Mi sta ignorando.
Questa parola continua a martellare nella mia mente. Dopo l'altro giorno, quando sembrava che qualcosa si fosse sbloccato in lei, avevo sperato che finalmente potessimo chiarire le cose, ma tutto è tornato com'era.
È un muro impenetrabile fatto di silenzi e parole non dette. Forse sono stato un illuso a credere di aver aperto uno spiraglio, a pensare che avrei potuto entrare nella sua mente e capire cosa si cela dietro quegli occhi enigmatici.
Durante gli allenamenti, continuo a provocarla come il giorno che ci siamo conosciuti, e adoro vederla sfoggiare quel suo viso imbronciato, ma voglio affrontarla.
Per questo motivo, oggi ho deciso di aspettarla fuori e non potrà evitarlo.Quando sono arrivato in palestra, Enrico, il nostro allenatore, ci ha comunicato che l'allenamento odierno sarebbe stato abbreviato per dare alle ragazze la possibilità di svolgere una prova di gara.
Come sempre, quando tengo tra le mani il pallone da pallavolo, il mondo intorno a me svanisce. L'eco delle voci e dei rumori del campo si attenua, e tutto ciò che resta è il mio battito cardiaco accelerato e il suono sordo del pallone che rimbalza sul terreno.
Con il mio braccio destro teso verso la rete, prendo profondi respiri, assaporando l'aria carica di tensione nell'ambiente. Poi, con passi misurati e concentrati, avanzo verso la rete, sentendo il leggero scricchiolio del terreno sotto le mie scarpe.
E infine, con la forza e la determinazione che mi hanno portato fin qui, sollevo il mio corpo nell'aria. Il mondo sembra rallentare mentre supero la rete. Il mio cuore batte all'unisono con il pallone, e tutto sembra congelarsi per un istante. Poi, con un potente movimento del braccio, schiaccio il pallone attraverso la rete. Il suono dell'esplosione di adrenalina si mescola con l'applauso scrosciante dei compagni di squadra.
Sono sempre stato un maestro in battuta, ma oggi è diverso. Probabilmente il mio pensiero fisso mi spinge a dare di più.
Una volta negli spogliatoi, Mattia si avvicina,e mi dice «Non so cosa ti è preso oggi, ma se continui così anche durante la prossima partita, siamo in una botte di». Sospiro, lasciandomi andare sulla panca.
«Honey», dico solamente, la mia voce un sussurro carico di mistero.
Vedo il mio amico sgranare gli occhi, getta qualcosa nell'armadietto con un gesto distratto e si avvicina lentamente, «Puoi ripetere?!».
«Non farmelo ripetere, testone», rispondo digrignando i denti, il mio sorriso un enigma che lo intriga sempre di più. Inizia a ridere come un pazzo, lo guardo in cagnesco «Hai finito?».
«Scusami, Tommaso, ma questa cosa è troppo divertente» dice, poi cerca di mettersi seduto in modo corretto, il suo viso ancora arrossato dall'ilarità.
«Quindi fammi capire bene, il motivo per il quale oggi eri in forma è Adele?!».
Lo fulmino con lo sguardo mentre si affretta ad aggiungere «Non pensavo che lo avresti mai ammesso».
«Come scusa?» gli dico in modo interrogativo.
«Lascia perdere. Rimani con me a vedere le ragazze?», non faccio in tempo a rispondere che Lorenzo, si insinua nella nostra conversazione «Certo». Con una mano spingo via la sua faccia e aggiungo «Dammi cinque minuti e ti raggiungo sugli spalti».
Il tempo di cambiarmi, corro fuori e mi scontro con un gruppo di fan, il loro entusiasmo travolgente e le voci acutissime che riempiono l'aria. Cerco di liberarmi, ma loro non intendono mollare, e sembra che ogni passo che faccio verso la libertà sia vano. È in quel momento che la vedo. Adele, sta in mezzo alla folla, ma c'è qualcosa di diverso in lei. La sua postura è rigida, le spalle dritte come se fosse pronta a respingere un assalto imminente, ma è il suo sguardo che mi colpisce di più. È completamente spento, privo di quella vitalità solare che solitamente la caratterizza. È uno di quei vuoti che celano un mondo di tormento e segreti.
Congedo le mie fan con una scusa affrettata e corro verso lo spogliatoio, il cuore che martella nel petto. Appena apro la porta, mi ritrovo Adele di fronte a me, il suo viso contratto in una smorfia di disagio.
«Che cosa ci fai qui?» mi sferza con una voce acida, il suo sguardo freddo e sfuggente.
«Mi stavo chiedendo la stessa cosa. Non dovresti essere di là?» le rispondo, indicando gli attrezzi. Ma qualcosa continua a non tornare. Adele non è solita agire in questo modo, e un brutto presentimento si insinua dentro di me.
Lei alza la borraccia come a volermi convincere della sua normalità, cerca di superarmi ma inciampa leggermente. Reagisco istintivamente, afferrandola appena in tempo prima che cada. Il contatto con la sua pelle brucia, e il mio cuore accelera.
«Adele, ti senti bene?» chiedo, la mia voce morbida di preoccupazione.
«Benissimo. E comunque, non credo che sia una tua faccenda», mi risponde bruscamente mentre si avvia verso la porta. Ma prima di uscire, aggiunge con un accenno di vulnerabilità nel suo sguardo «Dovresti evitare di entrare nello spogliatoio quando hai una ragazza ad aspettarti fuori».
Mostra una fitta nebbia di preoccupazione e dolore. Mi chiedo perché non ammetta di aver bisogno di aiuto e perché sia così testarda nel portare il peso del suo mondo sulle spalle.
Raggiungo gli altri sugli spalti, una strana sensazione che mi perseguita da un po' nel petto. L'aria è carica di aspettativa e il silenzio nel mio gruppo di amici è quasi palpabile. Lei, la protagonista di questo spettacolo, si prepara a scattare. La tensione è palpabile mentre prende la rincorsa, ma la sua espressione è una maschera di determinazione. Con una sicurezza e un'eleganza senza pari, esegue un salto mozzafiato, di cui ignoro ancora il nome. Rimango letteralmente a bocca aperta, incantato dalla sua grazia e dalla potenza che emana in quel momento.
Poi, ritorna in posizione, si prepara ed è lì che accade tutto. La vedo crollare a terra, come se la forza stessa che aveva espresso un istante prima si fosse dissolta nell'aria. Il mio cuore si ferma per un attimo, mentre corro con Mattia verso di lei. Quando arriviamo, si sta già rialzando, cercando di recuperare la sua fierezza e nascondere il dolore.
«Sto bene», dice a Nora e al suo allenatore, cercando di tranquillizzarli con un sorriso forzato.
Ma che diavolo le succede a questa ragazza? Cosa sta nascondendo?
Mi faccio spazio tra gli altri, sollevo delicatamente il suo corpo tremante da terra.
«Ti porto in infermeria», dico con voce preoccupata, notando che la sua pelle brucia sotto il mio tocco.
La metto con cautela sul lettino dell'infermeria, mentre le rivolgo uno sguardo pieno di premura.
«Hai rischiato di farti seriamente male», le dico, cercando di far emergere il mio sincero affetto nella voce.
Lei mi guarda intensamente, un misto di determinazione e vulnerabilità nei suoi occhi. «Avevo tutto sotto controllo. E da quando ti importa di quello che mi succede?» la sua voce esprime una miscela di rabbia e confusione.
Mi avvicino ancora di più, appoggiando le mani sul bordo del letto.
«Da quando non riesco a toglierti dalla testa», le confesso con sincerità, la mia voce sottolineando l'urgenza delle mie parole.
Le mie parole riecheggiano nel silenzio, quasi come se cercassero disperatamente di dare voce a una verità profonda, una verità che la mia mente e il mio corpo hanno accettato da tempo immemorabile: desidero ardentemente questa persona con ogni fibra del mio essere.
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Butterfly Effect
ChickLit[Contiene scene non adatte a minori] Avete letto la storia dal punto di vista di Adele, adesso scoprirete il punto di vista di Tommaso... Sono il capitano della squadra maschile, ammirato dai compagni per la dedizione e la precisione con cui guido o...