9. Sotto shock nello shock che sciocca

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Cristian era rimasto sotto shock nello shock che lo aveva scioccato e ancora sotto shock era rimasto statico. Statico sul fondo di un abisso a guardare la superficie senza avere la forza e la voglia di risalire.

Sarebbe stato semplice risalire, bastava darsi la spinta con i piedi e nuotare verso i raggi del sole che scalfivano l'acqua, solo che Cristian era ancorato sul fondo.

Dopo quel pomeriggio al Parco del Valentino, avevano bussato alla sua porta diverse emozioni.

Prima era arrivata quella gialla.

Era stato felice, innegabilmente. Nessuno aveva osato scalfire la bollicina di sapone in cui era immerso, neanche il Fassi ci aveva provato. Si sentiva svuotato dal vuoto che lo riempiva, si sentiva leggero come l'acqua frizzante e si sentiva anche fortunato.

Per tutta la sera aveva pensato e ripensato a ciò che era successo, sospirato e fantasticato, aveva immaginato una mano forte percorrergli la spina dorsale e tastare tutte e dodici le vertebre dorsali.

Si era posto resistenza per non voltarsi e guardare Samu durante la cena. L'avrebbe fissato per minuti interi, altrimenti.

Solo quando la cena era finita e tutti erano pronti per addormentarsi era arrivata quella rossa.

Arrivava sempre quando era il momento di addormentarsi e lo teneva sveglio tutta la notte.

Cristosanto, penasava, che stupido che sono.

Solo lontano da Samu, da solo nel suo letto, aveva sentito il peso di quello che aveva fatto e lo aveva sentito nella sua mano, caldo e viscido. Insieme alla rabbia era arrivato, dunque, il disgusto.

Infine, era arrivata quella blu.

Confuso, triste e con le lacrime agli occhi, si chiedeva per quale motivo avesse ceduto ad atti che non aveva neanche lontanamente immaginato.

La colpa della mia depravazione, gli aveva detto Samu. Cristian si chiedeva se anche Samu avesse provato le emozioni che stava provando lui.

Gli pareva ancora di sentire il corpo di Samu sopra il suo e non capiva se la sensazione gli piacesse oppure non gli piacesse.

Certo, certo che gli piaceva ma non c'era modo di pensare al corpo di Samu sopra il suo senza che subentrasse un profondo senso di colpa.

Nelle mani sentiva la sagoma della sua pelle calda e i peli ruvidi all'interno delle sue cosce con i fili di erba che gli pungevano la schiena e il sole in faccia.

E quindi sentiva felicità e poi rabbia e confusione e infine colpa e tristezza.

Tutte quelle emozioni, dentro il suo stomaco, erano una miscela esplosiva, incontrollabile. Gironzolavano nel suo corpo rincorrendosi come cavallette impazzite e lo facevano stare male.

Da solo nel suo letto, avrebbe voluto che qualcuno gli stesse vicino. Pensava che si sarebbe alzato per andare a coricarsi nel letto del Giorgino, come faceva un fratello minore con il fratello maggiore, solo per avere qualcuno da abbracciare, solo per spegnere le emozioni che scoppiettavano nel suo stomaco, solo per spegnere il sistema nervoso simpatico e sopprimere tutta quella adrenalina che il suo organismo stava producendo.

«Che cos'hai?» domandò il Giorgino con la voce impastata dal sonno e la faccia immersa sotto le coperte. Biascicò le lettere e si mangiò alcune vocali, dunque la domanda risultò così: ch' csh'hai?

«Niente. Dormi» sbuffò Cristian.

«Ti sento pensare» rispose il Giorgino «Fai un trambusto che mi irriti»

Cristian sbuffò un'altra volta, guardava il soffitto coperto di ombre e intanto pensava a Samu che si era infilato le sue mutande nella tasca della tuta.

NESSUNA SPERANZADove le storie prendono vita. Scoprilo ora