Fuori dalla finestra la pioggia aveva iniziato a cadere precipitevolissimevolmente. Tanto precipitevolissimevolmente che il sole non aveva fatto in tempo ad andarsene.
Le strade, invase da buche, si riempivano fino agli argini e non rendevano agevole la guida.
Tsz.
No, né a Cristian né a Samu interessava com'era il tempo fuori. Eppure, Samu si era accorto che aveva iniziato a piovere perché Cristian gli aveva scaravoltato la testa di lato con uno schiaffo. Poi, nell'attimo millesimale in cui ebbe il dubbio di avergli fatto troppo male, la sua mano reagì d'istinto e gliene mollò un secondo.
Samu fece tre cose e tre cose soltanto: serrò le mascelle, prese un respiro profondo e poi balzò su di lui, che era ancora seduto sul letto.
Gancio destro, gancio sinistro, colpo in pancia e replay, proprio come nelle risse di strada, solo che in quella piccola rissa non c'erano cassonetti dell'immondizia dati alle fiamme e Molotov lanciati ai lati dei marciapiedi.
Cristian lo sapeva che se avesse fatto arrabbiare Samu, per lui non ci sarebbe stato scampo, perché Samu aveva il demone negli occhi.
Gli occhi di Samu erano neri, più neri del buio ma quel demone che lo controllava sembrava colorarglieli di un verde acido, il colore del veleno. Era inarrestabile e faceva paura. Non l'avrebbe controllato nessuno quel demone che prendeva possesso del corpo di Samu quando subentrava la rabbia.
Cristian la faceva sempre questa cosa, scindeva le persone e i demoni che le possedevano. Tutti ne avevano uno. Il suo era il rancore, quello di Samu era la rabbia.
Un po' ne mollò e un po' se ne prese, fino a quando la figura di San Adeodato non comparve sulla porta.
San Adeodato era un Highlander di chiesa. Forte, possente e grezzo, si portava sempre il crocifisso appeso al collo e sognava di fare del bene. Sarebbe potuto essere un criminale vestito da santo oppure un santo vestito di criminale, era piuttosto versatile con la sua stazza imponente e gli occhi di una persona buona.
A Cristian, il San Adeodato sembrava un boscaiolo, uno di quelli che tagliavano i tronchi di albero con le asce e allevavano le caprette nel cortile di casa.
Era stato abbandonato dalla sua famiglia da bambino, aveva corso la cavallina e a vent'anni aveva già una denuncia per spaccio e tentato omicidio. Scampato al tribunale, aveva messo la testa a posto e aveva riso in faccia al destino, dedicandosi ad allevare gli orfanelli che non erano davvero orfani ma era come se lo fossero.
Con il suo codino biondo laccato e le camicie di flanella a quadri taglia XXXL, poteva non istigare al rispetto per la sua autorità ma istigava alla disciplina per la sua autorevolezza.
«Smettetela, voi due!» tuonò San Adeodato, separandoli. Li divise con facilità, li afferrò per la collottola come facevano i gatti adulti con i mici.
Il sangue che sgorgava dal naso di Cristian si era riversato anche sulla maglietta bianca di Samu e lo spettacolo era nauseabondo. Cristian tirò su con il naso e un fiotto di sangue gli scese giù per la gola, deglutì e il sapore metallico gli invase la bocca.
Punizione per entrambi!/ A Cristian pareva che San Adeodato avesse detto questo. Non ci sentiva bene, percepiva degli acufeni nelle orecchie e le gambe gli formicolavano, rendendo difficile il semplice atto di mettersi in piedi. Era stordito, così tanto che non si accorse neanche quando Samu lo tirò in piedi per un braccio, mormorando una bestemmia tra le labbra.
Cristian era ridotto in uno stato penoso con gli occhi gonfi di stanchezza e il naso sanguinante, tutto era sporco di sangue. Persino Samu.
San Adeodato li aspettava fuori dalla stanza e sembrava pronto a condurli al patibolo. Per un momento Cristian si chiese di che morte sarebbe morto. Sarebbe stata una tortura morire con Samu di fianco, si augurava che San Adeodato non se ne uscisse fuori con una delle sue punizioni etichettate relazione e aiuto, una di quelle tecniche di massaggio delle mani, con la crema appiccicosa che profumava di vaniglia, che secondo lui aiutavano a relazionarsi con l'altro.
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NESSUNA SPERANZA
RomanceCristian si porta il dolore a cavalcioni sulle spalle, come un bambino. Ha le stelle negli occhi, grandi ambizioni e grandi ideali, sempre abbondantemente sopra i suoi mezzi. Illudersi è uno sfizio, sperare è un'utopia. Samu, negli occhi, ha solo u...