto solo al mio amico. Pazienza, penso, cercando di non darci troppo peso.

Il resto dell'allenamento si svolge in un'atmosfera tranquilla, ma a intervalli regolari, nonostante i miei sforzi, il mio sguardo cade su di lei. Oggi indossa un completo nero che abbraccia sinuosamente il suo corpo, mettendo in risalto le sue forme, e un paio di shorts che esaltano le sue gambe toniche. I suoi capelli sono tirati in una coda alta, rivelando il collo elegante. Per un istante, il mio sguardo si perde nei suoi occhi, un abisso di profondità, ma subito dopo, la vedo voltarsi dall'altra parte con un'espressione di sufficienza, come se fossi solo uno spettatore indesiderato.

Terminato l'agguerrito allenamento, mi trattengo più del previsto sotto le docce per cercare di rilassare i muscoli e la mente. Appoggio un pugno contro la parete, lasciando che le gocce d'acqua ricadano lungo tutto il mio corpo, ed è allora che sento qualcosa cadere alle mie spalle.

Alzo lo sguardo sopra il mio braccio, e la vedo.

Sono sorpreso di vederla e lascio vagare il mio sguardo lungo il suo corpo. Un brivido mi attraversa la schiena nel vedere che indossa solo il perizoma e il reggiseno. Un sorriso compiaciuto spunta sulle mie labbra, quando vedo il suo corpo reagire al mio.

«Vedo che lo spettacolo è di tuo gradimento. Forse dovrei iniziare a far pagare un biglietto per farmi ammirare», dico con un tono giocoso.

Le mie parole la riportano alla realtà e senza esitare aggiunge «Sei un pervertito egocentrico».

«Io sarei il pervertito?» ribatto.

Non ho il tempo di finire la frase, che mi ritrovo il bagnoschiuma contro la mia faccia.

Come si permette.

Con due falcate sono dietro di lei, la afferro per un polso e con un movimento la spingo sotto il getto d'acqua.

La sua schiena aderisce al mio petto, e per qualche strano motivo mi avvicino ancora di più per sentire il contatto della sua pelle sulla mia.

«Che diavolo stai facendo?» grida.

Mi abbasso leggermente per arrivare al suo orecchio e le sussurro «Pensi di potertela cavare così?».

Ogni muscolo del mio corpo vibra di rabbia e non solo. Il suo odore mi fa perdere la testa.

Non so cosa sia più travolgente: l'ira o quell'attrazione magnetica che sembra tirarmi verso di lei.

Ma prima che possa fare qualcosa di cui mi pentirei, dalla porta entrano Mattia, Nora e il loro allenatore. Sui loro volti noto imbarazzo e perplessità per la scena che si trovano davanti. I miei due amici si scambiano uno sguardo d'intesa, mentre il volto del loro allenatore è completamente rosso di rabbia. Il suo sguardo tagliente mi perfora come lame affilate, e sento un brivido lungo la schiena.

«Mi volete spiegare cosa diavolo sta succedendo qui? Siamo in una palestra!», urla, e la sua voce echeggia nell'ambiente come un tuono fragoroso. Il suono assordante riempie l'aria, e il silenzio si abbatte su di noi come una coltre pesante.

Non so cosa rispondere. Con un filo di voce, riesco a dire soltanto «Niente». Mi sento in colpa e mi vergogno di me stesso per essere arrivato a questo punto.

Le passo accanto, ignorandola completamente. È stato un momento di debolezza, è logico avere il suo corpo contro il mio ha fatto scattare qualcosa nella mia testa.

Ma lei è il mio gioco, la mia sfida e non ho intenzione di perdere.

Butterfly EffectDove le storie prendono vita. Scoprilo ora