𝗰𝗿𝗮𝘇𝘆, 𝗯𝘂𝘁 𝗶 𝗹𝗼𝘃𝗲 𝗵𝗶𝗺

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Mi siedo sul bordo del letto.

Sorrido.

Da quando è così bello quando dorme?

Mi sporgo verso di lui, con le labbra sfioro la sua fronte. Lo bacio lì, sopra, in mezzo, prima di dargli un piccolo buffetto sulla guancia, che lo fa mugugnare ad alta voce, girandosi dall'altra parte, dandomi la schiena. 

Sono ancora un po' dolorante, ma ho bisogno di schiarirmi le idee.

Stanno succedendo così tante cose in poco tempo, che non sono sicuro di essere riuscito ad elaborarle tutte assieme. So che sono arrivato a un punto di non ritorno, in cui ho preso consapevolezza di me stesso, e di ciò che voglio da questa promessa, però ho paura.

E se si sgretolasse tutto tra le mie mani?

Forse, non sono ancora in grado di avere a che fare con l'amore.

Non sono abbastanza per Win?

Mi chiudo la porta della camera da letto alle spalle, con gli stivali da equitazione mi dirigo verso il piano inferiore.

Probabilmente, non c'è quasi nessuno in giro. La maggior parte dei servitori è rinchiusa in cucina a prepararsi per la colazione, oltre che per sgranocchiare qualcosa prima dell'inizio dell'orario di lavoro.

Mi avvicino alla porta socchiusa, da cui esce il profumo delizioso che... mi mancava.

Ho trascorso qui la maggior parte della mia vita, per anni sono stato nelle cucine a far compagnia alle domestiche. 

Adesso, è strano risvegliarsi al mattino in un altro letto, senza che nessuno ti serva la colazione, davanti a un piatto di porridge che ti sforna qualcun altro.

«Elizabeth?»

Si sporge oltre al frigorifero, accennando un sorriso dolce.

È la mia domestica preferita, che mi ha tenuto sotto controllo fin quando non ho compiuto la maggiore età. Era lei a prendersi cura dei miei pasti, dell'allenamento con il tutor che veniva a farmi lezioni private, a comprare in anticipo i libri per me prima dell'inizio dell'anno scolastico.

Bassina e magra, con i capelli scuri. Gli occhi sono a mandorla, la pelle è luminosa, nonostante abbia superato la soglia dei quarant'anni, la trovo una donna meravigliosa, che mi dà un senso di casa e affetto non indifferente.

«Sei da sola?»

Annuisce.

«Gli altri non si sono ancora svegliati?»

Mi siedo sullo sgabello basso, davanti al bancone, per infilarmi gli stivali.

Mi guarda ancora, con la mano si sporge verso di sé, tenendo un fazzoletto di velluto, che le rubo tra le risate di entrambi.

«Non devi asciugarmi il sudore sulla fronte, non importa se fa caldo. Non sono più un bambino, no?»

«Per me, sarai sempre un bambino Signorino Sound.»

Ridacchio.

Mi dà le spalle, per avvicinarsi ai fornelli quando infilo anche l'altro stivale, a testa bassa, sporgendomi verso al pavimento, con un piede appoggiato sullo sgabello.

Chiude un sacchetto di carta, da cui fuoriesce un po' di fumo.

E me lo appoggia sul bancone.

«Che cos'è?»

«Ciambelle fritte, appena sfornate. Stai andando a fare una cavalcata con Felix, Signorino Sound?»

Annuisco io, stavolta.

☽ 𝗮𝗻𝗴𝗲𝗹 𝗯𝗮𝗯𝘆 ʷᶦⁿˢᵒᵘⁿᵈDove le storie prendono vita. Scoprilo ora