3 - Ritornerai

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Andrea

Ho frequentato quel bar per un anno intero. E noi abbiamo continuato a vederci ogni trentaquattresimo giorno conseguente al precedente. Senza presentazioni. Essendo, come ci aveva definito lei, amici. Il tempo non pesava più, lo stomaco era più leggero. Le conversazioni superflue e semplici. Non avevo mai conosciuto una ragazza che facesse un uso così sconsiderato e improbabile delle parole come Ginevra. Nessuna regola scritta era stata costruita tra noi. Potevamo stare in silenzio senza che a nessuno dei due pesasse. Lavoravamo, studiavamo, mangiavamo e bevevamo caffè. Tutto confinato a quelle quattro mura con una vetrina sul mondo esterno. Le parole, quelle di cui mi ero nutrito fino all'attimo prima del suo incontro, divennero costanti tra di noi. Così costanti che incominciai inconsciamente ad averne bisogno e talvolta paura. Non mi ha mai chiesto come mi chiamassi Ginevra. E in un anno, di trentaquattro giorni, ce ne furono undici. Undici fortuiti incontri, escludendo il primo. Il pensiero di Maddalena si affievolì e quello con Ginevra divenne un appuntamento per quanto strano, bello. Ci pensavo spesso. Non mi aveva nemmeno mai sfiorato, eppure sembrava che tutto dipendesse da quell'unica notte. La vedevo nei miei occhi, in tutte quelle conversazioni che durante le normali giornate mi trovavo a fare. Pensavo a ciò che avrebbe fatto lei in determinate situazioni. Cosa avrebbe detto e come ci avrebbe riso sopra. Non con malizia, solo per il puro piacere della sua compagnia. Il primo contatto dopo Maddalena. La voglia di sentirsi ancora umano.

L'ultimo trentaquattresimo giorno conseguente in cui ci vedemmo fu un giovedì. Nell'aria Bruno Lauzi canticchiava ritornerai. Entrò trafilata, fuori era una serata calda di inizio estate. Il volto contrito in una smorfia. La salutai con un cenno, finendo di scrivere al computer. Alzai gli occhi su di lei solo quando fu ad un passo dal tavolo. Non aveva il caffè nelle sue mani.

Furono i suoi occhi irrequieti a sancire la fine nei miei. La sera in cui mi confessò di non potermi vedere più.

«C'è un ragazzo.» esordì.

«Un ragazzo.» ripetei dopo di lei «Quello di cui mi parli spesso, il tuo migliore amico? Cos'è successo?» sentivo addosso una strana sensazione. Non si era ancora messa a sedere.

«Ha fatto storie su questa cosa.»

Chiusi a quel punto lo schermo del pc. «Su quale cosa? Non capisco.» Raddrizzai le spalle. «Puoi metterti seduta, straniera?»

«Su questa cosa tra di noi.»

«La nostra amicizia.»

«Si.»

Presi un respiro, appoggiai la schiena alla sedia.

«Non vuole che mi frequenti?» sorrisi non pensando realmente ciò che dissi.

«Dice che è strano che un uomo della tua età, frequenti una ragazzina, per amicizia.» mi atterrì.

«Ma è ciò che siamo. Amici. Giusto?»

«Si, gliel'ho detto. Voleva sapere dove ci vediamo, chi sei. Ha iniziato a farmi domande a cui nemmeno io ho risposta. Mi sono agitata. E ho promesso di interrompere.»

Rimasi spiazzato e non positivamente.

«Sei libera di fare le tue scelte, non ci sono regole scritte tra noi, ma potresti pensare di presentarmi il tuo amico se può farti stare tranquilla.» dissi indicandoci.

«No, non è possibile. No. Qui sto bene, sono felice. Non voglio far entrare la mia vita, quella che cerco di dimenticare quando sono qui. Non che sia un problema, lui dico. Lui è la mia famiglia ma non capirebbe.» sussurrò a sua volta lei con voce agitata.

Tutte parole potentissime, ma le più impattanti furono: Sono. Felice.

E' dura affrontare il tempo Ginevra. Avrei voluto dirglielo, ma non lo feci. Affrontarlo e dare per scontato il nostro esserci. Qualcosa, di nuovo, aveva fatto passi avanti. Ed io ero solo stato un'anima di passaggio nel suo cammino.

«Tranquilla» le dissi sorridendole «fai ciò che senti. Non sentirti in colpa.»

Alzando lo sguardo Ginevra disse con una sincerità spiazzante

«Qui, è un'altra cosa sai?»

Avrei voluto essere qualcuno di diverso, impossessarmi del tempo, e dare attimi in più a questo strano rapporto, dargli un senso. La verità è che nella vita non si è sempre pronti, a dare senso alle cose.

Non ci sono stati più trentaquattresimi giorni, nessuna più visita notturna al bar, e nessun caffè disgustoso. Mi sono dimenticato di lei, finché ho potuto.


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Spazio Autrice:

E' un periodo buono questo ed io ne approfitto. Sono tornate a trovarmi quelle bastarde. Chissà che ne verrà fuori a ripercorrere sempre gli stessi sentieri. Restiamo in ascolto e lasciamoci trascinare. E come sempre, sono ben disposta al confronto.

Serena

GinevraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora